Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 05 Mercoledì calendario

L’allargamento secondo la Ue: nuovi Stati membri ma solo di serie B

È stato in qualche modo storico e decisivo perché primo del suo genere, il vertice sull’allargamento che si è tenuto ieri a Bruxelles, dove si sono riuniti leader dell’Unione europea e dei Paesi che nell’Ue non sono ancora, ma vorrebbero esserlo e attendono di entrare. Quelli dei Balcani occidentali, dell’est e sud-est del blocco dei 27.
“Comincerò dalle basi: l’Ucraina, la Moldova e i Paesi dei Balcani occidentali appartengono all’Ue”. Il presidente del Consiglio Ue Antonio Costa è convinto che “in un’epoca di incertezza geopolitica e instabilità economica, un’Ue allargata significa un’Europa più sicura, più forte e più pacifica, in patria e nel mondo. L’allargamento è il miglior investimento che possiamo fare oggi per il nostro futuro”. L’ex premier portoghese si è complimentato con alcuni Paesi che tengono la barra dritta, lavorano per avvicinarsi agli standard e criteri di adesione che l’Ue richiede prima dell’integrazione definitiva: alcuni Stati hanno fatto “progressi impressionanti”, ha detto Costa, ma molti di più ne attende da altri (come Bosnia ed Erzegovina) entro fine anno.
Nella lavagna dove si scrivono da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, per l’Ue, l’Albania finisce tra i primi perché persegue il suo “ambizioso obiettivo”, è “sulla giusta strada”. Viene randellata invece la Serbia che deve smettere di “retrocedere” nelle libertà fondamentali, nello Stato di diritto, e deve superare “la situazione di stallo” nell’emisfero giudiziario. Si legge nel rapporto della Commissione europea approvato ieri che la “polarizzazione” della società serba – funestata ormai da oltre un anno dalle proteste dei giovani che affollano le strade – si è “aggravata”. Ancora peggiore è la valutazione stilata per Tblisi: “La Commissione considera la Georgia un Paese candidato solo di nome”. Bruxelles chiede alle autorità al potere, quelle del partito Sogno Georgiano, di “invertire urgentemente il loro arretramento democratico”. Anche la Macedonia del Nord “dovrebbe intensificare gli sforzi per mantenere lo Stato di diritto, salvaguardando l’indipendenza e l’integrità giudiziaria e rafforzando la lotta alla corruzione”.
Per Costa, i partner devono trasformarsi oppure “rimanere intrappolati in dolorose eredità storiche; anzi, l’Ue tutta deve evolvere per adattarsi a nuove realtà geopolitiche, realtà che, soprattutto dal conflitto scoppiato nel 2022 tra Kiev e Mosca, sono arrivate fin dentro Palazzo Europa. E l’elefante nell’aula del vertice si chiama Budapest: l’Ungheria si oppone (da sempre) all’avvio formale dei negoziati d’adesione all’Ue dell’Ucraina, mentre la Commissione si muove per tentare di aggirare il suo veto.
“Non voglio passare per il commissario che introduce cavalli di Troia che saranno poi attivi tra cinque, dieci o quindici anni”. Quando lo ha dichiarato al Financial Times durante un’intervista, la commissaria all’allargamento Marta Kos aveva molto probabilmente in mente la ribelle Ungheria, che tenta di non allinearsi mai a Bruxelles per punire la Federazione Russa. Dunque, per evitare il prossimo Orbán, la Commissione sta lavorando a “misure di salvaguardia” più severe per i prossimi membri Ue: non è esclusa l’ipotesi della limitazione del potere di veto, verranno richieste “forti garanzie” per il rispetto dei valori europei che, se ripetutamente violati, potranno anche condurre all’espulsione potenziale dello Stato che li calpesta.
Il pericolo è una specie di Unione europea che avrà figli e figliastri, ma nulla è ancora deciso. Ieri al vertice c’era anche Zelensky a rivendicare per l’Ucraina un posto nella famiglia Ue: non ritiene giusto attendere altri cinque anni per l’ingresso previsto nel 2030, Kiev dovrebbe entrare a far parte dell’Ue “appena finisce la guerra”, “sarebbe giusto” e con “gli stessi diritti degli altri” senza restrizioni, a pieno titolo: “Non si può essere un mezzo membro dell’Ue”.