Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 04 Martedì calendario

Come altre invenzioni spagnole la paella, la sangria o Don Chisciotte Julio Iglesias non sembrava destinato al successo

Come altre invenzioni spagnole la paella, la sangria o Don Chisciotte Julio Iglesias non sembrava destinato al successo. Eppure, a 82 anni, è tra i dieci artisti più ricchi del mondo e come Madonna ed Elton John, ha venduto più di 300 milioni di dischi, quando ancora bisognava comprarli nei negozi. E lo spagnolo piu famoso del XX secolo dopo gli artisti Dali e Picasso, ed è considerato il padre della musica latina internazionale. Provare antipatia per Iglesias sarebbe come odiare i delfini: se si ascolta al momento giusto Se mi lasci non vale, gli si perdona qualsiasi cosa. Lo hanno imitato in tanti, persino Jerry Calà che cantava «Bacia tutta la mia pelle, si può arrivare fino alle stelle», cercando di sedurre Stefania Sandrelli in Vacanze di Natale.
«Ha avuto tremila flirt e ha vissuto una delle più frenetiche e divertenti vite degli ultimi 80 anni», racconta Ignacio Peyró, direttore dell’Instituto Cervantes di Roma, che gli ha dedicato un libro appena uscito, Carisma (Ponte alle Grazie). «Ho voluto leggere la storia spagnola attraverso la sua biografia», spiega, «lui è stato sempre sottovalutato come un prodotto kitsch della cultura popolare, ma anche Don Chisciotte all’inizio era popolare e oggi è un classico».
LA GENERAZIONE
Dopo il franchismo, nelle automobili degli spagnoli non poteva mancare una cassetta con la musica di Iglesias, icona di una generazione che si stava trasformando a tutta velocità, mentre lui cantava ballate d’amore con la mano sul petto. Il suo sorriso bianchissimo ha avuto il potere di mettere d’accordo tutti: il suo business era quello della felicità, non c’era posto per rabbia o malumore. «Insieme al Real Madrid, è stato l’unica espressione culturale capace di trascendere le classi sociali», aggiunge Peyró. Altri cantanti avrebbero voluto cambiare il mondo, lui no. In lui c’era la voglia di successo, ma anche il machismo allegro, il lusso ostentato e l’abbronzatura perenne.
Quando irruppe sulla scena alla fine degli anni ’60, le parole d’ordine erano controcultura, avanguardia e ricerca estetica. Ma Julio non si unì al movimento: invece dei fiori tra i capelli, indossava giacca e cravatta. «Si isolava dal suo tempo e questo gli ha permesso di durare, non ha mai sentito la necessità di sembrare contemporaneo, con i suoi abiti bianchi e l’espressione di uno che se ne fregava di tutto», racconta l’autore.
LA VOCE
Non aveva la voce migliore, non era il più bello, non ballava, componeva a malapena e non suonava. Non era il nuovo Leonard Coehn e forse, neanche a X Factor avrebbe superato il primo turno. Il suo segreto è stato un mix di lavoro instancabile, seduzione e carisma innato. Più che un interprete, è stato un seduttore: Iglesias non cantava, incantava.
Secondo Peyró, è stato anche una sorta di Forrest Gump gitano che ha attraversato i momenti più importanti della storia di Spagna. È diventato famoso durante il tardo franchismo e poi ha cantato nella prima notte elettorale della democrazia nel 1977. La separazione dalla moglie, Isabel, fece scalpore prima della legalizzazione del divorzio, come pure il rapimento del padre da parte dei terroristi dell’Eta. Quando, per la prima volta – dopo la lunga egemonia del centrosinistra di González – vinse Aznar, c’era lui dietro a supportarlo.
IL SESSO
«Con le donne era sfacciato e poco prima del matrimonio fece un tour in quarantuno città spagnole, con quarantuno fidanzate diverse». Per spiegare la sua esuberanza sessuale, Peyró ricorda uno degli episodi più drammatici della vita di Iglesias, la lunga convalescenza a vent’anni per un tumore che rischiava di ucciderlo. «Julio era un sopravvissuto e questo potrebbe avergli generato una sensazione di vitalità repressa, che ha voluto recuperare». Ma il pubblico non lo ha mai punito, neanche in questi anni di cancel culture. «Non era un ipocrita», aggiunge, «fin dall’inizio si era presentato cantando Sono un pirata, sono un signore. E le fan bussavano strillando a ogni ora alla sua porta: “Hai finito? E il mio turno!”. Nonostante l’intensa vita sentimentale, non è mai stato accusato di molestie: era un latin lover, non uno stallone». Pare che solo Barbra Streisand e Diana Ross gli abbiano detto di no.
IL PRIMATO
La scelta di andare nel 1979 in Florida è stata la mossa davvero vincente della sua carriera. Fu il primo a cantare in spagnolo alla televisione americana, diventando ambasciatore della latinità. Con le sue Rolls-Royce madreperla incarnava il sogno di felicità della classe media, anticipando lo stile estetico del telefilm anni Ottanta, Miami Vice. «Tutte le popstar latinoamericane gli devono qualcosa. È anche diventato amico di Ronald Reagan e Bill Clinton, ma non di Donald Trump, da lui considerato ispanofobo», dichiara l’autore.
L’EREDE
Dopo il trionfo internazionale, il ritorno in patria nel 1984, accolto come un re. Eppure, negli anni successivi, non è stato facile fargli accettare che per le nuove generazioni l’Iglesias per antonomasia non fosse più lui, ma il figlio Enrique in vetta alle classifiche. «Per Julio, la carriera e il desiderio di successo venivano prima di tutto, famiglia compresa. È stato un grande egoista, come tanti altri artisti», aggiunge Peyró che non ha dubbi quando gli si chiede un italiano a cui si possa paragonarlo: «A un altro narcisista patologico: Berlusconi. Durante la sua omelia si disse che in lui c’erano desiderio di vita, d’amore e di gioia e così è stato per Iglesias». E ora che si è ritirato in un’isola dobbiamo ringraziarlo per la leggerezza che ci ha regalato, lasciandoci abbandonare al sentimento, sognando le colline di Bel Air e le brezze di Miami.