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 2025  novembre 14 Venerdì calendario

Le truffe svuota-conto

Una volta erano email inviate con il preciso obiettivo di carpire i dati degli utenti e svuotare i loro conti bancari e postali. Truffe rudimentali, con errori grammaticali e indirizzi web grossolani. Un po’ di attenzione e voilà, trappola sventata. Ora i criminali dei raggiri «svuota-conto», complice la tecnologia in continuo aggiornamento, hanno raffinato i metodi. E così inviano messaggi ed effettuano telefonate in cui compare il numero della banca, della compagna assicurativa, pure delle forze dell’ordine. Il rischio di essere individuati è minimo, il guadagno, sui grandi numeri, è assicurato. Soprattutto per gli ingannatori del trading online.
Lo sa bene un ex imprenditore che nella vita di soldi ne ha sempre fatti girare parecchi. Risparmiatore attento e meticoloso, a ottantaquattro anni si è fatto rubare 850mila euro, in appena cinque mesi, da una società di investimenti online che ha trovato in rete. «Tutto è iniziato nel giugno 2024 con solo 250 euro di investimento», racconta agli agenti del Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia di Torino. «Più versavo, più guadagnavo». E avrebbe continuato, se gli investigatori, coordinati dalla dirigente Assunta Esposito, non si fossero accorti di questi versamenti «sospetti» e «cospicui» su un Iban considerato «a rischio». Così hanno contattato l’ex imprenditore. «C’era un’analista che mi chiamava e spiegava gli investimenti. Diceva che ero un cliente virtuoso e che meritavo un viaggio a Cipro per conoscere la sede centrale della società di trading». Da inizio anno, solo a Torino, seconda città più colpita dopo Trieste secondo i dati del Viminale, la polizia postale ha trattato duecento casi di frodi on-line, tra denunce e deleghe della procura. Una delle ultime segnalazioni l’ha presentata un’impiegata cinquantenne che ora sta cercando di recuperare trentamila euro finiti su qualche conto estero. La donna è stata tratta in inganno da un video su Instagram realizzato con l’intelligenza artificiale: giornalisti e politici noti spiegavano come gli «organi competenti» consigliavano di investire su determinate azioni. Così la signora acconsente ad essere contattata e instaura pure una relazione virtuale con il suo consulente finanziario. «Diceva che sarebbe venuto a Torino e mi avrebbe sposata», spiega. Ovviamente non era vero nulla. Un’altra truffa.
E adesso, proprio sopra il Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia di Torino, Poste Italiane ha aperto il Fraud Prevention Center, gemello di quello attivo a Roma. Una cinquantina di giovani ingegneri e informatici monitorano 24 ore su 24 tutti i movimenti dei correntisti. «Quando i nostri esperti vedono che è in atto una truffa, contattano subito i clienti. Però non è sempre facile aiutarli perché loro credono davvero di stare effettuando operazioni convenienti – spiega il responsabile Massimo Pansa – C’è chi investe centomila euro, ma anche seicentomila, magari dopo aver fornito i codici di accesso a questi falsi manager che sono davvero preparati». I truffatori riescono a fare contattare le vittime con la tecnica dello spoofing: sul cellulare del correntista compare davvero il numero dell’ufficio postale e pure le mail spesso sono bollate con Poste Italiane. C’è chi è addirittura stato convinto ad andare allo sportello per effettuare le operazioni. Una nota positiva: dopo la capillare campagna di prevenzione di Poste, queste truffe lo scorso anno sono diminuite del 63%. «Nel 2024 le sedi hanno gestito più di un milione di alert sventando, prima dell’esecuzione, tentativi di frode per circa 25 milioni di euro», evidenzia Pansa. E nel 2024, la Centrale allarmi antiphishing ha consentito di rilevare ed analizzare un totale di oltre seimila casi con conseguente shutdown dei siti clone con un tempo medio di disattivazione di circa tre ore.
Il problema, per chi indaga, è risalire la filiera. Gli esperti spiegano come i server siano sparsi per il mondo, in particolare in Paesi extraeuropei poco propensi a collaborare con le indagini. Dalle inchieste del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche emerge che i cyber imbroglioni non mirano solo agli utenti singoli. Cercano il salto di qualità e nella rete dei raggiri cercano di intrappolare dirigenti di grandi aziende, comprese quelle ospedaliere. Gli accertamenti dei carabinieri poi raccontano di gruppi criminali che forniscono a gang più piccole e meno articolate infrastrutture per portare avanti attacchi di email e messaggi e chiamate «svuota-conto». Una sorta di pacchetti delle truffe, ovviamente in cambio di un lauto pagamento.