Avvenire, 11 novembre 2025
Camerun, il “dinosauro” Biya ha giurato Ma il Paese è a un passo dall’implosione
«Voglio rinnovare davanti a voi l’impegno preso già in passato nelle stesse circostanze: consacrarmi interamente alla missione che Dio e il popolo mi hanno affidato». Paul Biya, 92 anni, al suo ottavo mandato da presidente, ha giurato ieri «davanti al popolo sovrano» del Camerun. Incerto sulle gambe (e anche nella dizione) è giunto in auto alla soglia del palazzo, senza sfilare sul tappeto rosso. Accanto a lui la first lady Chantal, classe 1970, in abito di chiffon fucsia. Eletto con il 53,66% dei voti, l’anziano leader ha scalzato il principale avversario, Tchiroma Bakary. Ma per la “Gen Z” l’intera operazione è frutto di brogli elettorali. «Nel nord-ovest anglofono si vocifera che Tchiroma giurerà anche lui come se fosse il presidente. Questo apre uno scenario di separazione e possibile conflitto civile», ci racconta da Yaoundè una fonte che vuole restare anonima. Le città del nord e sud-ovest del Paese, dal 3 al 5 novembre, hanno raccolto l’appello di Tchiroma a fermare tutto: la proclamazione di tre giorni di sciopero generale, le villes mortes, è riuscita.
Tra Garoua e Bafang, e anche a Douala, capitale economica ribelle, la gente ha incrociato le braccia, sia per paura che per convinzione. I mercati, i trasporti, le piccole attività produttive e alcune scuole sono rimasti chiusi. «Io non apro per sicurezza mia e poi perché sento la tensione. Preferisco rimanere a casa», raccontava il proprietario di un piccolo negozio. I video girati sui social mostravano le città fantasma: solo la capitale ha rallentato il ritmo senza fermarsi del tutto. A Douala la polizia ha sparato sui manifestanti subito dopo l’esito del voto: il bilancio è stato di 22 morti e diversi feriti. Da quando Paul Biya ha ufficializzato l’ottavo mandato, il 26 ottobre, la rabbia popolare alimentata dal candidato perdente, è esplosa. «Ci sono prove schiaccianti che non ha vinto, ha barato», dice la fonte. «La gente non sta più zitta: non vogliamo violenza ma vogliamo verità. Non sappiamo che succederà adesso, per noi è tutto nuovo, ma di certo c’è da preoccuparsi perché il Nord potrebbe diventare un altro Ovest», spiega chi vive nella capitale. «Penso che il Camerun si trovi ad un punto di svolta decisivo – scrive l’analista David Kiwuwa – è possibile che turbamenti politici prolungati provochino un Colpo di Stato, come fu nel caso del Gabon (nel 2023 i militari deposero il presidente Ali Bongo ndr.)». Comunque, finora «gli sforzi di Biya per proteggere se stesso, facendo ricorso ai militari lealisti di etnia Beti, la sua, hanno funzionato», scrive l’analista. E mentre ai vertici il presidente si circonda di coetanei (il presidente del Senato ha 90 anni e quello dell’Assemblea nazionale 85), alla base i giovani scalpitano: oltre il 70% dei camerunensi ha meno di 35 anni e circa il 60% non raggiunge i 25. «Non so se il Camerun è pronto a colorarsi di rosso – dice un’altra voce anonima –. Però adesso sono tutti esausti, impoveriti, schiacciati: siamo seduti su una pentola a pressione». Nel frattempo è iniziata la lotta intestina alla successione di chi avrà 100 anni nel 2032.
«Si intensifica la rivalità dentro l’élite al potere per preparare il dopo Biya», scrive ancora David Kiwuwa. Ma il popolo non solo è stanco del “dinosauro”, lo è anche dei suoi eredi e di un sistema che da sempre perpetua se stesso.