Il Messaggero, 7 novembre 2025
L’algoritmo al lavoro in ospedale per scoprire gli abusi sulle donne
«Sono caduta dalle scale», «ho sbattuto contro uno sportello», «mi sono ferita cucinando». Frasi che si ripetono in migliaia di referti medici negli ospedali italiani, dove la violenza di genere parla, ma quasi nessuno la sente. Ora, però, in corsia è arrivato un nuovo alleato che non ha né volto né stetoscopio: un’intelligenza artificiale capace di riconoscere gli abusi. Si chiama Vides (Violence Detection System), ideato dall’Università di Torino con l’Istituto Superiore di Sanità e sostenuto dalla Fondazione Crt. Il sistema ha analizzato 370 mila cartelle cliniche anonime del pronto soccorso dell’Ospedale Mauriziano di Torino, scoprendo oltre 2000 casi di maltrattamenti mai segnalati. Un numero che pesa come una denuncia collettiva: storie rimaste sepolte sotto formule cliniche come “caduta accidentale” o “trauma domestico”.
Vides “legge” i referti del pronto soccorso come un medico esperto, ma in pochi secondi e con la memoria di centinaia di migliaia di casi. Analizza parole, descrizioni, lastre e note di triage per individuare schemi tipici della violenza: ferite in punti insoliti, racconti incoerenti, dinamiche sospette. Grazie alle tecniche di analisi del linguaggio naturale (NLP), confronta ogni referto con quelli già accertati e assegna un livello di rischio. Se la probabilità è alta, fa scattare un alert: da lì sono i medici a decidere come intervenire. Tutto avviene su dati anonimi, senza mai risalire all’identità delle pazienti. «Il modello distingue con un’accuratezza del 97% tra lesioni accidentali e maltrattamenti», spiega Daniele Radicioni, professore di Informatica e capo del progetto. Addestrato su referti tra il 2015 e il 2024, l’algoritmo ha identificato più del triplo dei casi riconosciuti manualmente: «Circa 600 erano già classificati come violenze, ma Vides ne ha trovati altri 2.150. È un aiuto prezioso per i medici, spesso sommersi da emergenze e sovraffollamento», aggiunge Radicioni. L’obiettivo non è sostituire il giudizio umano, ma rafforzarlo. «La decisione finale spetta sempre al medico. Il sistema serve solo ad accendere una lampadina che può fare la differenza». Ora l’obiettivo è portare il progetto anche in altri ospedali, a partire dal Piemonte. «Spesso la donna arriva in pronto soccorso accompagnata dal suo aggressore, che controlla parole e movimenti. Lo schema, poi, è cambiare struttura dopo ogni violenza per non essere riconosciuta. Il nostro obiettivo è creare una rete unica tra ospedali, per capire se quella persona si è già presentata altrove con un referto simile», spiega il professore.
Intanto in Italia si continua a contare le vittime di femminicidio: ogni anno 100 donne vengono uccise, quasi sempre da un partner o da un ex. Dal 2015 ad oggi sono 1.041, una piaga sociale che spesso inizia da un referto dimenticato. All’Ospedale Mauriziano di Torino, questa consapevolezza è diventata azione concreta. Qui il sistema di IA è stato integrato nel progetto “Pause”, coordinato dalla dottoressa Arianna Vitale, responsabile per la Direzione Sanitaria. È lei a guidare anche l’équipe multidisciplinare che accoglie le vittime di violenza. «Siamo un ospedale Hub, con 65 mila accessi al pronto soccorso l’anno e circa 500 posti letto. Eppure, nel 2025, le segnalazioni alla procura sono tre a settimana», spiega Vitale. «Ora passeremo dalla fase sperimentale al test di Vides sul campo. Stiamo definendo un protocollo per stabilire quando e come attivare l’allerta, garantendo sempre rispetto e sicurezza della vittima. Creare spazi protetti e ambienti dedicati significa offrire un tempo e un luogo in cui fermarsi un minuto in più può davvero salvare una vita».