corriere.it, 10 novembre 2025
Le donne e il testosterone (senza prescrizione) per ricominciare a fare sesso «nonostante i rischi o qualche problema di barba»
Un articolo del New York Times descrive un fenomeno che avviene negli Stati Uniti, si fonda su regole americane – l’accesso ai farmaci, le modalità in cui accadono le visite mediche, le linee guida terapeutiche sono diverse qui – e si basa su decine di interviste a donne americane. Eppure sfogliando un libro italiano che ho sul comodino, orecchiando sottintesi nelle conversazioni con amiche, in sala d’attesa dal medico, tra le righe dei pezzi di cosiddetto costume, ho la sensazione che riguardi proprio un argomento da Big Bubble: un tema cioè di cui tanti, ok non tutti, parlano.
Parto dal dato che trovo nel libro Non solo madri (Raffaello Cortina Editore), scritto dalla psicanalista italiana Laura Pigozzi. A pagina 27 un’indagine condotta su un campione di 2574 donne in tutta Italia sulla sessualità dopo la maternità rileva che: solo per il 3,5% del campione il sesso è ancora soddisfacente.
Cioè il 96,5% del campione dichiara un’intimità «scarsa» o «completamente assente».
La percentuale di chi fra le donne perde per strada questo pezzo di sé, invecchiando o crescendo o semplicemente cambiando, mi pare enorme; è difficile capire come possa non generare un lutto o perlomeno un rimpianto collettivo, e capire come ci si rassegni – collettivamente: individualmente ognuna pensa a sé come sa – a considerare questa perdita inevitabile. Non capisco cioè come se ne parli così poco.
C’è un esercizio pigro e ormai quasi trito che si fa per ogni «problema femminile»: se i maschi avessero le mestruazioni, chissà che antidolorifici pazzeschi, chissà che vanterie per il menarca, chissà che strumento di potere ne farebbero (questo gioco ha una madre nobile, ed è Gloria Steinem in questo suo saggetto). Se gli uomini partorissero, se gli uomini ingrassassero misteriosamente, se qui, se là. Se gli uomini avessero un calo feroce della libido a un certo punto della loro vita, tale da rendere loro difficile o indesiderato l’accesso alla sessualità…
L’apodosi alla protasi di questo periodo ipotetico, lo sanno tutti, si chiama da trent’anni citrato di sildenafil, comunemente Viagra. In un romanzo del 1998, La macchia umana, Philip Roth racconta fra l’altro la rivoluzione privata e il sollievo che il farmaco porta nella vita di un uomo altrimenti «congedato con tutti gli onori, che ha rinunciato da un pezzo al godimento sensuale della vita». «Grazie al Viagra sono arrivato a capire le trasformazioni amorose di Zeus. Ecco come avrebbero dovuto chiamarlo, il Viagra. Avrebbero dovuto chiamarlo Zeus».
La ricerca di un «Viagra femminile» dà frutti ogni qualche anno – nel 2015 un antidepressivo chiamato flibanserina, poco dopo l’iniettabile bremelanotide, nessuno dei due approvato in Europa – e per molti articoli divulgativi è il Sacro Graal delle aziende farmaceutiche, a cui la libido delle donne sembra importare più che ai loro partner e forse persino più che a molte di loro. Come ogni Graal, si pensa che esista ma nessuno l’ha ancora trovato. Nel frattempo, il lungo e discusso articolo del New York Times mostra che alcune si organizzano diversamente.
Tra le ragioni per cui questo pezzo è stato letto molto anche di qua dall’oceano ce n’è una che mi pare degna di riflessione. Spesso si discute della difficoltà di comunicare con il proprio medico, e di un’insoddisfazione sempre crescente – non per forza giustificata, medici che mi leggete non insorgete – nel sentirsi dire «è normale», «è stress», «è l’età», di fronte a malesseri o sintomi inspiegabili e comuni ma duri da sopportare, se non invalidanti.
Le donne dell’articolo di Susan Dominus sono, perlopiù, pazienti che a questa risposta non si rassegnano, e corrono forse anche qualche rischio.
«Prima non sopportavo nemmeno il pensiero»
«Non esiste un prodotto a base di testosterone approvato negli Stati Uniti per le donne, e tantomeno in Europa. Nessuna assicurazione americana lo copre. Molti medici non lo prescrivono. È diventato un fenomeno culturale».
È il sommario di uno dei pezzi più letti del New York Times di queste settimane: il titolo è molto chiaro, e dice che «il testosterone sta restituendo alle donne il loro desiderio, e anche un po’ di più».
Lo scrive la giornalista Susan Dominus (già autrice di un longform interessante sulla percezione degli effetti collaterali delle cure ormonali, che inibirebbe molte donne dal prenderle). Le donne che ha intervistato, perlopiù sui 40, usano creme o pellet sottocutanei al testosterone, a dosi spesso molto più alte dello standard terapeutico per la menopausa, con costi di centinaia di dollari l’anno e con rischi di effetti collaterali notevoli, i più comuni dei quali sono la perdita di capelli e lo spuntare di baffi e barba.
Molti ginecologi rifiutano anche per queste ragioni di prescriverglielo, e loro – negli Stati Uniti – si rivolgono a «luoghi non tradizionali che sono invece felici di venderglielo: spa mediche, studi di longevità, centri benessere e nutrizionisti, tra gli altri». I medici intervistati nel pezzo parlano di una fioritura di luoghi simili, dovuta alla crescente domanda di testosterone da parte di donne non ancora in menopausa, e che sperimentano cali drastici del desiderio.
La libido è legata anche a molti fattori per nulla ormonali: la azzoppano anche, fra i tanti, una cattiva immagine corporea, difficoltà nella relazione, stanchezza (e chissà se ci sono studi che correlano il suo scemare, tra le donne, alla sempre imparissima divisione del lavoro domestico, della cura dei figli, dei parenti anziani, di sé, alla subalternità professionale ed economica).
Al di fuori di queste concause, però, numerose associazioni scientifiche mediche nel mondo «indicano l’uso del testosterone in dosi appropriate per le donne in postmenopausa che lamentano una bassa libido».
Ricerche di buon livello, scrive Dominus, dimostrano che «il testosterone può rivitalizzare significativamente il desiderio se prescritto in dosi che riportano le donne all’incirca ai livelli che avevano alla fine dei 30 anni – quello che è spesso considerato un dosaggio standard».
Riparte anche nell’articolo il solito gioco di cui sopra: quanti farmaci al testosterone, che regola l’aggressività sessuale, sono approvati per gli uomini, e quanti per le donne? Risposta: «Per gli uomini (...) la Fda ha approvato più di 30 prodotti dagli anni Cinquanta; a oggi non esiste una crema, un cerotto, una pillola o un’iniezione di testosterone approvata per le donne, nonostante i loro livelli di testosterone diminuiscano molto più rapidamente rispetto a quelli degli uomini con l’avanzare dell’età».
Tra gli effetti del calo del testosterone nell’età, per le donne, ci sono «meno pensieri erotici, meno motivazione a ricercare il piacere sessuale, e un calo della produzione di ossido nitrico, una molecola che rilassa alcuni muscoli genitali e consente un maggiore flusso sanguigno».
Tra gli effetti delle cure al testosterone, invece, le intervistate di Dominus raccontano quasi tutte di impennate nel desiderio; di rapporti col marito fino a poco prima inviso («non potevo sopportare nemmeno il pensiero», dice una) e ora invece coprotagonista di fasti memorabili sei volte a settimana; di matrimoni «mai andati così bene».
Una di loro racconta di aver seguito terapie di coppia per anni «in un gruppo di mutuo aiuto della mia parrocchia» un po’ vanamente, ma di aver poi trovato una vera vicinanza col marito solo grazie al magico androgeno, che assume in dosi più alte di quelle raccomandate, e molto più alte di quelle che il suo corpo abbia mai prodotto naturalmente.
Un’altra racconta di avere preso per la prima volta l’iniziativa tra le lenzuola «dopo anni in cui avrei spaccato la faccia a chi avesse osato toccarmi»: anche un linguaggio molto colorito, a ritmo accelerato, sarebbe tra gli effetti della terapia. Così, almeno, racconta la giornalista, che definisce il fervore delle donne intervistate né più né meno che «messianico»: parlano «velocemente e intensamente; sono eccitate; descrivono quello che chiaramente considerano un farmaco miracoloso; e non hanno alcuna intenzione di ridurre la dose, nonostante i rischi sconosciuti o qualche problema di barba».
Già, di barba. Di peli facciali. A molte vengono, del resto il testosterone è un ormone maschile. Ma con l’energia ritrovata inaspettatamente arrivano a sera per niente stanche, in grado di farsi una ceretta al volo, e anche subito dopo di accendere candele a bordo del letto per una nuova sessione che sarà migliore di quella della sera prima, con un marito nuovamente attraente.