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 2025  novembre 09 Domenica calendario

Sulla Bibbia di Borso d’Este

All’Europa finalmente uscita dalle rovine della Seconda guerra mondiale, la Bibbia di Borso d’Este parve subito l’emblema di un Umanesimo da riconquistare, seguendo la liberalità di chi l’aveva restituita all’Italia: «Riviviscenze dell’arte gotica e forme del Rinascimento si incontrano a Ferrara ove, tra il 1455 e il 1461, appare uno dei capolavori della miniatura di tutti i tempi, la Bibbia di Borso d’Este, che è stata restituita alla Biblioteca Estense di Modena dalla liberalità di un italiano, Giovanni Treccani» (Trésors des bibliothèques d’Italie : IVe-XVIe siècles , Catalogue de l’Exposition, Paris, Bibliothèque Nationale, 1950). Nel tumulto stesso della guerra, quel capolavoro era apparso a molti critici un rifugio esemplare di quello che restava della civiltà: «all’ombra mistica dei conventi, inarrivabili miniatori ornavano manoscritti, dei quali la Bibbia di Borso resta il modello più alto» (Verano Magni, L’apostolo del Rinascimento, Firenze 1939 e Parigi 1941).

Già prima tuttavia, nel 1937, Adolfo Venturi vedeva in quella operazione il culminare di tutta la civiltà estense: «L’arte della miniatura secondò lo spirito di magnificenza della Corte, ond’ebbe facilità di sviluppo e molteplicità di cultori. Lionello d’Este le aveva già dato un buon impulso: e Borso ne custodì il fiore come in una serra calda» (Della miniatura ferrarese nel secolo XV).

La Bibbia – e quella di Borso d’Este è testimone mirabile – costituisce la fondamentale enciclopedia della storia dell’umanità. Lo sottolineava Giovanni Treccani stesso, che quel manoscritto aveva comprato a Parigi nel 1923 per una somma enorme, dedicando, di sua mano, l’esemplare dell’edizione Bestetti a Giovanni Gentile e ponendo accanto a quell’acquisto le nuove imprese dell’Istituto dell’Enciclopedia fondato da un decennio: «A Giovanni Gentile animoso e sapiente collaboratore, dal riscatto della Bibbia di Borso, qui riprodotta, alle grandi opere volute insieme della Enciclopedia e del Dizionario Biografico degli Italiani, con affettuosa amicizia. Giovanni Treccani» (15 febbraio 1937).

Tornando dai manoscritti miniati al testo della Bibbia, essa non è solo, come finemente è stato detto, «calligrafia di Dio» (libro curato da Giordana Canova Mariani e Paola Ferraro Vettore) o il «Grande Codice» delle letterature occidentali, secondo l’interpretazione di Northrop Frye, ma si offre come nutrimento dell’eterno: comede volumen istud; «Mi disse: “Figlio dell’uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele”. / Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, / dicendomi: “Figlio dell’uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo”. Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele» (Ez., 3, 1-3).

Questa vivente presenza, quasi “edenica”, della creazione intera, di flora e fauna, nella «Bibbia di Borso» è stata spesso ricordata dai commentatori (sin da Adolfo Venturi, 1896), quasi in quella Bibbia si rinnovasse la Genesi, e siffatta consustanzialità corrobora quanto ha acutamente osservato Martina Bagnoli: «Nelle sue memorie, Treccani racconta l’effetto che la Bibbia ebbe su di lui la prima volta che la vide. Egli rimase folgorato nel vedere lo sfavillio dei colori e dell’oro, notando che appariva fresca e integra, come nuova. La descrizione del ritrovamento assume i toni dell’inventio cristiana, come nelle descrizioni del ritrovamento delle reliquie di un santo: la Bibbia brilla di luce propria e intensa; come la carne dei martiri cristiani, le pagine della Bibbia non sono corrotte dal tempo» (Tammaro De Marinis e la Bibbia di Borso. Cronaca di un trionfale recupero, 2023).

La Bibbia di Borso fa infatti confluire in unum l’agostiniano «alimentum verbi et sempiternae veritatis» (In Psalmum XXXII enarratio I: commento al verso 19; PL, XXXVI, 277) e la «pulchritudo et veritas» platonica del Filebo; trova in essa perfetta conciliazione la visione della «città di Dio» e l’armonia della «città dell’uomo». E la trova non nel grande progetto utopico, tipico del Rinascimento, di architetture e studioli, giardini e cupole, ma nel minimo della miniatura: in quel luminoso acuirsi, nel piccolo, di «gusto e verità» che il severo Baudelaire vorrà – secoli dopo – solo attribuire alle miniature di Lizinska de Mirbel: «Mme de Mirbel est le seul artiste qui sache se tirer d’affaire dans ce difficile problème du goût et de la vérité. C’est à cause de cette sincérité particulière, et aussi de leur aspect séduisant, que ses miniatures ont toute l’importance de la peinture» (Salon de 1846, cap. IX: Du portrait).

Non deve preoccupare la preziosa e fragile unicità della Bibbia di Borso: i suoi ori circondano un testo più durevole, sebbene oggi disertato; in tempi anche più difficili, Hermann Hesse, rispondendo a un’inchiesta sulla crisi del libro e della civiltà (pochi anni prima i nazionalsocialisti, appena al potere da pochi mesi, avevano dato avvio, il 10 maggio 1933, alle Bücherverbrennungen, roghi di libri), evocava fiducioso quella sapienza dello spirito che la Bibbia raccoglie e preserva per l’umanità intera: «Questo bene superiore dell’umanità ci è consegnato in differenti forme e in diverse lingue: la Bibbia e i libri sacri della Cina antica, il Vedânta e molti altri […]. Da questi, ogni altra letteratura è sorta, e senza di essi nessuna esisterebbe: l’insieme della poesia cristiana sino a Dante, ad esempio, e ancora sino ad oggi, è un prolungamento del Nuovo Testamento, e se anche ogni letteratura dovesse sparire, ma fosse conservato il Nuovo Testamento, noi potremmo senza fine creare, a partire da questo testo, nuove ed analoghe letterature. Solamente qualche libro sacro dell’umanità possiede questo potere rigeneratore e sopravvive ai millenni e alle crisi mondiali. Rassicura constatare che tale privilegio non dipende per nulla dalla diffusione di queste opere. Non è necessario che milioni o centinaia di migliaia di persone si siano spiritualmente impregnate di questo o quel libro sacro. Basta che alcuni soltanto abbiano preso contatto o ne siano stati toccati» (Weltkrise und Bücher. Antwort auf eine Umfrage, 1937).

Es genügen Wenige: questi soli bastano.