la Repubblica, 14 novembre 2025
Judith Koelemeijer: “Mistica e libera vi racconto la vera Etty Hillesum”
A Judith Koelemeijer viene naturale parlare di Etty Hillesum come di un’amica perduta. Succede a molti tra coloro che conoscono il Diario straordinario di quest’ebrea olandese che fu uccisa a soli 29 anni ad Auschwitz: una testimonianza di vita ma anche una riflessione filosofica sulle ragioni dell’amore e sulla scoperta di Dio, che fin da quando fu pubblicato (in Italia negli anni Novanta da Adelphi) non ha smesso di conquistare lettori. Ma Koelemeijer oggi conosce Hillesum molto meglio di chiunque altro. Perché la scrittrice e giornalista olandese, in arrivo in Italia, le ha dedicato una monumentale biografia, dal titolo Etty Hillesum. Il racconto della sua vita. Frutto di una ricerca durata anni, che l’ha portata non solo negli archivi di tutta l’Olanda, ma in giro per il mondo, le ha fatto scoprire che gli amici di Etty sopravvissuti alla guerra, ebrei e non, non la dimenticarono: molti conservarono per tutta la vita le sue lettere e le sue fotografie, poi giunte ai loro discendenti. Frammenti ritrovati che nelle pagine di Koelemeijer compongono un ritratto più nitido di Etty, capace di parlarci di vita, speranza, amore, persino nei momenti di più cupa disperazione.
Hillesum ha molti lettori in Italia. Talvolta però prevale di lei una visione idealizzata, come di una specie di santa laica uccisa nel lager. Non sanno chi fosse prima della guerra, né come la sua opera sia sopravvissuta. Lei parte proprio dall’immagine dei suoi quaderni chiusi in un cassetto. Come andò?
«Etty consegnò il suo diario nel 1943 a Maria Tuinzing, un’amica che viveva nella sua stessa casa. Le disse che se non fosse tornata da Westerbork, il campo di transito dove era già stata in precedenza, avrebbe dovuto conservarli e consegnarli a un altro amico, lo scrittore Klaas Smelik. Maria esaudì la richiesta, ma Smelik non riuscì dopo la guerra a trovare un editore».
Qualcosa di simile, come saprà, accadde anche a Primo Levi.
«In quel momento il pubblico non era pronto: c’era posto solo per una narrazione semplice, con i buoni da un lato e i cattivi dall’altro. Non per la complessità di Hillesum, che scriveva che l’odio, anche per i tedeschi, non era giusto. Fu il figlio dello scrittore, che si chiama anche lui Klaas, a contattare l’editore Jan Geurt Gaarlandt. Gaarlandt ha studiato teologia ed era interessato proprio all’aspetto filosofico degli scritti di Hillesum, così decise di pubblicare il Diario nel 1981. È stato lui a chiedermi di scrivere la biografia di Etty nel 2012, perché si è reso conto che c’erano ancora molte domande senza risposta».
Lei conosceva già Hillesum?
«Da studente lessi il Diario, che dopo la prima pubblicazione in Olanda negli anni Ottanta divenne molto popolare. Mi riconoscevo nel desiderio di diventare scrittrice, nella vita sentimentale turbolenta. La sentivo estremamente vicina, nonostante fosse vissuta in un’altra epoca e in circostanze così tragiche. Quando ho ricevuto l’incarico di scriverne la biografia, ho ripreso in mano il Diario. Ed è stato interessante, perché essendo una giovane donna della stessa età di Etty, quando lo lessi per la prima volta pensavo di capire tutto. Ma ora ero molto più grande e avevo molte più domande. C’erano tante cose che non capivo».
È interessante: rileggendola, la scrittura di Hillesum diventava più oscura e non più chiara?
«Sì. C’erano domande di tipo fattuale. Chi era la madre russa di Etty? Nessuno aveva mai cercato di capirlo. Chi erano i suoi amici, un gruppo di giovani antifascisti di sinistra? E a livello spirituale, un interrogativo al quale era più difficile rispondere: perché non si nascose? Perché questa dedizione all’idea di condividere il destino del suo popolo, quando aveva ricevuto varie offerte per mettersi in salvo?».
Hillesum era laica, viveva lontana dalla sua famiglia, aveva due amori, uno per un uomo ebreo, uno per un uomo che non lo era. Ma alla fine scelse di essere devota al suo popolo perseguitato. Perché?
«Nel Diario Etty non esprime alcun legame con la religione o le tradizioni ebraiche. Ma la mia ipotesi è che in realtà si sentisse estremamente legata alla sua infanzia, alla fede di sua madre, che era fuggita dai pogrom in Russia, e di suo padre che proveniva dal cuore della comunità ebraica di Amsterdam. Sotto la pressione delle circostanze, a causa dei nazisti, ritornò consapevole delle sue origini ebraiche».
C’è stata talvolta la tentazione di accostare la sua storia a quella di Anne Frank. Entrambe ebree, entrambe vissute ad Amsterdam, entrambe vittime della Shoah.
«La somiglianza è nel fatto di aver scritto un diario ma ci sono molte differenze. Etty era una donna e non una ragazzina. E poi decise di non nascondersi, ma di restare in mezzo alle persone il più a lungo possibile. Lavorava per il Consiglio ebraico e faceva avanti e indietro dal campo di Westerbork. In comune Anne e Etty hanno l’enorme bisogno di scrivere per rimanere in contatto con la realtà e con se stesse in un momento molto minaccioso. Vogliono analizzarsi, crescere, seguire il proprio sviluppo interiore e anche esprimersi come scrittrici».
Sia Anne che Etty sono spiritualmente molto libere.
«Erano avide lettrici e decisero di diventare il soggetto di ciò che scrivevano, un fatto raro prima del XX secolo. Hillesum, essendo una donna adulta, è consapevole di sé, molto liberata a livello erotico, senza complessi né sensi di colpa. Molto fedele a se stessa. La sua cerchia di amici, negli anni Trenta e poi Quaranta ad Amsterdam, era una sorta di sottocultura. Le donne erano impegnate politicamente, collaboravano con gli amici maschi in ogni tipo di azione di protesta e nelle riunioni politiche. Una sottocultura un po’ dimenticata dopo la guerra, che ho scoperto facendo ricerche sulla sua vita».
Cos’altro l’ha sorpresa di Etty in questo lungo viaggio?
«Scoprire che veniva da una famiglia difficile, i suoi fratelli avevano problemi mentali, e prima della guerra lei stessa era insicura, un po’ nevrotica. Non era riuscita a finire gli studi, non si sentiva a casa da nessuna parte. Eppure, paradossalmente, durante la tragedia del nazismo Etty diventa Etty. E ciò le permette di sopportare una situazione spaventosa».
Per questo il suo “Diario” resta così attuale?
«Molte persone parlano della libertà interiore di Hillesum come se fosse un dato acquisito. Io ho voluto raccontare, invece, come la sua vita sia stata una lotta per ottenere tale libertà. E come ciò spieghi le decisioni che ha preso, proprio perché era così in pace con sé stessa. Cosa c’è di più attuale di questo, di scoprire come un essere umano è diventato pienamente consapevole delle sue capacità, mostrandoci che abbiamo sempre la possibilità di scegliere chi vogliamo essere?».