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 2025  novembre 14 Venerdì calendario

Messaggio Usa all’Italia: “Lieti se comprerete armi da mandare a Kiev”

«Saremmo lieti di vedere l’Italia partecipare all’iniziativa Purl». Pur usando tutto il tatto diplomatico possibile, obbligato visto che l’amministrazione Trump tiene al rapporto con il governo di Giorgia Meloni e non cerca strappi, il messaggio che il dipartimento di Stato consegna a Repubblica è molto chiaro. La Prioritized Ukraine Requirements List (Purl) è una colonna portante della politica americana riguardo l’assistenza militare a Kiev. E Roma dovrebbe salire a bordo.
Il progetto è decisivo perché fa la differenza tra la linea scelta da Biden, che mandava gli aiuti senza pretendere contropartite economiche, e quella del nuovo presidente, che invece chiede agli alleati europei di comprare le armi prodotte negli Usa e consegnarle a Zelensky. Se proprio l’esecutivo decidesse di restarne fuori, insomma, sorpresa e delusione a Washington diventerebbero difficili da nascondere.
Un passo indietro. È stato Trump a volere il Purl. Come condizione per continuare il proprio impegno al fianco di Zelensky; ma soprattutto, perché gli consente di sostenere di fronte all’elettorato Maga che gli Usa non regalano soldi pubblici e, anzi, li incassano attraverso gli acquisti dei partner. Il programma è diventato cruciale quando sono emerse le prime crepe nel rapporto con Vladimir Putin, poco dopo il fallito vertice di Anchorage. È stato proprio in quella fase che la Casa Bianca ha deciso di spingere il Cremlino a sedersi al tavolo del negoziato alzando non solo la pressione economica – ad esempio con le nuove sanzioni imposte al settore petrolifero russo – ma anche attraverso le forniture di armi. La Germania è stata tra i primi partner della Nato a destinare mezzo miliardo di dollari al Purl. E proprio ieri Danimarca, Estonia, Finlandia, Islanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia hanno annunciato che finanzieranno il progetto con altri 500 milioni di dollari.
È un problema politico, per Meloni. Non a caso, la posizione ufficiale che circola a Palazzo Chigi è lapidaria: è in corso una riflessione, decideremo. L’opzione di aderire al programma è dunque lì, sul tavolo, in attesa di una scelta definitiva. Ufficialmente per ragioni di bilancio, in realtà per una serie di nodi politici da sciogliere: non sono infatti i 140 milioni di contributo ipotizzati come prima tranche italiana da destinare alle armi Usa a frenare l’eventuale disco verde al Purl. Semmai, Palazzo Chigi teme in questa fase passi falsi di fronte all’opinione pubblica, proprio mentre il Parlamento deve approvare una manovra austera e contestata da Lega e Forza Italia.
Nelle ultime ore, poi, si è aggiunta un’altra preoccupazione: la pressione ucraina sull’Italia si è fatta insistente, sempre più insistente, e potrebbe prima o dopo emergere anche pubblicamente. Il governo di Zelensky, si apprende, ha fatto sapere all’esecutivo Meloni che per Kiev è fondamentale che Roma aderisca a Purl. E questo perché il progetto rappresenta l’unica strada praticabile per ottenere armi contraeree per difendere l’Ucraina dall’aggressione di Mosca. Servono Patriot, urgono Himars. Anche perché i missili per i Samp-T donati da Italia e Francia sono esauriti da mesi. E non si prevede che la Difesa ne invii degli altri.
L’annullamento della missione del titolare della Difesa Guido Crosetto a Washington, dove era atteso per un bilaterale con l’omologo statunitense Pete Hegseth, ha fatto il resto. Come rivelato da Repubblica, la visita è stata cancellata proprio dopo un colloquio a Palazzo Chigi tra il ministro e Giorgia Meloni. A pesare, tra l’altro, l’ostilità di Matteo Salvini agli aiuti per Kiev.
Proprio a seguito del cambio di agenda, questo giornale ha quindi chiesto al dipartimento di Stato americano un commento su tre punti: primo, la mancata missione di Crosetto; secondo, perché è importante che l’Italia partecipi al Purl; terzo, quali potrebbero essere le conseguenze se non lo facesse. Sul primo quesito, un portavoce ha detto: «Apprezziamo l’Italia come forte alleato e amico della Nato». Vero, come anche il fatto che Washington non cerchi in questa fase una crisi diplomatica con Roma. Quanto agli altri due punti, è giunta un’unica risposta: «Saremmo lieti di vedere l’Italia partecipare all’iniziativa Purl». Un segnale dal significato inequivocabile. L’amministrazione Trump si aspetta un contributo da Roma. Se venisse meno, lo stesso presidente resterebbe deluso.