Corriere della Sera, 15 novembre 2025
«Fisco, sì alle modifiche ma senza alterare i conti. Imprese, bonus più lunghi»
U na manovra da 18,7 miliardi che sembra scontentare tutti, dalla Confindustria alla Cgil. Perché?
«Dipende dai punti vista – risponde il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) –. Non ricordo una manovra, di un qualsiasi governo, che non abbia scontentato qualcuno. Ognuno vorrebbe il massimo per la categoria che rappresenta ma il governo ha preferito muoversi nel solco del buon senso, come sempre. Siamo intervenuti sulle aliquote Irpef per aiutare il ceto medio, senza dimenticarci dei dipendenti con redditi più bassi destinando 2,1 miliardi. Abbiamo alleggerito il carico fiscale sui premi di produttività, detassato i buoni pasto, incentivato i rinnovi contrattuali. Per le imprese c’è l’iper-ammortamento, che proprio Confindustria ha chiesto a gran voce. E non a caso proprio ieri il presidente Emanuele Orsini ha parlato di “misura giusta e utile”».
Sono stati presentati 5.742 emendamenti, di cui 1.600 dai gruppi della maggioranza. Quali le misure che potrebbero essere corrette?
«La nostra Costituzione parla chiaro: il Parlamento è sovrano. Quindi, laddove Camera e Senato modificassero delle misure, noi non potremmo che adeguarci. L’importante è che tutto avvenga a saldi invariati e con buon senso, perché l’Italia non può permettersi un salto nel buio. Rispettando questi paletti, siamo aperti, per esempio, a valutare correzioni sul regime fiscale dei dividendi delle società partecipate».
Ora la stretta fiscale scatterebbe se la partecipazione è inferiore al 10 per cento. Questa soglia potrebbe scendere al 5?
«Cominciamo col dire che questo intervento lo abbiamo dovuto fare in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del primo agosto 2025. Non è una scelta politica, ma un obbligo. Ma siamo disponibili ad aggiustare la misura andando incontro alle volontà degli operatori. Non sarà facile perché questo articolo garantisce a regime un gettito di circa un miliardo l’anno, ma ci stiamo lavorando».
E su banche e assicurazioni? La Lega chiede di aumentare il contributo chiesto loro alzando l’Irap di altri due punti.
«Con banche e assicurazioni c’è stata una interlocuzione intensa. Non si può non tenerne conto. Mi sembra si sia trovato un punto di equilibrio. In ogni caso, se le forze di maggioranza proporranno delle correzioni, le valuteremo».
La Confindustria voleva un piano triennale da 8 miliardi l’anno per la crescita, che nella manovra non c’è.
«Rispettare gli equilibri di bilancio non è un “capriccio” del governo Meloni. È un dovere morale verso gli italiani di oggi e soprattutto del domani. In questi anni siamo riusciti a coniugare sviluppo, redistribuzione ed equilibrio dei conti pubblici. La solidità dell’economia italiana è certificata a livello internazionale e dà modo al nostro premier di presentarsi ai tavoli internazionali da una posizione di maggiore forza. Detto questo, comprendiamo a pieno le legittime aspettative di Confindustria e lo dico senza retorica. Continueremo a portare avanti il dialogo con l’associazione che rappresenta una parte fondamentale di questa Nazione, quella imprenditoriale. Nella manovra abbiamo misure molto importanti per le imprese, come per l’appunto l’iper-ammortamento. Lo abbiamo semplificato, evitando il meccanismo più macchinoso del credito d’imposta, e orientato agli investimenti qualificati. Non è un dettaglio. Significa ridurre i costi, innovare i processi e rendere le nostre imprese più forti sul mercato internazionale. In ogni caso, sempre nel rispetto dei saldi e come da loro richiesta, si potrà valutare di estendere la misura su un arco pluriennale».
Passiamo ai lavoratori. Gli sgravi sugli aumenti dei contratti si fermano a 28 mila euro di reddito. Questo tetto si può aumentare e la misura si può estendere anche ai contratti sottoscritti prima del 2025?
«È una misura importante per i lavoratori dipendenti con redditi medio bassi. Se in Parlamento ci sarà la volontà di alzare la soglia o includere i contratti firmati prima del 2025 con tranche nel 2026, il governo sarà pronto a valutare queste proposte migliorative».
Veniamo al fisco. La Lega vuole allargare la platea della rottamazione delle cartelle a chi ha subito accertamenti.
«Questa rottamazione, che ci costa un miliardo, è limitata a chi ha dichiarato il dovuto ma non ha versato tutte le imposte perché in difficoltà. A differenza delle precedenti rottamazioni, questa esclude chi ha voluto sottrarre imponibile al fisco. Se si vuole estendere, capisco la richiesta perché è normale che in una coalizione ci siano sensibilità e obiettivi diversi, ma bisogna trovare le coperture. Comunque, sono sicuro che alla fine troveremo la sintesi, come abbiamo sempre fatto in questi tre anni».
Sul taglio dell’Irpef non si poteva fare di più? Per esempio, allargando il secondo scaglione a 60 mila euro?
«È paradossale che l’agire del governo venga valutato in maniera diametralmente opposta a seconda dell’interlocutore. Una volta non si fa nulla per il ceto medio, un’altra volta non si fa abbastanza, un’altra ancora si fa troppo, perché c’è chi considera “ricco” chi guadagna 50 mila euro all’anno. Al di là di questo, abbiamo fatto quel che era possibile con le risorse a disposizione. Fermo restando che per i lavoratori dipendenti sotto i 35 mila euro c’è stato il recupero del fiscal drag. E non lo dice il governo Meloni o il viceministro Leo, ma le analisi della Bce e della Banca d’Italia».
Lei sta riformando il fisco, ma il peso dell’Irpef grava sempre principalmente su dipendenti e pensionati con più di 35 mila euro e la rendita è tassata meno del lavoro. Dove sta il cambiamento?
«Stiamo facendo un’opera mastodontica di riforma: finora abbiamo varato sedici decreti legislativi e cinque Testi unici. E stiamo dando, tra il 2025 e il 2026, 21 miliardi di euro di riduzione delle tasse. Nessun altro governo ha dato tanto ai redditi bassi e al ceto medio, tenendo conto di tutti i vincoli europei. E soprattutto abbiamo cambiato il rapporto fisco-contribuenti: non interveniamo più ex post ma ex ante, dialogando».
Torniamo agli emendamenti. Resterà l’aumento al 26% della cedolare secca sugli affitti brevi?
«Deciderà il Parlamento. Da un punto di vista tecnico la norma ha una ratio, perché una cosa è usare un immobile per una locazione tradizionale e un’altra utilizzare una piattaforma per affitti brevi, per guadagnare di più. Di qui l’aumento della cedolare al 26%, la stessa aliquota degli investimenti finanziari. Ma se le forze politiche vogliono che si resti al 21%, valuteremo anche queste proposte».
Lega e Forza Italia propongono di tassare in modo agevolato la rivalutazione dell’oro per incassare 2 miliardi.
«Come gli altri emendamenti, dovrà essere valutato e la Ragioneria verificherà se ci sono le entrate previste».