repubblica.it, 4 novembre 2025
I paletti dell’ex Sant’Uffizio sulla devozione alla Madonna: "Non è parafulmine alternativo a Dio"
Non un “parafulmine” di fronte alla giustizia del Signore, “come se Maria fosse un’alternativa necessaria all’insufficiente misericordia di Dio”, non un “distributore di beni o di energie spirituali”, non insomma una sorta di deessa, ma la madre di Gesù e della Chiesa, che ha cooperato, sì, alla salvezza dell’umanità, ma non in competizione con Gesù bensì aiutandolo nella sua missione redentrice. Scende in campo l’ex Santo Uffizio, con una “nota dottrinale su alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza”, per fare chiarezza su alcuni appellativi attribuiti dalla devozione popolare e dalla fantasia di alcuni veggenti alla Madonna, da ultimo rilanciati “intensamente” dalle “piattaforme mediatiche”, che rischiano di propagare una teologia distorta e seminare “dubbi nei fedeli più semplici”.
Spiegare la Madonna
Il dicastero per la Dottrina della fede, guidato dal cardinale prefetto Victor Manuel Fernandez e dal monsignore segretario Armando Matteo, si è già occupato a fondo della Madonna, approvando o bocciando negli ultimi anni svariate apparizioni vere o presunte in giro per il mondo, non da ultimo a Medjugorje. Ora con il documento “Mater Populi fidelis”, che viene presentato questa mattina alla Curia generalizia dei gesuiti, mette i paletti su alcuni titoli diffusi quanto problematici, e in particolare: Maria corredentrice, mediatrice, madre dei credenti e madre della grazia.
Corredentrice addio
Il verdetto su Maria corredentrice è negativo in modo netto. Secondo una veggente olandese di metà Novecento addirittura la Madonna le apparve, ad Amsterdam, per chiedere ai Papi di proclamare un nuovo dogma mariano in merito (oltre ai quattro dogmi già esistenti: Maria Madre di Dio, la perpetua verginità, l’Immacolata Concezione e l’Assunzione in cielo). Dei Pontefici moderni solo Giovanni Paolo II la utilizzò, “almeno in sette occasioni”, Benedetto XVI aveva dato parere negativo, già da cardinale, Francesco si oppose fermamente: “La Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo”. Ora l’ex Santo Uffizio chiarisce, una volta per tutte, che “considerata la necessità di spiegare il ruolo subordinato di Maria a Cristo nell’opera della Redenzione, è sempre inappropriato usare il titolo di Corredentrice per definire la cooperazione di Maria. Questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana”. E “quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente. In questo caso, non aiuta ad esaltare Maria come prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione e della grazia, perché il pericolo di oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza, l’unico capace di offrire al Padre un sacrificio di infinito valore, non costituirebbe un vero onore alla Madre”.
La necessaria prudenza
Meno netto, ma non meno acuminato, il giudizio sul titolo di Maria “mediatrice”: anche in questo caso, ricorda il dicastero vaticano, nel corso della storia c’è chi ha provato, senza successo, a chiedere la proclamazione di un nuovo dogma mariano. Ma “l’espressione biblica che fa riferimento alla mediazione esclusiva di Cristo è perentoria. Cristo è l’unico Mediatore”. E “dinanzi a questa chiarezza della Parola rivelata, è necessaria una speciale prudenza nell’applicare a Maria tale titolo di Mediatrice. Di fronte alla tendenza ad ampliare la portata della cooperazione di Maria, partendo da questo termine, è opportuno specificarne sia la preziosa portata sia i limiti”. Perché “quando ci sforziamo di attribuirle funzioni attive, parallele a quelle di Cristo, ci allontaniamo da quella bellezza incomparabile che le è propria”.
Fede e parafulmini
Vengono passati ai raggi X anche altri due titoli relativi alla maternità di Maria. Quanto a “madre dei credenti”, “nella sua maternità”, scrive la Dottrina della fede, “Maria non è un ostacolo posto tra gli esseri umani e Cristo; al contrario, la sua funzione materna è indissolubilmente legata a quella di Cristo e orientata a Lui. Così intesa, la maternità di Maria non pretende indebolire l’adorazione unica che si deve solo a Cristo, bensì stimolarla. Bisogna quindi evitare titoli ed espressioni riferiti a Maria che la presentino come una specie di “parafulmine” di fronte alla giustizia del Signore, come se Maria fosse un’alternativa necessaria all’insufficiente misericordia di Dio”.
Il nodo di “tutte le grazie”
Inoltre “vale la pena notare come certe espressioni, che possono essere teologicamente accettabili, si caricano facilmente di un immaginario e di un simbolismo che trasmettono, di fatto, altri contenuti, meno accettabili. Ad esempio, Maria viene presentata come se avesse un deposito di grazia separato da Dio, dove non si percepisce così chiaramente che il Signore, nella sua onnipotenza generosa e libera, ha voluto associarla alla comunicazione di quella vita divina che scaturisce da un unico centro, che è il Cuore di Cristo, non Maria”. E “dato che Maria è piena di grazia e che il bene tende sempre a comunicarsi, facilmente si forma l’idea di una sorta di “debordamento” della grazia che Maria possiede, cosa che può avere un significato adeguato solo se non contraddice” il fatto che “Dio è l’unico Salvatore, il quale applica esclusivamente i meriti di Gesù Cristo, gli unici necessari e completamente sufficienti per la nostra giustificazione. Maria non sostituisce il Signore in nulla che Lui non faccia (non toglie) né lo completa (aggiunge)”. In particolare, “alcuni titoli, come per esempio quello di Mediatrice di tutte le grazie, hanno dei limiti che non facilitano la corretta comprensione del ruolo unico di Maria. Difatti, lei, che è la prima redenta, non può essere stata mediatrice della grazia da lei stessa ricevuta”. Questo titolo, dunque, “corre il rischio di presentare la grazia divina come se Maria si convertisse in un distributore di beni o di energie spirituali, senza un legame con la nostra relazione personale con Gesù Cristo”.
Veggenti e social media
La questione dei titoli di Maria, spiega in introduzione il cardinal Fernandez, ha suscitato “preoccupazioni presso gli ultimi Pontefici” e il testo pubblicato oggi “chiarisce in che senso sono accettabili o meno alcuni titoli ed espressioni riferiti a Maria”, con “una fedeltà profonda all’identità cattolica e, allo stesso tempo, un particolare sforzo ecumenico”. Se alcuni di questi appellativi sono diffusi tra i fedeli, “non si tratta di correggere la pietà del popolo fedele di Dio, che riscopre in Maria rifugio, forza, tenerezza e speranza”, puntualizza il prefetto dell’ex Sano Uffizio, ma “esistono alcuni gruppi di riflessione mariana, pubblicazioni, nuove forme di devozione e richieste di dogmi mariani che non presentano le stesse caratteristiche della devozione popolare ma che, in definitiva, propongono un determinato sviluppo dogmatico e si esprimono intensamente attraverso le piattaforme mediatiche, risvegliando, con frequenza, dubbi nei fedeli più semplici. A volte sono reinterpretazioni di espressioni impiegate nel passato con significati diversi. Perciò, il presente documento prende in considerazione tali proposte, per indicare in che senso alcune di esse rispondono a una devozione mariana genuina e ispirata al Vangelo, o in quale senso altre devono essere evitate, perché non favoriscono un’adeguata comprensione dell’armonia del messaggio cristiano nel suo insieme”.
Coreana, messicana, congolese, italiana
“Quanto detto”, precisa l’ex Santo Uffizio, “non offende né umilia Maria, perché tutto il suo essere è riferito al suo Signore”.ll dicastero responsabile dell’ortodossia cattolica sottolinea che “nel caso dei presunti fenomeni soprannaturali, che hanno già ricevuto un giudizio positivo da parte della Chiesa, dove ricorrano alcune delle espressioni o titoli come quelli summenzionati si dovrà tenere conto che ‘nel caso in cui venga concesso da parte del Dicastero un Nihil obstat (…), tali fenomeni non diventano oggetto di fede – cioè i fedeli non sono obbligati a prestarvi un assenso di fede’”. Quanto alla Madonna, scrive l’ex Santo Uffizio, “i volti molteplici di Maria – coreano, messicano, congolese, italiano e tanti altri – sono forme di inculturazione del Vangelo che riflettono, in ogni luogo della terra, ‘la tenerezza paterna di Dio’ che raggiunge le viscere dei nostri popoli”.