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 2025  novembre 10 Lunedì calendario

Il potere delle mafie inquieta l’Italia, ma il rischio assuefazione premia i clan

La mafia è un fenomeno inquietante, percepito come tale dovunque. In Italia e non solo. Si ritiene, infatti, che si tratti di un fenomeno generale e generalizzato, in ambito “nazionale”, presente a livello territoriale un po’ ovunque. È ciò che pensano oltre 9 italiani su 10, senza significative distinzioni di area, secondo quanto rilevato dal sondaggio di Demos-Libera. Le differenze, invece, crescono quando si fa riferimento alle zone dove risiedono i cittadini intervistati. Quando, cioè, le persone sono sollecitate a guardarsi intorno. Nelle zone in cui risiedono. In questo caso, infatti, il timore, per quanto diffuso dovunque, appare più elevato nelle aree geograficamente “opposte”. Nel Sud e nel Nord-Ovest. In Sicilia e Campania, da un lato, e nel Nord-Ovest, dall’altro. Cioè, in Piemonte e in Lombardia. Meno nelle regioni del Centro-Nord Est.
La percezione e la preoccupazione si riducono ulteriormente quando l’attenzione si sposta sui luoghi specifici dove risiedono gli intervistati. Cioè i comuni. Nella stessa proporzione delle zone considerate, dunque, in misura più ampia, nel Sud e nel Nord-Ovest, lungo l’asse metropolitano che collega Milano e Torino. In altri termini, le mafie continuano a essere percepite come una minaccia che incombe sulla vita sociale ed economica delle persone, soprattutto nel Mezzogiorno e nel Nord-Ovest. Lo sguardo, comunque, cambia quando dalla “mafia” si sposta sulle “mafie”. Quando, cioè, dal fenomeno “generale” si trasferisce ai “soggetti” che ne sono interpreti.
Alle “bande criminali” che hanno una definizione e una “localizzazione” più precise. In questo caso emergono alcuni aspetti di continuità ma anche di cambiamento rispetto alle valutazioni rilevate negli anni precedenti. Prevale, infatti, come in passato, la preoccupazione suscitata dalla ‘ndrangheta calabrese, indicata come “la mafia più pericolosa” dal 26% del campione, davanti alla camorra napoletana, segnalata dal 20%. In crescita significativa negli ultimi 2 anni. Mentre la mafia siciliana, Cosa nostra, conferma un indice del 12%. In calo, negli ultimi 2 anni, ma molto simile rispetto a quanto osservato l’anno scorso. La preoccupazione per le mafie che hanno origini nazionali diverse, oltreconfine, appare meno elevata. In calo significativo nei confronti delle “bande cinesi”. In crescita verso la “mafia nigeriana”.
Comunque, come in passato, nelle opinioni del campione non emergono strategie precise che abbiano efficacia nel contrastare e “com-battere, se non battere” questa minaccia incombente. Fra le altre, in particolare, “la confisca dei beni che appartengono alla mafia” è condivisa da una larga maggioranza del campione. Anzi, da quasi tutti gli intervistati: 84%. Tuttavia, una quota elevata di persone considera questa misura eccessiva, per il costo che impone allo Stato. E, dunque, ai cittadini. E ciò ripropone un problema che va oltre la specifica questione. La difficoltà di intraprendere iniziative che, comunque, prevedono costi e rischi che superano i confini, non solo territoriali, della minaccia mafiosa.
Infatti, al di là delle specifiche formazioni criminali, che sollecitano un grado di attenzione “diverso”, nelle “diverse” aree del Paese, in base alla loro presenza e azione, nel sondaggio di Demos-Libera appare evidente come il fenomeno mafioso continui a suscitare inquietudine dovunque. Nel Paese e nella società. Senza, però, sollevare reazioni emotive particolari.
E ciò ri-produce una questione che abbiamo sottolineato nelle precedenti indagini. Non solo riguardo alla minaccia mafiosa. “Il rischio dell’abitudine”: la tendenza, cioè, a normalizzare fenomeni ostili, per quanto inquietanti. Perché generano difficoltà alla nostra vita, alla nostra condizione. Prima ancora: alla nostra percezione. Al nostro sguardo sul mondo. Intorno a noi. Per questo, spesso, prevale, come risposta, “la normalizzazione”. Si preferisce, cioè, accettare la realtà anche quando è estranea ai nostri valori, alla nostra concezione etica. E la mafia diventa, così, un dato di realtà, anche se rappresenta un mondo distante e ostile. Ma difficile da contrastare. Combattere. Allora, meglio adeguarsi. Arrendersi.
Si tratta di una tendenza diffusa, già emersa in passato. Definita, ma, comunque, non definitiva. Non unanime. Infatti, persiste e resiste una parte della nostra società, della nostra Italia, che non si rassegna alla “normalità della mafia”. Alla “banalità del male”, come l’ha definita Hannah Arendt. Per fortuna di tutti. Perché questo sentimento ci permette di agire. Re-agire. Sperare.