la Repubblica, 14 novembre 2025
Spunta la tassa sull’oro per sostenere la manovra. Pressing di Lega e FI
L’oro degli italiani alla manovra. Anelli e catenine ereditati dai nonni, lingotti e monete da collezione potrebbero finanziare le correzioni alla legge di bilancio. Sul tavolo c’è l’idea di introdurre una tassazione agevolata al 12,5% per fare emergere tutti quei beni sprovvisti del documento di acquisto. Versando l’imposta allo Stato, i proprietari otterrebbero una rivalutazione di questi oggetti. Quando decideranno di venderli pagheranno il 26% sul guadagno (plusvalenza), se il prezzo per la cessione sarà superiore alla valutazione di base, mentre oggi il 26% è dovuto sull’intero valore dell’oro ceduto.
In sintesi: una tassa da pagare subito in cambio della possibilità di versarne meno al momento della vendita. L’Erario ci guadagna, chi vuole disfarsi di un braccialetto o di una placchetta pure.
Per la Lega, che oggi tradurrà l’idea del deputato Giulio Centemero in un emendamento, è fatta. La pensa allo stesso modo anche Forza Italia: lo spunto del responsabile economico, Maurizio Casasco, confluirà in una delle proposte di modifica che saranno depositate dai gruppi parlamentari in commissione Bilancio al Senato. Ma la decisione sul cosiddetto oro da investimento spetta al ministero dell’Economia, dove al momento il tema è inquadrato come una misura allo studio.
Alla tassa sul metallo prezioso sono appese invece le speranze di leghisti e azzurri. In base alle loro stime, un’adesione minima del 10% garantirebbe un gettito tra 1,6 e oltre 2 miliardi.
Un “tesoretto” che permetterebbe di risolvere, anche se in parte, il problema delle risorse per gli emendamenti. Alla vigilia del deposito a Palazzo Madama (il termine scade stamattina alle 10), le dinamiche tra gli alleati sono attraversate da strategie e tensioni. Anche se è chiaro che dovranno rinunciare a centinaia di proposte, passando allo schema dei “segnalati”, i senatori di FI e quelli del Carroccio non intendono per questo rinunciare alle loro rivendicazioni. Le agende sono diverse. Hanno in comune solo due punti: la cancellazione dell’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi e più risorse per le forze dell’ordine.
Ma le richieste divergono anche rispetto a quelle di Fratelli d’Italia. A dare forma alla frattura è la postura degli alleati. Ieri mattina è stato Antonio Tajani a raccomandare a vicesegretari e capigruppo di tenere il punto sulla cancellazione di tre misure: la nuova tassazione dei dividendi delle società, la stretta sui crediti fiscali e l’aumento del 2% per l’Irap delle holding non finanziarie. Nel pacchetto degli emendamenti irrinunciabili finirà anche il taglio dell’Iva sulle cure veterinarie per gli animali domestici.
Anche la Lega è pronta a forzare il perimetro della Finanziaria. Vuole l’estensione della rottamazione alle cartelle da accertamento, lo stop alla nuova aliquota sulle locazioni di breve durata e un contributo maggiore a carico delle banche. Matteo Salvini ha giocato d’anticipo, presentando 8 emendamenti ministeriali e contravvenendo così alla raccomandazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di proporne solo uno, come tutti gli altri colleghi.
All’attivismo di FI e Lega si contrappone l’atteggiamento moderato di FdI. Al netto della revisione delle norme su dividendi e crediti fiscali, tutte le proposte saranno a costo zero o quasi. In linea con l’impianto della manovra che “si inserisce nel progressivo risanamento dei conti pubblici”, come indicato in un dossier riservato dell’ufficio studi del partito che nelle scorse ore è stato inviato ai parlamentari meloniani. Un documento di 5 pagine dove si risponde ai rilievi di Istat e Bankitalia: alla manovra che “avvantaggia i ricchi” si contrappone “un taglio strutturale delle tasse da 25 miliardi all’anno, con benefici soprattutto per i redditi medio-bassi”.
Ma le certezze non sono granitiche. Non a Palazzo Chigi, dove il Dipartimento per l’editoria ha commissionato una ricerca a Ipsos sulle “aspettative economiche e la manovra di bilancio del Paese”. Pressato anche dalle critiche delle opposizioni, che al Senato preparano emendamenti unitari, dal fisco alla sanità, il governo sonda la piazza.
E Giorgia Meloni deve mettere in conto un altro vertice di maggioranza per blindare l’iter della legge di bilancio in Parlamento. Appuntamento a giovedì prossimo. La manovra della discordia riparte da qui.