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 2025  novembre 05 Mercoledì calendario

Il Garante per la privacy ci costa 50 milioni l’anno: stipendi da 250 mila euro per ciascun componente

Dimettersi, certo. E chi garantisce al Garante la bellezza di 250 mila euro l’anno di compenso, più 5 mila euro al mese di rimborso per stare a Roma? In sette anni di mandato sono 1,7 milioni di euro per ciascuno dei quattro componenti nominati dalla politica. Una fortuna per loro, ma una briciola dei 50 milioni di euro l’anno, tutti provenienti dal ministero dell’Economia, che costa ai contribuenti italiani il Garante che tutela la loro privacy, autorità “indipendente” sulla carta che dipende invece dai partiti – come ha mostrato la sanzione a Report e altri – e dal Tesoro che la finanzia interamente.
Proprio i costi del Garante compaiono anche nell’anticipazione della prossima puntata di Report: i membri del Collegio con i trolley a Fiumicino, in partenza per una missione in Canada. Le email interne raccontano il resto: la vicepresidente Ginevra Cerrina Feroni chiede di sostituire i biglietti “in economy” con la business class, appoggiata da Agostino Ghiglia – “Abbiamo sempre viaggiato così”.
Dal 2022 le spese di rappresentanza sono decuplicate, oggi oltre 400 mila euro l’anno, in gran parte per viaggi e trasferte. La clip si chiude con la voce di Report: “Un’Autorità indipendente, ma che vola solo in business class”. Nei bilanci consuntivi e preventivi approvati il 29 aprile 2025 emerge uno squilibrio strutturale: l’84% della spesa corrente – oltre 36 milioni su 41 – serve a pagare stipendi e indennità. Tutto il resto – beni, servizi, missioni, affitti e informatica – si divide il 15% scarso, mentre gli investimenti non arrivano allo 0,5%. E dall’altra parte non c’è alcuna autonomia finanziaria: zero entrate proprie, appena 1.500 euro di diritti di segreteria, contro oltre 50 milioni trasferiti dal Tesoro. Nel 2024 l’Autorità ha chiuso con un avanzo di 9,4 milioni, non per virtù gestionale ma per le assunzioni bloccate previste dal decreto 139/2021. Quando saranno completate, quell’avanzo servirà a coprire i nuovi stipendi e senza rifinanziamento del Tesoro, che va a singhiozzo, il Garante andrà in rosso.
Un paradosso contabile però salta agli occhi: nei bilanci ufficiali c’è una giacenza di cassa di oltre 95 milioni di euro accumulata in anni di trasferimenti statali non spesi. Soldi veri, ma vincolati e inutilizzabili per la spesa corrente. Sono residui di esercizi precedenti, accantonati come fondo di riserva o destinati a impegni futuri. Così, mentre chiede al Mef nuovi fondi per rafforzare il personale, tiene bloccata una montagna di denaro pubblico che non può toccare. Non mancano le voci curiose: 10 mila euro di “generi alimentari”, 20 mila per materiale informatico, 74 mila per beni di consumo, e 5.919 euro per “astucci porta-cellulari” offerti ai carabinieri in cambio dell’uso della caserma di Tor di Quinto per i concorsi pubblici. Una permuta che riassume il paradosso: un’autorità che baratta gadget per caserme e indipendenza per un bonifico del Tesoro.
A queste spese si aggiungono 1,3 milioni di euro per “organi e incarichi istituzionali”: compensi. Il presidente Pasquale Stanzione, 78 anni, incassa 240 mila euro, più del Capo dello Stato Sergio Mattarella, che nel 2022 si è ridotto lo stipendio a 180 mila euro. E poi stipendi generosi anche per i 162 dipendenti: una media di costo da 210mila euro lordi annui. Il bilanscio preventivo lo conferma in controluce: 46,6 milioni di trasferimenti dal Mef previsti per l’anno successivo e la solita cifra simbolica di entrate proprie, segno di una dipendenza totale dalla finanza pubblica.

La Corte dei Conti, già in passato, ha segnalato un uso frequente di affidamenti diretti sotto soglia e acquisti fuori Consip, spesso per eventi e forum di immagine: una macchina che spende per partecipare a convegni e per viaggiare, mentre l’attività vera resta nelle mani di quattro persone. Perché alla fine le decisioni si prendono sempre lì, nel Collegio: quattro nominati, scelti secondo equilibri politici, che deliberano su sanzioni e provvedimenti con un potere opaco e concentrato. Il Garante è così un piccolo ministero senza portafoglio: rigidità al 99,7%, margini nulli e un avanzo che supera un’intera annualità di trasferimenti. Un’Autorità che predica trasparenza ma decide tutto in quattro, chiusi nella stessa stanza. Diversamente “indipendente” dai partiti che l’hanno resa a loro immagine. E ben nutrita dal Tesoro.