La Stampa, 10 novembre 2025
Nell’Italia delle mono-famiglie vivono soli 4 anziani su dieci
Gli italiani sono sempre più soli, più vecchi, più fragili. È il quadro che emerge dalle cifre contenute nel rapporto Istat 2025. Ci sono 9 milioni e mezzo di famiglie composte da una sola persona, sono il 36,2% di tutte le famiglie mentre le coppie con figli sono calate al 28,2%. Circa la metà sono formate da persone di oltre 65 anni, nel 2043 saranno 6,2 milioni mentre il totale delle famiglie single diventerà quasi il 40%, cioè più di 10,7 milioni tra 18 anni, nel 2043.
Sono diversi anni che la tipologia di famiglia più diffusa è quella formata da una sola persona, sorpassando i nuclei di due e più persone, ora osserviamo una decisa accelerazione. Cento anni fa le famiglie single rappresentavano il 9% del totale, oggi quattro volte tanto. Una tendenza in corso da anni, ormai inarrestabile che sta ridisegnando la società. Come spiega l’Istituto di Statistica a renderci più soli sono «il calo dei matrimoni, una maggiore instabilità coniugale, la bassa natalità e il posticipo della genitorialità».
Aumentano le persone sole, quindi. E aumentano in ogni età. Non solo in Italia. Il 67% degli abitanti dell’area Ocse dichiara di avere contatti quotidiani con amici e familiari (nel 2006 la percentuale era del 75%), il 25% ha contatti limitati a una volta a settimana, mentre il restante 8% contatti regolari non ne ha proprio.
Ma l’Italia è tra i Paesi più longevi del mondo; nel 2024 ha raggiunto il record di vita attesa alla nascita: 81,4 anni per gli uomini e di 85,5 anni per le donne. Sono 14 milioni e mezzo le persone che hanno più di 65 anni e 4,5 milioni quelle che hanno più di 80 anni, 50 mila in più rispetto al 2024. Sono dati positivi, dovuti alla riduzione della mortalità prevenibile (per esempio perché si vive in modo più salutare) ma anche a un migliore funzionamento del sistema sanitario.
Una società longeva, però, ha delle esigenze e l’Italia non sembra tenerne conto. Quasi il 40% degli over 75 vive da solo, in prevalenza sono donne. E sono quasi un milione gli anziani che vivono in povertà assoluta, una condizione che colpisce soprattutto chi vive da solo o ha pensioni basse, chi ha un basso livello di istruzione o vive in aree svantaggiate.
Questi italiani sempre più soli sono anche sempre più fragili. «La solitudine è in forte aumento e solitudine e isolamento vanno di pari passo. – avverte Maria Antonietta Gulino, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi – Non essere più in relazione con gli altri è alla base di un aumento del disagio psicologico e mentale. Non è il caso di parlare di epidemia di solitudine ma di sicuro c’è un problema serio nelle due fasce di popolazione più vulnerabili, anziani e giovani».
Due solitudini diverse, quindi, ma altrettanto gravi. Per quel che riguarda i giovani «l’interazione sociale ci permette di entrare in contatto con le nostre emozioni. Se abbiamo rapporti limitati con gli altri si finisce per conoscere solo in parte le proprie emozioni con il rischio di sviluppare ansia e depressione», spiega Maria Antonietta Gulino.
«Per molte persone anziane la solitudine non è una scelta – sottolinea Giancarlo Penza, responsabile del Servizio Anziani della Comunità di Sant’Egidio – ma un dato della vita dovuto al fatto che, per esempio, non si ha più il coniuge, o che i figli sono partiti. Il rischio è che queste persone rimangano sole quando scatta una fragilità, un problema di salute. Questo si scaricherà sui servizi pubblici del tutto impreparati a affrontare questo problema». La Comunità di Sant’Egidio ha messo su una rete di assistenza agli anziani, andando casa per casa a portare aiuto ma anche creando qualcos’altro. «Incoraggiamo la costituzione di nuovi nuclei familiari attraverso forme di convivenza come il cohousing. Ormai a Roma abbiamo oltre cento appartamenti dove gli anziani vivono insieme e mettono in comune le loro fragilità».
L’intento della Comunità di Sant’Egidio è fare in modo che gli anziani non lascino le loro case. Un obiettivo che avrebbe dovuto essere garantito dalla legge 33 approvata due anni fa dal governo Meloni, ma non ancora applicata.