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 2025  novembre 16 Domenica calendario

Il quadro scomparso? Proscioglimento per Sgarbi su due capi d’accusa

Cadono due reati, resta in piedi il terzo. È il primo verdetto giudiziario sulla complessa vicenda della pregiata tela del ‘600 La cattura di San Pietro, per la quale è imputato Vittorio Sgarbi. Il giudice per l’udienza preliminare di Reggio Emilia ha negato il processo a suo carico per autoriciclaggio e contraffazione di beni culturali, mentre ha disposto il processo per il riciclaggio.
Il quadro, secondo la formulazione dell’accusa, sarebbe stato trafugato dal castello di una anziana nobildonna nel 2013, «modificato» con l’inserimento di una torcia da parte di un restauratore, al quale Sgarbi avrebbe commissionato il lavoro, e poi esposto dallo stesso critico d’arte ed ex sottosegretario alla Cultura. Ad ancorare la competenza nel tribunale emiliano, dopo l’iniziale apertura del fascicolo a Imperia e il trasferimento a Macerata – dove Sgarbi aveva eletto domicilio come ex sindaco di San Severino Marche – era stata proprio la confessione del pittore reggiano Lino Frongia, che ammise di aver aggiunto la fiammella sul dipinto originario di Rutilio Manetti. L’opera, secondo l’accusa, era stata rubata alla proprietaria Margherita Buzio nel castello di Buriasco (Torino) nel febbraio 2013, ed era riapparsa nel 2021 (in riproduzione 3D realizzata,secondo i carabinieri della Tutela del patrimonio culturale di Roma che hanno svolto le indagini) come inedito di Manetti e di proprietà di Sgarbi, a Lucca nella mostra «I pittori della luce», da lui curata. Dalla valutazione del gup Luca Ramponi è rimasta fuori l’ipotesi del furto, perché il reato era già prescritto. La denuncia del furto, segnalato anche all’Interpol, era stata archiviata dalla procura di Pinerolo ma conteneva l’indicazione di un interessamento alla tela dello stesso critico d’arte e di un suo storico collaboratore, Paolo Bocedi, lo stesso che, come ricostruito dai carabinieri, l’avrebbe poi consegnata, arrotolata e danneggiata, a un restauratore di fiducia. L’esposizione della copia in 3D sarebbe servita proprio a mascherare questi interventi.
Nella sua difesa Sgarbi ha sempre sostenuto che si tratti di due quadri diversi e di aver trovato quello in suo possesso in un castello comprato (in abbandono) nel viterbese, fornendo a supporto i riscontri del proprio archivio. E inoltre ha sostenuto che le misure delle due tele non sarebbero corrispondenti. «I due reati archiviati sono gli unici per i quali abbiamo svolto attività difensiva – dicono gli avvocati difensori Alfonso Furgiuele e Giampaolo Cicconi —. Per il capo di imputazione rimanente ci riserviamo di presentare una memoria».