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 2025  novembre 14 Venerdì calendario

Kelly Ann Doualla: "I 16 anni? Voglio migliorare e imparare a perdere La velocità è la mia libertà "

Per capire come una ragazzina, neanche sedicenne, che canta «Pulcino Pio» agli allenamenti sia diventata il traino di una generazione bisognerebbe andare a cena da Kelly Ann Doualla. Magari quando cucina il risotto allo zafferano e si definisce «mammona», solo perché usa i consigli audio: «Ricetta passo passo, con la voce di mia madre». O vederla sfrecciare nei 100 metri già corsi in 11"21: record europeo Under 18, record italiano Under 20. Più veloce di ogni giudizio.
Cosa si aspetta dai 16 anni che compie il 20 novembre?
«Di migliorare e di imparare a perdere. Più tanto divertimento, come nel 2025, soprattutto in trasferta. Nelle cose sceme: tipo fare la spesa in gruppo nei supermercati stranieri per trovare i panini strani».
Non si sarebbe divertita di più con i mondiali dei grandi a cui era qualificata?
«No, ero sicura della mia decisione. Ero già “una quindicenne agli Under 20”. Figurati “una bambina ai Mondiali"».
Questo è condizionamento, non una scelta.
«Avevo raggiunto gli obiettivi prefissati e volevo il premio: dormire. Sono sparita per due settimane in cui ho ronfato e mangiato, non sono neanche andata al mare. Direttamente dal letargo alla pista, che è blu e un po’ l’acqua la ricorda».
I giovani vanno protetti o meglio dare loro spazio appena si fanno notare?
«Non bisognerebbe accanirsi: dateci modo di esprimerci e pure di sbagliare. Oggi lo spazio è tuo solo se non fai errori».
Ci spieghi.
«Io ho una partenza esplosiva, quando non l’ho messa dentro me lo hanno rinfacciato per mesi... critiche esterne e social e chiacchiere. È facile prendersi male così».
Per questo vuole imparare a perdere?
«La scorsa estate ho conosciuto il mio mito, la giamaicana Shelly-Ann Fraser-Pryce che nello sprint ha vinto tutto e mi ha spiegato quando è utile correre a piedi nudi nell’erba e che l’atletica è tutta testa»
Lei quanta testa ha?
«Tanta. Sono dedicata e appassionata, se gli amici mi scrivono una sera per uscire io guardo i programmi. Prima l’atletica, senza il minimo dubbio».
Da adolescente pesa?
«No. Se qualcuno non lo capisce diventa una persona da cui è meglio staccarsi».
Decisa. Che tipo di atleta vorrebbe essere?
«Prendo la corsa di... Mamma, come si chiama quella che ha vinto tre ori ai Mondiali? Ecco, Melissa Jefferson, brava mamma. Poi l’autostima di Lyles, altro americano che colleziona medaglie. Ho capito che se non entro in gara sicura, salgono le ansie e può finire male».
Quando è salita l’ansia?
«Ai campionati italiani indoor, in staffetta. E mi sono fatta male».
Poi però ha vinto due ori agli Europei. Ha già capito come gestire la tensione?
«Se mi sto agitando ne parlo con chi ho intorno e sfrutto il potere della musica. Prima della finale europea, a Tampere, saltellavo e cantavo»
A che ritmo?
«Canzoni francesi, afrobeat».
Altro consiglio di mamma?
«No. Da grande sorella piccola per imitazione del fratello, come con il calcio, milanista. Ho anche giocato, terzino perché recuperavo in fretta. Secondo mio padre ero brava, non credo sia vero. Comunque, l’afrobeat piace anche a Dosso, primatista italiana, così per la futura staffetta si mette la cassa e si alza il volume».
Si è immaginata dentro la squadra azzurra?
«Sì e mi ci vedo bene, è un Italia talmente vincente da levare pressioni a chi entra. È un gruppo unito e la differenza con gli altri Paesi si nota. Succede anche nelle giovanili: in Finlandia, l’inno lo abbiamo sempre cantato insieme, in tanti con la mano sul cuore».
Lei ha fatto suonare l’inno.
«Ero molto felice. Walter (Monti), il mio allenatore sostiene di aver visto scendere una lacrimuccia».
È vero?
«Non lo so. Fingo che non ci sia stata».
Perché?
«Preferisco gestire l’emozione. A fine stagione in casa e in giro si parlava delle gare. Io non partecipavo mai. Una volta che è finita si ricomincia da capo».
Neanche un attimo di soddisfazione?
«Sì, una mega cena tutti insieme, basta. A scuola i miei compagni scherzano sui risultati precoci e mi dicono: non è che siamo tutti campioni».
Liceo scientifico-sportivo. Studiare le piace?
«Rispondo sì perché c’è mamma seduta qui. Altrimenti chi mi fa le trecce azzurre per le prossime sfide indoor».
Con Fraser-Pryce avete parlato anche di capelli?
«Certo, non l’ho mai vista con acconciature sobrie. Mi ispira, da piccola la riconoscevo dalla chioma».
Il suo secondo nome, Ann, è un omaggio.
«Quando mamma era incinta, Shelly-Ann aveva appena vinto le Olimpiadi a Pechino. Pensava allo stesso nome, ma ha un’amica che si chiama proprio Shelly Ann, così ha preferito Kelly».
Che cosa è per lei la velocità?
«La libertà. Non penso mentre corro e lo faccio così tanto da sfinirmi. Il mio cervello vaga dietro alle domande strane fin da bimba. Mi ero convinta di essere uscita da un seme sotto l’albero e chiedevo come in continuazione. Ora ho migliorato le domande però restano tremila, riempiono la testa».
Quali giovani la motivano?
«Furlani, un apripista. A 19 anni va alle Olimpiadi e torna con il bronzo... Una luce».
Si vede ai Giochi di Los Angeles, nel 2028?
«Spero tanto di esserci, sarebbe pazzesco. Mi faccio dei film: immagino scene da film, irreali, con le luci soffuse e la presentazione degli atleti, primi piani e arrivo io... Provo le facce allo specchio: non ne ho ancora trovata una buona».
Suggestioni da altri sport?
«In casa i preferiti sono Sinner e Paolini: mamma fa da coach in salotto. Mette la sveglia anche alle tre di notte per guardarli».
La cena del campione: sempre hamburger e patatine?
«Fosse per me McDonalds tutti i giorni, siccome non posso, seguo la lista del nutrizionista. Con i legumi che non sopporto e il pesce che detesto, ma sto migliorando sulla colazione. E i piatti che riesco a prepararmi da sola danno soddisfazione».
Per esempio?
«Pasta con zucchine e pancetta o riso alla zafferano. I miei genitori lavorano e devo autogestirmi. Mamma manda l’audio per spiegarmi passo passo. Sono mammonissima».
Sicura che sia questa la definizione di mammona?
«Esco da scuola e la chiamo, durante gli intervalli le invio un massaggio. Eppure è lei a chiamarmi mamma, per ridere: mi preoccupo, le chiedo sempre se ha abbastanza acqua. Rompo insomma».
Una teenager adulta?
«Mah. Due anni fa ho iniziato a lavorare con Walter e mi ha detto: “Considerati un pulcino in mezzo a galline dalle uova d’oro. Da allora gli canto “Pulcino pio”. Mi sa che quando divento adulta o gallina dalle uova d’oro la smetto».