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 2025  novembre 16 Domenica calendario

Confcommercio: a rischio il 20% dei negozi entro il 2035

La perdita dell’Italia in termini di attività commerciali si attesta a 140 mila negli ultimi dodici anni, compresi sia i negozi che le attività ambulanti. Sono i dati dell’ufficio studi di Confcommercio sulle vendite al dettaglio nei canali tradizionali, registrando una particolare sofferenza tra i piccoli Comuni e i centri storici di quelli più grandi. Secondo l’associazione si tratta di un verso e proprio allarme: il rischio è che entro il 2035 la situazione si aggravi al punto da segnare un saldo negativo di circa il 20% rispetto allo stato attuale.
Tra i settori che si mantengono in salute e addirittura in crescita c’è quello della ristorazione (+17,1%), dal momento che ha a che fare soprattutto con un cambiamento delle abitudini di vita e l’aumento del turismo. Al contrario, diminuiscono i bar (-19,1%) – probabilmente come conseguenza dell’aumento dell’asporto e del delivery – e gli alberghi (-9,5%). Volano, invece, altre tipologie di strutture ricettive, come i bed and breakfast e le case vacanza (+92,1%, con previsione a +81,9% entro il 2035).
La modalità di consumo con l’acquisto online non riguarda più solo libri e giocattoli, ma si è esteso velocemente ad altri prodotti: primo fra tutti l’abbigliamento, cambiando così anche il volto a molte città costellate di negozi. «Senza nuove ed efficaci politiche di rigenerazione urbana e senza interventi per riutilizzare gli oltre 105 mila negozi sfitti, un quarto dei quali da oltre un anno, è destinato ad aggravarsi ulteriormente con il rischio di perdere, da qui al 2035, altre 114mila imprese al dettaglio – avverte Confcommercio –. Oltre un quinto delle attività oggi esistenti sparirebbe con gravi conseguenze per l’economia urbana, la qualità della vita e la coesione sociale».
Dal 2012 sono quasi 118 mila le imprese del commercio al dettaglio in sede fissa ad essere scomparse. Si attestano a 23 mila, invece, le attività ambulanti. Il risultato: un eccesso di chiusure rispetto alle nuove aperture. A meno che non si tratti di attività operanti prevalentemente su internet o nella vendita per corrispondenza, che sono di oltre 16 mila unità (+114,9%). Riduzione significativa per i distributori di carburanti (-42,2% per un calo di pompe di benzina da 21.700 a 12.500), per la vendita di articoli culturali e ricreativi (-34,5%), per mobili e ferramenta (-26,7%) e abbigliamento e calzature (-25%). Per il commercio non specializzato (supermercati, discount e grandi magazzini) in dodici anni il calo è stato da 54.800 a 36.100 unità (-34,2%), probabilmente anche grazie alla concentrazione tra le attività. C’è stato invece un aumento delle farmacie (+16,9%) e dei negozi specializzati di computer e telefonia (+4,9%).

«La desertificazione dei negozi è un problema economico e sociale – ha commentato il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli –: ogni saracinesca abbassata significa meno sicurezza, meno servizi, meno attrattività e meno socialità. E senza efficaci e tempestivi interventi di rigenerazione urbana, rischiamo di avere delle vere e proprie città fantasma».