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 2025  novembre 04 Martedì calendario

Totò Cuffaro e le sue mille vite: l’ascesa, la caduta e la nuova risalita

Quando la Sicilia si è ritrovata stretta nella morsa della siccità, in un inferno di autobotti, recipienti e acqua che sembrava non bastare mai, lui ha affidato l’Isola alla Madonna. Era il 2007 e Totò Cuffaro era ancora il presidente della Regione, il primo ad essere eletto direttamente dai siciliani, un plebiscito di consensi nel 2001 con bis nel 2006, quando a sfidarlo senza successo era stata Rita Borsellino, sorella del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio nel luglio ’92.
La storia è andata poi diversamente. A fermare l’ascesa di Cuffaro sarà la condanna per favoreggiamento alla mafia. È il 22 gennaio 2011 quando dietro la sua schiena si chiudono le pesanti sbarre del penitenziario di Rebibbia. Ci resterà fino al 13 dicembre 2015, il giorno di Santa Lucia. Fino a stamattina. Quando Palermo si sveglia con una nuova richiesta d’arresto per Cuffaro, di nuovo coinvolto in un’indagine giudiziaria.
Il debutto era avvenuto nella Dc agrigentina, all’ombra dell’ex ministro Calogero Mannino (padre politico anche dell’altro indagato eccellente di oggi, Saverio Romano), poi una crescita elettorale caratterizzata dalla ricerca del voto porta a porta e dall’orgoglio democristiano. Resta negli archivi la partecipazione a una puntata riunita di Samarcanda e Costanzo Show sulla mafia, anno di grazia 1991, quando un giovanissimo Cuffaro prese la parola per dire che, accusando Salvo Lima, si stava infangano la migliore classe dirigente dell’Isola. Poi le elezioni all’Ars e alla guida della Regione, una parabola interrotta dal carcere.
Dopo gli anni a Rebibbia, il pallino per la politica non è venuto meno: è nell’ottobre 2020 che rifonda la Democrazia cristiana, in una guerra aperta con gli altri nostalgici della Balena bianca, con cui si contende il nome e il simbolo dello scudo crociato. Sin dagli albori della sua nuova creatura politica raccoglie proseliti e consensi, le sale delle sue iniziative politiche, molto spesso incentrate su diritti civili e stato di detenzione nelle carceri italiane, sono strapiene. La conferma che non si tratta soltanto della curiosità di rivedere l’ex governatore che ha scontato una pena di cinque anni per fatti di mafia, arriva dalle urne. Esattamente, nel 2022, quando la lista elettorale della Dc raggiunge il 6,5% delle preferenze, conquistando cinque scranni all’Assemblea regionale e piazzando due assessori nella giunta guidata da Renato Schifani, Andrea Messina alla Funzione pubblica e Nuccia Albano a cui viene affidata la delega alla Famiglia.
Al di qua dello Stretto, per Cuffaro ci sono praterie, cresce il gruppo all’Ars, centinaia di amministratori locali sposano il progetto, piazza sindaci nei Comuni minori, ma anche la sua pattuglia di consiglieri nelle nuove amministrazioni di Catania e Palermo.
Ma il “ponte” – fisico e politico – per oltrepassare lo Stretto, non c’è. Cuffaro ci prova alle Europee del 2024, ma alla fine le segreterie nazionali sono costrette a fare un passo indietro: Cuffaro è un alleato scomodo e divisivo, il rischio per i partiti è di perdere più consensi in termini di opinione, di quanti non ne aggiunga la Dc con i suoi candidati. Cuffaro cerca dapprima rifugio nelle liste della Lega, dove Matteo Salvini inizialmente apre, salvo poi essere frenato dai suoi. Tenta allora l’apparentamento con Forza Italia, che candiderà capolista Caterina Chinnici, figlia del giudice vittima della mafia, Rocco: sarà lei a mettere il veto sugli uomini di Cuffaro nella sua stessa lista. Il terzo tentativo arriva con Matteo Renzi, nella lista con +Europa. Lì il segretario nazionale della nuova Dc cercherà di piazzare il genero, Marco Zambuto, in passato renziano di ferro e già sindaco di Agrigento e assessore regionale in giunta con Rosario Crocetta. L’accordo sfuma al photofinish, il veto questa volta è dell’allora sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che su quella vicenda sancirà lo strappo con Emma Bonino.
Stavolta, lavorando alle prossime Politiche, aveva lavorato d’anticipo: a inizio ottobre la festa dell’Amicizia del suo partito organizzata nella roccaforte di Ribera, si era conclusa con la stretta di mano a Claudio Durigon, luogotenente di Salvini, che sanciva un rinnovato patto elettorale con la Lega. Non una scelta casuale: nessun accordo nel segreto di una stanza di partito, ma sul palco di Ribera davanti a una piazza strapiena, per fugare il rischio di nuove clamorose retromarce elettorali da via Bellerio.
Nel frattempo, Cuffaro lavorava già alle prossime regionali, anche pescando negli orticelli degli alleati, come per il ventilato passaggio di Luisa Lantieri, forzista eletta nel collegio di Enna. In una guerra fratricida in cui proprio ieri Saverio Romano aveva ufficializzato un asse con Raffaele Lombardo sulle amministrative di Enna, con l’obiettivo di arginare l’ascesa elettorale di Cuffaro. Non sapeva ancora che con il leader Dc, figlio politico di Calogero Mannino proprio come lui, avrebbe condiviso oggi una nuova grana giudiziaria.