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 2025  novembre 06 Giovedì calendario

Bagagli smarriti in volo, la Cassazione: “Nessun obbligo di dimostrare il valore per il rimborso”

L’incubo di ritrovarsi senza valigia, appena scesi dall’aereo, non verrà cancellato come per magia. Ma per chi resterà dentro un aeroporto, desolato davanti al nastro ormai vuoto di bagagli, c’è almeno una consolazione. E non è di poco conto. La rivoluzione arriva da una sentenza della terza sezione civile della Cassazione che, in nove pagine tra frasi in latino e principi di diritto, ha cancellato tutte quelle lungaggini che spesso tolgono sonno e pazienza a chi resta senza valigia. Non c’è più bisogno di stilare un’esatta lista di cosa c’era dentro un trolley smarrito e il suo esatto valore. Cade anche l’altro punto fondamentale per ricevere il rimborso di quanto è andato perso per sempre: produrre tutti gli scontrini di cosa è stato comprato una volta rimasti senza abiti e biancheria intima. Che poi è la vera angoscia di chi gira il mondo e all’improvviso si ritrova con i soli indumenti che ha addosso. La Suprema Corte ha deciso che si può chiedere il risarcimento dimostrando soltanto che a perdere il bagaglio è stata la compagnia aerea o le società a lei collegate.
Nel 2024, in Europa, sono state perse o rubate 28 valigie al minuto, come certifica l’ultimo rapporto di Sita, una delle società di riferimento nella fornitura della tecnologia nel settore del trasporto aereo. E anche se il trend dei bagagli finiti nel nulla è diminuito dal 2007, l’Europa registra 15 milioni di pezzi scomparsi negli scali, quasi la metà dei 33,4 milioni denunciati in tutto il mondo.
«Non sempre chi finisce dentro a una vicenda tra bagagli persi e richieste di risarcimento da chiedere è in grado di produrre la documentazione relativa al contenuto e al suo valore – spiegano dal Codacons —, e quando vuole andare avanti per ottenere quanto gli spetta, deve impiegare tempo e avviare pratiche la cui definizione può essere anche lunga. C’è chi rinuncia per stanchezza».
Non si è arreso, invece, Giuseppe Nicosia, avvocato trapanese che nel 2018 era andato a Verona in vacanza con moglie e due figli. È lui l’artefice del lungo iter giudiziario che ha portato alla decisione della Suprema Corte e che è durato ben 7 anni. «Al nostro arrivo all’aeroporto mancava la valigia che conteneva gli indumenti di tutta la famiglia per cinque giorni, eravamo disperati. C’erano anche oggetti che avevano un valore affettivo. Abbiamo speso più di mille euro, anche perché era inverno – racconta il professionista –. Ho subito presentato innumerevoli reclami alla compagnia che però non ha mai risposto. A quel punto ho deciso di rivolgermi al giudice di Pace di Verona». L’avvocato si è affidato a un collega, Gianpaolo Ferraro dello studio legale Frediani Schininà & Partners.
Da quel momento è stata una sequela di «No» alla sua richiesta di vedere risarcito il danno. Il primo del giudice di Pace per la competenza territoriale, il secondo da parte del tribunale che ha rigettato la richiesta perché l’elenco di quanto smarrito non era troppo dettagliato e perché mancavano alcuni scontrini di acquisto della nuova merce. L’avvocato allora ha presentato ricorso in Cassazione, il verdetto finalmente è stato a suo favore e a quello dei prossimi viaggiatori sfortunati. Gli ermellini hanno deciso che vale la regola generale secondo la quale «un bagaglio contiene abiti, biancheria intima, accessori, profumi et similia in una quantità adeguata al viaggio» e che il giudice è tenuto a decidere caso per caso calcolando una cifra forfettaria fino a 1.350 euro. Conteggio che adesso toccherà fare al tribunale di Verona, al quale la Cassazione ha ordinato di emettere sentenza stabilendo quanto la compagnia aerea dovrà rimborsare all’avvocato.