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 2025  novembre 06 Giovedì calendario

Il Messico è senza pace: ancora omicidi narcos. Rabbia dei manifestanti contro la presidente

«Grazie, presidente Trump, ma no». Claudia Sheinbaum ha respinto l’idea di un intervento statunitense “contro i cartelli” in Messico. «Il nostro Paese non accetta ingerenze». Il richiamo alla sovranità è arrivato mentre la presidente lanciava un “Piano per la pace e la sicurezza” nel Michoacán, lo Stato occidentale attraversato, da sabato, da un’ondata di proteste. Nel Día de los Muertos, quando il Messico ricorda i propri defunti accendendo candele e posando fiori sugli altari, un altro nome si è aggiunto alla lunga lista della violenza. Nella piazza gremita di gente, tra musica e teschi dipinti, Carlos Manzo, sindaco di Uruapan, quarant’anni, è stato colpito da sette proiettili mentre pochi istanti prima stringeva il figlio in braccio. L’aggressore – ucciso sul posto – avrebbe agito per conto di affiliati del cartello di Jalisco Nueva Generación.
Manzo era un politico atipico. Ex deputato del partito di governo Morena, poi sindaco indipendente con il suo “Movimento Sombrero”, aveva promesso guerra aperta ai narcos che estorcono denaro ai coltivatori di avocado e controllano il traffico di metanfetamine. «Non ho paura di morire – diceva –, ho paura di essere un codardo». Una linea dura che gli aveva valso il soprannome di “Bukele messicano”. Il suo omicidio, filmato e diffuso sui social, ha infiammato il Paese. A Morelia, la capitale statale, i manifestanti hanno assediato il palazzo del governo, fischiando il governatore di Morena e accusandolo di «complicità per omissione».
Ad Apatzingán, un gruppo di dimostranti ha dato alle fiamme il municipio. Le proteste si sono poi estese a Uruapan e ad altre città del Michoacán, dove cittadini e studenti continuano a scendere in strada per chiedere giustizia. Nella regione della Tierra Caliente, da vent’anni, i cartelli si contendono le rotte del narcotraffico: Jalisco, Viagras, Caballeros Templarios, Cárteles Unidos. Le violenze non si fermano, malgrado decenni di guerre e l’ascesa delle autodefensas.
Due settimane prima di Manzo, era stato torturato e ucciso Bernardo Bravo, leader dei produttori di lime di Apatzingán, anche lui ribelle alle estorsioni. L’assassinio di Manzo ha scatenato la bufera politica. L’opposizione accusa Sheinbaum di averlo «abbandonato», nonostante le minacce note. Il governo replica che quattordici membri della Guardia nazionale erano assegnati alla sua protezione. «È un crimine di Stato per omissione», denuncia il leader del Pri di Michoacán. Sheinbaum ribatte parlando di «avvoltoi» che approfittano della tragedia. Ma la presidente sa di essere davanti al suo primo test cruciale e la linea che ha promesso – giustizia sociale al posto della guerra totale – è messa alla prova. Da quando ha assunto l’incarico un anno fa, la presidente ha condotto la campagna più aggressiva contro i cartelli dell’ultimo decennio, con un approccio però “chirurgico”. Quasi 35mila arresti e 1.600 laboratori di droga distrutti in dodici mesi, rispetto agli 8.900 arresti e ai 380 laboratori distrutti all’anno sotto il suo predecessore.
Nel frattempo, gli omicidi sono diminuiti di quasi un terzo, raggiungendo il livello più basso in un decennio, e meno droga sta entrando negli Stati Uniti. Eppure, secondo l’ultimo rapporto pubblicato poche settimane fa, è aumenta la percezione di insicurezza tra la popolazione.
L’uccisione di Manzo ha scosso un Paese abituato al sangue, e nel Michoacán le proteste non si spengono. Il sombrero di Manzo passa ora alla moglie, Grecia Quiroz, che gli succederà come sindaca.