ilfattoquotidiano.it, 11 novembre 2025
Fuga dall’Italia: nel 2024 gli italiani espatriati sono cresciuti del 38% rispetto all’anno prima. Esodo di laureati dal Mezzogiorno
Gli italiani continuano ad emigrare, e lo fanno sempre di più, alla ricerca di un lavoro stabile, che sia inserito in un contesto meritocratico, con prospettive di crescita e servizi adeguati. Il 2024 segna un aumento del 38% di partenze rispetto all’anno precedente: un dato che certifica il superamento della pandemia e della Brexit, con la piena ripresa della mobilità. È quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo 2025 della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma: da gennaio a dicembre 2024 si sono iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire) per la sola motivazione “espatrio” 123.376 cittadini italiani e rispetto al 2023 i dati segnano in valore assoluto “34mila partenze in più”. L’aumento riguarda prevalentemente i giovani e i giovani adulti. In particolare, nella classe di età 18-34 anni si rileva un +47,9% rispetto all’anno precedente a cui unire il +38,5% della classe immediatamente successiva (35-49 anni). La componente dei giovani e dei giovani adulti, quindi, nell’insieme raggiunge il 72,2% del totale delle iscrizioni per espatrio avvenute lungo il corso del 2024 (era il 68,8% l’anno precedente) ed è sempre più interprete indiscussa dell’attuale esperienza migratoria dall’Italia. Le partenze giovanili crescono soprattutto per motivi di lavoro e opportunità professionali, ma anche per aiutare familiari già all’estero (es. nonni-babysitter). In ogni caso, l’attuale mobilità italiana, pur rivolgendo lo sguardo al mondo intero e pur avendo destinazioni privilegiate che si orientano verso nuovi contesti professionali emergenti (si veda l’Oriente, con Singapore, gli Emirati Arabi, ma anche la Scandinavia) preferisce sempre di più l’Europa. Il 73,7% di chi si è iscritto all’Aire per espatrio da gennaio a dicembre 2024 è andato in Europa (quasi 91 mila italiani). Sono 23.300 circa coloro che, invece, sono espatriati in America (18,9% del totale) di cui 15 mila nell’America latina. Per molti, l’espatrio è una reazione alla frustrazione e all’esclusione sociale, e sta diventando sempre più definitivo.
Sono più gli italiani all’estero che gli stranieri in Italia – Negli ultimi vent’anni, la mobilità internazionale italiana è diventata strutturale, non più episodica: dal 2006 le iscrizioni all’AIRE sono più che raddoppiate (+106%). Il fenomeno coinvolge categorie sempre più varie per età, formazione e professione, con una crescente presenza femminile (48,3% del totale). Nel 2025 gli italiani residenti all’estero sono oltre 6,4 milioni, un dato in “costante crescita”, tanto che oggi il numero degli italiani oltre confine supera di un milione quello degli stranieri in Italia. Oggi un italiano su dieci vive fuori dai confini nazionali, soprattutto in Europa (54%) e America (41%). Anche la mobilità interna vede un forte spostamento dal Sud al Centro-Nord, con perdita di giovani qualificati. Il 45% dei residenti all’estero proviene dal Sud Italia, in particolare Sicilia (844 mila), poi ci sono Lombardia (690 mila) e Veneto (614 mila). Viene registrato in Europa il 53,8% degli italiani all’estero (oltre 3,4 milioni), mentre in America il 41,1% (soprattutto Sud America, con Argentina 990 mila e Germania 849 mila come comunità più grandi). Nel 2024 le mete più scelte sono state Germania (16.988), Regno Unito (15.471), Spagna (12.448), Svizzera (12.448), Francia (9.444). Guardando alle principali province di partenza ci sono Milano, Napoli, Torino, Roma, Treviso, Palermo e Brescia. Quasi 2,9 milioni (45,1%) di iscrizioni danno come luogo di origine il Meridione di Italia (978 mila circa nelle Isole, 15,2%). Oltre 2,5 milioni (39,2%) riguardano, invece, il Nord Italia e un milione il Centro (15,7%). La Sicilia si conferma la regione con la comunità di residenti all’estero più numerosa (844 mila), seguita da Lombardia (690 mila) e Veneto (614 mila).
Dove vanno i laureati – Dal 2014 al 2024, in media, su 5 giovani di 20-34 anni emigrati dal Mezzogiorno al Centro-Nord, circa due erano in possesso della laurea al momento del trasferimento (43,0%), altri due del diploma di scuola secondaria superiore (42,5%) e meno di uno su 5 (14,5%) possedeva la licenza media. Le partenze di questi ultimi dal 2014 al 2024 sono diminuite del 65%, mentre i trasferimenti verso il Centro-Nord dei laureati sono aumentati di oltre il 50%. Al saldo migratorio negativo dei giovani italiani di 20-34 anni del decennio ha quindi contribuito fortemente il saldo migratorio negativo dei più qualificati: -180 mila per i laureati e -154 mila per i giovani in possesso di diploma (contro un saldo migratorio negativo, ma decisamente più contenuto, dei giovani in possesso di licenza media, -40 mila). La perdita di giovani laureati nel periodo 2014-2024 riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno. La Campania, con un saldo migratorio interregionale per i giovani laureati pari a -65 mila, ha registrato la perdita netta più elevata, seguita dalla Sicilia (-56 mila). All’opposto, tutte le regioni del Centro-Nord hanno sperimentato, nello stesso periodo, un guadagno netto di giovani qualificati. Per Lombardia ed Emilia-Romagna, il guadagno è stato pari a, rispettivamente, 111 mila e 54 mila giovani laureati. Nel periodo 2014-2024 i cittadini italiani che si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord sono stati, nel complesso, circa 1,1 milioni di cittadini, mentre solo 587 mila hanno fatto il percorso inverso. Il saldo negativo per il Sud è di -511 mila persone, in gran parte giovani (20-34 anni) e laureati. Il Mezzogiorno ha perso 373 mila giovani, di cui 180mila laureati. I maggiori saldi negativi sono in Campania (-65 mila) e Sicilia (-56 mila); le regioni che guadagnano più laureati sono Lombardia (+111 mila) ed Emilia-Romagna (+54 mila).
Rilevante anche la quota di persone tra i 35 e i 49 anni, pari al 21,8%, mentre la percentuale di cittadini al di sotto dei 20 anni che, verosimilmente, nella maggior parte dei casi, si sposta con la famiglia, è pari al 13,4%. Gli spostamenti dal Mezzogiorno al Centro-Nord, coinvolgendo in larga parte la popolazione più giovane, sembrerebbero quindi maggiormente connessi a necessità di tipo formativo o lavorativo, mentre molti dei trasferimenti lungo la traiettoria opposta, riguardando quote più elevate di popolazione oltre i 35 anni, potrebbero verosimilmente configurarsi come migrazioni di ritorno dopo un periodo, variabile, trascorso nel Centro-Nord.