repubblica.it, 15 novembre 2025
Italiani sempre più Bot people, continua a crescere il credito
Continua a risalire il credito in Italia, che negli ultimi sei mesi conferma la ripresa dopo una contrazione che durava dal primo periodo della pandemia. Il rapporto mensile dell’Abi conferma la tendenza in atto da marzo, segnalando una crescita dei finanziamenti a famiglie e imprese non finanziarie, che a ottobre ammontano a 1.276 miliardi, +1,5% rispetto a un anno prima: anche se il mese di settembre aveva fatto registrare un rialzo superiore, pari al 2,2%.
Stabili i tassi offerti dai banchieri italiani a ottobre: un 3,3% medio sui mutui, un 3,95% medio sui prestiti complessivi, a fronte di una raccolta bancaria che ha un costo medio del 2,18%, ma dello 0,64% medio sui depositi (e di un misero 0,28% sui conti correnti). I tassi, attivi e passivi, sono piuttosto simili a quelli del mese scorso, ma ben diversi da quelli di fine 2023, quando un mutuo costava in media il 4,42% e un nuovo prestito il 5,45%. Sul fronte dei risparmi degli italiani, invece, l’Abi conferma la tendenza ad aumentare gli investimenti in titoli, specie quelli governativi del Tesoro, che la cui quota è raddoppiata a 442 miliardi nel quadriennio 2021-2025, con un saldo che il sindacato autonomo Fabi, in una sua analisi, ha censito in 442 miliardi di euro.
A fine ottobre il Bank lending survey della Bce confermava la tendenza a riaprire i rubinetti bancari: specie in Italia, che a settembre registrava un quasi +2% di prestiti da un anno prima, inferiore al +2,7% dell’Eurozona, anche se il divario apertosi negli ultimi anni nel 2024 era dell’1% più ampio. Oltre alla maggiore domanda dei prenditori, che hanno esaurito le scorte di liquidità accumulate durante la pandemia, c’è anche il tentativo degli istituti, sul lato dell’offerta, di rimpiazzare la quota di margine d’interesse perduta per il taglio dei tassi Bce, in atto dal luglio 2023 e che, secondo quanto dichiarato in parlamento dal dg dell’Abi Marco Rottigni, nel primo semestre è calato del 6% medio. Malgrado la ripresa, i 1.276 miliardi di prestiti complessivi dichiarati dall’Abi a ottobre sono 38 miliardi in meno di quelli che le banche italiane erogavano nel settembre 2020, in piena pandemia.
Tra l’altro il rapporto mensile dell’associazione bancaria non segnala criticità particolari sul costo del rischio creditizio: sui dati più recenti (settembre 2025) il monte dei crediti deteriorati netti ammontava a 29,4 miliardi di euro, meno dei 30,2 miliardi di marzo 2025 o dei 31,3 miliardi di dicembre scorso, e 167 miliardi in meno rispetto ai 196,3 miliardi di picco toccati nel 2015.
I dati dell’Abi confermano anche un’altra tendenza, quella degli italiani a investire, in un contesto di mercati stabili e ascendenti malgrado le tante disgrazie che accadono intorno. La raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche, ha presentato “un incremento di 90,7 miliardi tra settembre 2024 e settembre 2025”, per 19,5 miliardi denaro delle famiglie, per 17 miliardi di imprese e per il resto di altri clienti (imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione). La raccolta in depositi, nel frattempo, è cresciuta di “soli” 50 miliardi. Ma, più che le Borse, gli italiani si confermano affezionati ai titoli di Stato del Tesoro.
Le elaborazioni della Fabi, aggiornate all’agosto 2025, confermano il grande ritorno di famiglie e imprese domestiche su Bot e Btp. Alla data ne detenevano per 442,4 miliardi di euro, il 14,4% del debito pubblico italiano, di 3.081 miliardi, e oltre il doppio rispetto ai 212 miliardi detenuti a fine 2021, quando la loro quota era del 7,9%. Per l’ufficio studi Fabi si tratta “dell’effetto combinato dei rendimenti elevati, del successo dei Btp dedicati al retail e di una crescente preferenza per strumenti considerati sicuri”. Specie il Btp valore, collocato in diverse emissioni dal 2023 per complessivi 93 miliardi.
Le stesse dinamiche hanno fatto crescere con forza anche la quota degli investitori esteri però, salita a 1.039,9 miliardi, 33,8% del totale e record da sei anni, rispetto al 26,8% del 2022. A calare, come previsto per la fine del piano Pepp di sostegno ai titoli governativi, la quota detenuta da Bce e Bankitalia, dai 721 miliardi del 2022 ai 592,1 miliardi del 2025, ossia dal 26,1% al 19,2%. Stabili invece i possessi delle banche italiane, circa 620 miliardi di titoli del Tesoro, che tuttavia le riduce dal 26% del totale pre-pandemia al 20% attuale, a fronte di un aumento di circa un quarto del debito pubblico da allora. Infine è in lieve calo la quota di fondi e assicurazioni, oggi a 386 miliardi (12,5%) rispetto al 13,1% del 2021. Nel complesso, il debito pubblico italiano è salito da 2.415,6 miliardi del 2019 a 3.080,9 miliardi nel 2025. “Le famiglie italiane stanno tornando a investire nei titoli di Stato e lo fanno perché hanno fiducia – dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni -. Fiducia nel Paese, nella sua tenuta sociale e politica, nella capacità dell’Italia di attraversare una fase internazionale complicata con più solidità rispetto ad altri grandi partner europei”.