Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 05 Mercoledì calendario

“Ho chiesto ad una medium di contattare il mio cane defunto e lui le ha detto queste parole per me. La sua morte è stata scioccante, non mi davo pace”: la confessione di Elisabetta Canalis

“Sapevo che non l’avrei più rivista e l’ho guardata per l’ultima volta andare via”. Non sono le parole di un amante tradito, ma il messaggio che il suo cane defunto, Charlie, avrebbe trasmesso a Elisabetta Canalis tramite una medium. In una lunga intervista a Vanity Fair, l’ex velina 47enne ha confessato di essere ricorsa a una “donna speciale” per elaborare un lutto animale vissuto in modo “scioccante“, svelando una vita dove gli animali sono un’ancora di salvezza, anche dopo la separazione “atipica” dal marito Brian Perri. Al settimanale, Canalis racconta una vita ricostruita attorno a due pilastri: la figlia Skyler e, appunto, l’amore incondizionato per gli animali. L’ex velina, 47 anni, che vive a Los Angeles, non si limita a possedere tre cani adottati: è un’attiva volontaria in un rifugio e accoglie in stallo animali in attesa di una casa, scegliendo spesso “quelli che avevano già una storia alle spalle”.
Il suo legame con i cani è quasi mistico. Lo racconta nel suo nuovo libro, Una zampa sul cuore, i cui proventi andranno in beneficenza, definendolo un “ponte inspiegabile”. Ma è il racconto del lutto per il suo cane Charlie, salvato dalla lista delle eutanasie, a svelare la profondità di questo rapporto: “È mancato inaspettatamente e ho sofferto moltissimo”, ha confessato. “La notte in cui l’ho portato in clinica mi avevano rassicurata: ‘Dovrebbe farcela’. L’ho salutato convinta di rivederlo, invece se n’è andato. È stato scioccante“. Un dolore così profondo da spingerla a cercare un modo per comunicare ancora con lui. “Non mi davo pace, finché ho incontrato una donna speciale che riesce a farci arrivare i pensieri di chi non c’è più. Lei mi ha detto: ‘Se vuoi ci provo’. Dopo qualche giorno mi ha chiamato: ‘Non so niente di lui, ma ho sentito di dover scrivere alcune parole che mi ha trasmesso’. Tra queste c’era la frase con cui apro il libro: ‘Sapevo che non l’avrei più rivista e l’ho guardata per l’ultima volta andare via’”.
La sua fonte d’amore primaria, oggi, sono la figlia e i suoi cani, Nello, Josie e Megan, tutti adottati. Da anni, Elisabetta è volontaria in un rifugio e accoglie in stallo animali in attesa di una casa: “Il canile è un carcere pieno di innocenti”, ha detto. “Ci sono delle anime buone finite lì per colpa nostra. Qui in America è particolarmente difficile perché, per problemi di sovraffollamento, i cani più anziani e fragili finiscono nelle liste per l’eutanasia”. E la vita sentimentale? “Sono molto serena, non mi manca niente”. Ma se dovesse arrivare un nuovo amore, sa già cosa cercare (e cosa evitare), memore di un legame “tossico” vissuto in gioventù: “Ammetto di avere un approccio naïf all’amore: voglio lasciarmi sorprendere. Seguo il mio cuore, perché altrimenti perderei tutta la magia”. Ha le idee chiare: “Non potrei mai scegliere un partner che sulla carta è ottimo, solo perché piace ai miei amici, al mio agente, alla mia mamma. Sono disposta a rischiare un po’ pur di trovare una persona che mi fa battere il cuore”.
Elisabetta, che in passato ha sofferto di disturbi alimentari, oggi guarda al tempo che passa con filosofia: “Tra vent’anni mi vedo nella mia casetta in Sardegna, circondata dai cani, magari anche con un cavallo, e con tutti i miei amici gay, mentre ci facciamo un tè e guardiamo il tramonto. Ecco come affronto la paura di invecchiare”. E se nel suo sogno non c’è un fidanzato? “No, lo posso anche mettere”, ha concluso, “ma alla fine bisogna sempre contare solo su sé stessi”.