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 2025  novembre 09 Domenica calendario

Tagli al cinema, stop della Ragioneria al decreto di Giuli

Il travaso non si può fare. Va contro le nuove regole europee. Di più. Non ci sono neppure le condizioni per agire in deroga. Ecco perché la Ragioneria non darà il suo visto al decreto voluto dal titolare della Cultura, Alessandro Giuli, per spostare 101 milioni dalla dote per i contributi automatici alle imprese del settore al Fondo per il cinema e l’audiovisivo.
Lui, il ministro, insiste: “Sto facendo di tutto per aiutare il popolo della filiera cinematografica, soprattutto maestranze, tecnici e persone che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Cerco di dare loro pane fresco seguendo i canoni di una legge che me lo consente: se la Ragioneria risponde “no, mangino brioches” – dice a Repubblica – se ne assumerà la responsabilità”.
Sul tavolo c’è un decreto interministeriale, da condividere necessariamente con il Mef perché il rifinanziamento del Fondo tocca il bilancio dello Stato. Nell’idea di Giuli è un segnale alle aziende di produzione e distribuzione dopo i tagli al Fondo arrivati con la manovra. Per questo, due giorni fa, la firma in fondo al testo e l’annuncio ai media. Senza però aver acquisito prima il nulla osta del suo capo di gabinetto sul via libera informale del ministero dell’Economia. E senza neppure la nota della Ragioneria che deve validare lo spostamento delle risorse. Una forzatura che il ministro ha motivato ai suoi con l’urgenza di fare in fretta, lamentando tempi troppo lunghi al Mef.
Ma il “fai da te” deve fare ora i conti con i tecnici di via XX settembre. Le strutture guidate dalla Ragioniera Daria Perrotta non faranno eccezioni all’applicazione delle regole. Quelle del nuovo Patto di stabilità impediscono il riutilizzo dei cosiddetti residui, le somme non spese che Giuli vuole destinare al rifinanziamento del Fondo per il cinema. Ecco il primo altolà.
Una possibilità di spostare questi fondi ci sarebbe dato che l’Italia può agire ancora in deroga, in attesa della legge di contabilità nazionale che terrà conto del nuovo Patto. Ma – è il rilievo dei tecnici – la deroga è prevista solo “previa verifica degli equilibri di finanza pubblica”. Una verifica che è connessa ai documenti di finanza pubblica, quindi al Dpf e al Dpfp, che si approvano rispettivamente entro il 2 ottobre e il 10 aprile.
Insomma, Giuli poteva chiedere il travaso ma doveva farlo al più tardi entro il mese scorso, non a novembre. Un disallineamento, nel merito e nel metodo, che allontana la firma di Giancarlo Giorgetti, senza la quale il decreto non può entrare in vigore.
In ambienti di governo si fa notare che Giuli era stato avvisato per tempo dell’impossibilità di procedere nella modalità auspicata. Il ministro era stato cioè informato del fatto che la Ragioneria non avrebbe potuto validare il decreto. Più volte. L’ultima giovedì, il giorno prima della firma del decreto, quando Valentina Gemignani, capo di gabinetto del Mic, si è confrontata con la Ragioniera.
Ma il ministro ha voluto tenere il punto. Sostenuto dal lavoro tecnico della sua squadra. E da un precedente: il decreto interministeriale Mic-Mef del 4 novembre 2024 che ha spostato una parte delle risorse inutilizzate per il tax credit nel 2022 proprio sul Fondo per il cinema e l’audiovisivo. È sulla base di questo provvedimento che ha deciso di replicare lo schema.
Ora però il tentativo è destinato a naufragare. Non le tensioni con la Ragioniera, che interessano anche altre partite. A iniziare dalla trasformazione dei crediti d’imposta per il cinema in contributi defiscalizzati. Giuli puntava al “cambio di pelle” già con la legge di bilancio, ma anche questo tentativo non è riuscito. La colpa? L’impuntatura della Ragioneria, spifferano dal ministero. Per non parlare dei tagli arrivati con la legge di bilancio. Giuli rivendica di aver salvato la tutela dei beni culturali dall’algoritmo di Perrotta, ma il cinema non è stato risparmiato. Il decreto interministeriale serviva a mettere un cerotto. Ma ha aperto una crepa dentro il governo.