il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2025
Suolo, l’agricoltura perde terreno per logiche speculative: peggior dato dal 2012
Per sopravvivere noi esseri umani dobbiamo nutrirci, per nutrirci dobbiamo produrre cibo, il cibo si produce solo grazie alle risorse naturali tra cui il suolo fertile. Ma noi il suolo lo stiamo da anni consumando scelleratamente, pur sapendo che è una risorsa non infinita. Lo studio 2024 dell’Ispra evidenzia una crescita del consumo di suolo del 15,6% rispetto all’anno precedente: il peggior saldo degli ultimi 12 anni.  Il suolo è riserva di biodiversità, sequestra enormi quantità di carbonio ed è necessario a regolamentare il ciclo dell’acqua. Senza suolo non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è cibo. La trave nel piatto è che stiamo mangiando il suolo costruendo edifici e infrastrutture sebbene abbiamo milioni di metri cubi di costruzioni abbandonate mentre la popolazione diminuisce. Ce lo mangiamo perché il suolo viene considerato fonte di profitto e non bene comune indispensabile alla sopravvivenza.
Ogni nuovo metro quadrato costruito porta soldi nelle casse degli enti locali, attraverso gli oneri di urbanizzazione, ma genera anche profitto per i soggetti privati coinvolti nella compravendita: si tratta di centri commerciali, nuovi enormi impianti fotovoltaici, giganteschi poli logistici ma anche data center. Oggi il suolo sigillato in Italia rappresenta il 7,17% del territorio italiano, quasi il doppio della media europea, nonostante solo il 23,2% dell’intero territorio nazionale è pianeggiante. Oggi è chiaro che la gestione del suolo e quindi della biodiversità, cioè della nostra sopravvivenza, non può essere sommessa a logiche speculative. Noi torniamo a chiedere che la politica faccia politica: serve una gestione attenta del terreno nell’ottica del bene comune: è vitale frenare il consumo di suolo agricolo; è urgente un censimento degli spazi commerciali di grande dimensione inutilizzati; deve essere prevista l’ottimizzazione degli spazi destinati agli impianti fotovoltaici sulle coperture delle strutture già esistenti, salvaguardando il terreno fertile; deve essere introdotta con coraggio e convinzione la restituzione al loro stato naturale delle aree abbandonate, nella pianificazione urbanistica ed energetica. Oggi è urgente che in termini di consumo di suolo siano assunte decisioni che ne blocchino lo sfruttamento a favore della rigenerazione del suolo stesso, degli spazi pubblici e degli ecosistemi.