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 2025  novembre 10 Lunedì calendario

Filippo Champagne e la politica da bar

Il «Popolo della Gaina» vuole Palazzo Marino. Ad autoeleggersi rappresentante del divertimento che non bada a spese, tra un brindisi di spumante e un altro, c’è il signore della notte milanese, Filippo Romeo. Monzese, 49 anni, meglio conosciuto come «Champagne», come lo chiama il popolo dei social. I tormentoni virali e ruspanti, visti dai suoi 426 mila follower, si alternano ai punti programmatici della sua campagna elettorale. Tra il serio e il faceto. Ama scommettere, lo ammette placidamente, e la politica è il suo ultimo azzardo. Sì, perché Romeo ha intenzione di candidarsi a sindaco di Milano, trampolino di lancio per obiettivi addirittura ancora più ambiziosi.
«Ronald Reagan faceva l’attore ed è diventato presidente degli Stati Uniti, io faccio “cinema” al bar e non posso diventare sindaco di Milano?». È la domanda che pone Romeo, certo della risposta affermativa. Se gli si chiede, allora, se si senta il Reagan di Milano, risponde: «Non di Milano, d’Italia. Diventare sindaco è arduo, ma con tutti i giovani che mi seguono, in Consiglio comunale ci entro di sicuro e sarò sempre presente a portare avanti la voce del popolo giusto». Dai locali come la Gintoneria di Davide Lacerenza ( finita al centro di un’inchiesta giudiziaria per un giro di escort e droga) a Palazzo Marino.
Sparigliare le carte da battitore libero. Mentre a destra e a sinistra ci si guarda per capire chi potrebbe essere il successore di Beppe Sala, Romeo «brucia le tappe» e per primo annuncia di correre per Palazzo Marino. Lo aveva già detto in uno dei suoi tanti video online un anno fa. Era in auto, in compagnia della sua spalla «Nevio lo stirato» (prima che i due litigassero e poi si riappacificassero), fuori era buio, dentro musica accesa. Mister Champagne inquadrava le piste ciclabili in corso Buenos Aires e se ne lamentava, ora promette di toglierle tutte. Sembrava una boutade, non era stato preso sul serio.
E sarebbe anche già pronto il logo di una sua lista, che si chiamerà «Popolo della Gaina». Lo sfondo azzurro, in alto il nome del gruppo che si rifà alle serate goderecce, al centro una fascia tricolore e sotto, in giallo, la parola «spingere», rigorosamente in maiuscolo. Correrà in autonomia. Le ricette, estreme, sono quelle della destra populista: ripristinare la sicurezza contro la deriva della violenza in centro città, che Romeo attribuisce agli stranieri. E addirittura si avventura in ipotetiche scelte sulle alleanze. «Io con la Lega non ci voglio avere a che fare», dice con schiettezza Filippo Romeo, il cui fratello, nome di battesimo, Massimiliano, proprio di quella Lega è capogruppo al Senato. E con il quale chiarisce di sentirsi di rado: «Una volta all’anno e parliamo soltanto di Inter». Quanto ai programmi snocciola «proposte» quantomeno estreme che vanno dal mettere i cecchini sui tetti, ai vigilantes armati, fino pensare a mura di protezione. Poi ci sono le tasse da abbassare, soprattutto per chi paga in contanti. Perché Milano, per Romeo, deve diventare «la Dubai italiana», dove girare senza paura con gli orologi da 5 mila euro al polso. Tornare alla Milano degli anni Ottanta e Novanta. La Milano da bere.