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 2025  novembre 09 Domenica calendario

Il Pil cresce, l’inflazione è quasi stabile. L’apocalisse dei dazi non è arrivata

Le sorprese dei dazi non finiscono mai. Le previsioni degli esperti vengono smentite a ripetizione. L’America doveva farsi del male da sola scatenando un’iperinflazione, invece l’indice dei prezzi si è mosso in modo impercettibile, dal 2,9% al 3%. La Cina doveva essere la grande vincitrice e invece l’export cinese subisce un brusco calo verso il mondo intero, particolarmente pesante (– 25%) sul mercato americano. L’Europa doveva essere la grande perdente e invece il made in Germany rimbalza col +12% di esportazioni negli Stati Uniti. La madre di tutte le sorprese, però, forse deve ancora arrivare. La Corte suprema ha iniziato l’esame della legittimità, non dei dazi in quanto tali, ma dell’uso che Donald Trump ha fatto di una legge di emergenza, scavalcando il Congresso. Il tenore delle domande dei giudici costituzionali – inclusi quelli di nomina repubblicana – ha dato l’impressione che una bocciatura sia possibile. Entro la fine dell’anno potrebbe arrivare anche questo colpo di scena.
Due letture
Sul tema dazi vi propongo due letture dal Wall Street Journal: è rimasto un giornale liberista, fedele alla sua linea anti-protezionista, non fa sconti a Trump su questo tema; e tuttavia ha l’onestà intellettuale di ammettere i propri errori. Prima lettura: in sintesi, ecco come il quotidiano economico-finanziario d’impronta conservatrice ammette che le previsioni catastrofiche sui dazi sono state smentite. Quando il presidente Trump li annunciò in aprile, gli economisti predissero un’impennata dell’inflazione e un aumento delle probabilità di recessione. Quelle preoccupazioni oggi sembrano esagerate. L’inflazione, pur rimanendo troppo alta, è inferiore alle previsioni. E l’economia continua a crescere. Allo stesso tempo, i benefici promessi dei dazi non si sono pienamente realizzati: le entrate fiscali sono state inferiori alle previsioni, e non si vedono segni evidenti di un boom manifatturiero interno. L’inflazione annua era al 3% in settembre, al di sopra dell’obiettivo del 2% fissato dalla Federal Reserve. I dazi hanno avuto un ruolo marginale, contribuendo ad aumentare i prezzi di beni come mobili e abbigliamento.

Una delle ragioni è che i dazi effettivamente pagati dalle imprese sono inferiori ai valori ufficiali. Al ritmo attuale gli introiti annuali raggiungerebbero circa 400 miliardi di dollari, ben al di sotto della stima del Tesoro, che aveva previsto entrate tra 500 e 1.000 miliardi di dollari l’anno. Queste entrate suggeriscono che l’aliquota media effettiva pagata dalle imprese è di circa il 12,5%, molto inferiore ai valori nominali, stimati in media oltre il 17%.
Scappatoie ed esenzioni consentono a molti prodotti di evitare i dazi più elevati. Allo stesso tempo, le imprese hanno spostato la produzione da Paesi soggetti a dazi alti – in particolare la Cina – verso Paesi come Vietnam, Messico e Turchia, dove le tariffe su molti beni sono più basse. Anche quando le imprese statunitensi devono pagare i dazi per intero, ne trasferiscono solo una parte sui consumatori. Il motivo principale è che i margini di profitto aziendali sono oggi molto più elevati rispetto a prima della pandemia, rendendo più facile per le imprese sostenere i dazi senza aumentare i prezzi. Secondo JPMorgan, le case automobilistiche stanno assorbendo circa l’80% dei costi dei dazi e ne trasferiscono solo il 20% ai clienti.
Attesa per il verdetto
Cosa accade se la Corte boccia i dazi? Ecco una sintesi degli scenari elaborati dal Wall Street Journal. La Corte suprema dovrà pronunciarsi su una questione centrale: l’estensione dei poteri presidenziali. Tre categorie di dazi sono oggetto della causa: dazi di base del 10% per quasi tutti i Paesi; dazi più elevati per quelli che l’amministrazione considera «cattivi attori» nel commercio internazionale; e un ulteriore pacchetto su Canada, Cina e Messico, che la Casa Bianca giustifica come punizione per il flusso di fentanyl negli Stati Uniti.
Gli accordi commerciali di Trump sarebbero colpiti? È possibile che alcuni Paesi si ritirino dagli accordi conclusi o chiedano di rinegoziarli. Altri potrebbero ritenere più vantaggioso mantenere gli accordi esistenti.
La Casa Bianca ha un piano di riserva? Oltre ai dazi oggetto di questa causa, Trump ha imposto una serie di tariffe su settori come auto, acciaio, alluminio e rame, basandosi su un’altra autorità giuridica per la sicurezza nazionale, nota come Sezione 232. Di recente, il suo team ha ampliato la portata di questi dazi, creando una sorta di «paracadute» nel caso in cui la Corte annulli quelli più ampi. Inoltre, tra le opzioni vi è l’uso di una clausola mai applicata del Trade Act del 1974, che consente di imporre dazi fino al 15% per 150 giorni per correggere squilibri commerciali con altri Paesi.