Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 09 Domenica calendario

Kit per i militanti e micro-comitati FI rispolvera la campagna anni 90

Penna, spilletta e adesivi. Niente cravatta regimental, forse una bandiera. E chissà se tornerà anche la celebre valigetta blu, quella che conteneva il primo “kit del candidato” che la nascente Forza Italia recapitò a tutti gli aspiranti parlamentari all’indomani della discesa in campo del Cavaliere. Di certo, per ora, c’è che nella campagna per il referendum sulla Giustizia su cui sta iniziando a ragionare il partito azzurro ci sarà molto di collaudato. A cominciare dall’idea di un nuovo “kit”, da spedire stavolta a tutti i presidenti dei comitati per il Sì.
L’argomento, nei giorni scorsi, è stato al centro delle discussioni tra i maggiorenti forzisti. E se per i dettagli è ancora presto, la strategia di fondo è già messa a punto. E suona più o meno così: ben vengano le campagne social e la ricerca di testimonial più o meno famosi per tirare la volata al Sì nelle interviste tv o in quelle sui giornali (ricerca di cui si stanno occupando due degli azzurri in prima linea sul capitolo Giustizia, Enrico Costa e Pierantonio Zanettin: l’ultimo nome in campo è quello di Francesca Scopelliti, ex senatrice forzista e soprattutto compagna di Enzo Tortora). Ma il battage mediatico, seppur centrale, da solo rischia di non bastare. Per non fallire in quello che fu il sogno berlusconiano della separazione delle carriere bisogna portare tutti a votare, è il mantra che risuona nelle stanze di San Lorenzo in Lucina. Dal pensionato alla casalinga all’operaio, dal giovane all’anziano, dall’elettore di destra a chi non va più alle urne. Già, ma come? Con una campagna «capillare». O se si vuole, molto anni Novanta. Fatta di tanto porta a porta e micro-comitati di quartiere. Anzi, «di condominio». Spontanei, senza alcuna regia organizzata: più sono, meglio è. Qualcuno cita pure un precedente: la corsa al Campidoglio di Gianfranco Fini nel 93. Con una rete di attivisti diffusa in ogni municipio della Capitale. Casa per casa, strada per strada, avrebbe detto Berlinguer. Per raggiungere anche chi (e per FI sono la maggioranza degli elettori) di questo referendum ancora sa poco o nulla.
Il piano passa innanzitutto dagli eletti a ogni livello: consiglieri comunali, regionali, parlamentari. Che dovranno attivarsi per individuare, nella loro circoscrizione, persone già motivate per il sì: avvocati, professionisti, ma anche semplici cittadini. A cui poi toccherà l’onere (e l’onore) di guidare un comitato. Ognuno costituirà il suo gruppo, senza simboli di partito, senza gerarchie né ordini dall’alto né formalità. E avrà la carica di presidente anche se di fatto ne sarà l’unico membro. Todos caballeros. Un punto fondamentale, quest’ultimo. Tanto che raccontano Maurizio Gasparri spiegando il senso della mossa in una riunione l’avrebbe messa giù più o meno così: «Dategli un pennacchio e spianeranno le montagne». Tradotto: chi sarà investito della carica di presidente di comitato si sentirà investito di un compito di rilievo. E sarà quindi più motivato a fare campagna per il Sì. Magari ne parlerà ai colleghi, telefonerà ai parenti, spiegherà il quesito ai vicini di casa. Una filosofia del resto molto simile a quella già messa in campo con successo tante volte da Berlusconi, che era solito distribuire a piene mani incarichi di partito ai collaboratori, specie a quelli sul territorio, per farli sentire più partecipi e motivarli. Anche a costo di creare nuove cariche (o micro-cariche) ad hoc, talvolta anche piuttosto fantasiose.
Un modello già sperimentato, appunto, con la campagna elettorale per Fini, anche se all’epoca FI non esisteva ancora. «Solo su viale Libia avevamo almeno tre presidenti di comitato...», ricorda chi c’era. Ma non chiamatela operazione nostalgia: in una sfida all’ultimo voto come un referendum senza quorum, ragionano gli strateghi azzurri, è (anche) così che bisogna cercarsi i consensi. Casa per casa. Mentre le discussioni sul quesito, cambiarlo oppure no, «lasciano il tempo che trovano». E magari, perché no, rispolverando i sempreverdi “kit del candidato”, da trasformare stavolta in “kit del presidente di comitato”, per rafforzare la motivazione di cui sopra. Penna, spilletta e adesivo del “Sì”.