Il Messaggero, 2 novembre 2025
Un "occhio" tech contro le cadute. L’idea di un 13enne per i nonni
Kevin Tang ha tredici anni e frequenta la terza media alla Cedarlane Academy di Hacienda Heights, un quartiere di classe media a sud di Los Angeles. Niente scuole d’élite, nessun laboratorio avveniristico, solo una normale scuola pubblica californiana. Eppure quest’anno Kevin ha vinto il titolo di “America’s Top Young Scientist” e un premio da 25.000 dollari con FallGuard, un sistema che potrebbe davvero salvare vite. L’idea gli è venuta dopo uno choc in famiglia, quando la nonna era caduta in casa e aveva battuto la testa. I soccorsi per Sally erano arrivati troppo tardi, e la donna aveva riportato danni cerebrali che le avevano rovinato la vita. Nello stesso periodo, un compagno di classe di Kevin aveva perso il nonno in circostanze simili. Kevin ha iniziato a osservare come sua nonna si muovesse dopo l’incidente, con piccoli passi incerti tra la cucina e il salotto, una mano sempre sul bordo del tavolo: «Mi sono accorto che il pavimento non era il problema – racconta -, ma la paura di cadere e di restare a terra dimenticata». Da lì è partito tutto.
FallGuard combina telecamere economiche e un algoritmo di intelligenza artificiale capace di rilevare una caduta, identificare il corpo a terra, eventuali posture anomali o assenza di movimento coerente. Quando il sistema percepisce le anomalie (è in grado di farlo anche al buio), manda un avviso in tempo reale ai familiari o ai soccorritori. Non è necessario premere pulsanti o chiedere aiuto a voce: il margine d’azione si apre automaticamente quando può ancora fare la differenza. «Volevo che mia nonna si sentisse di nuovo sicura in casa sua», dice Kevin con semplicità. Diverse aziende lo hanno già contattato per portare il dispositivo sul mercato globale. La sua risposta è stata chiara: sì, ma a un costo che tutti possano permettersi, che sia contenuto fra i 30 e i 90 dollari.
Il concorso “M Young Scientist Challenge” esiste da oltre vent’anni ed è diventato qualcosa di più di una competizione. È un punto di passaggio. Guardare l’albo dei vincitori significa vedere dove sono finite quelle intuizioni adolescenti: alla Nasa, in università di primo livello, in startup tecnologiche che oggi cambiano interi settori, a riprova di quel che succede quando dai spazio e risorse a ragazzi che hanno qualcosa da dire. Kevin Tang viene da Hacienda Heights, non da Silicon Valley. La sua scuola è pubblica, il suo quartiere è di normale classe media. Eppure ha fatto qualcosa che conta.
LE EDIZIONI PASSATE
Tra i vincitori delle edizioni passate, ad esempio, c’è Gitanjali Rao, che nel 2017, a quattordici anni, aveva creato Tethys, un dispositivo portatile ed economico per rilevare il piombo nell’acqua potabile. Un problema serio, una soluzione semplice. Oggi Gitanjali studia all’MIT, è stata nominata Time Kid of the Year nel 2020 ed è entrata nella lista Forbes 30 Under 30. Nel 2012 Alek Karklis, appena dodicenne, aveva inventato un sistema di filtraggio dell’acqua fatto con gusci d’uovo, perfetti per rimuovere gli inquinanti. Niente tecnologia sofisticata, ma materiali sostenibili, a basso costo, per affrontare problemi ambientali complessi. Un esempio perfetto di come l’ingegno possa fare più di budget milionari.
Come si vede, si tratta sempre di progetti concreti per problemi reali. Il “3M Young Scientist Challenge” non è solo un concorso: è un vero incubatore di talento, un posto dove le idee dei ragazzi vengono prese sul serio. Kevin ha lavorato per mesi al suo sistema: prove, codici da correggere, notti davanti al computer. Niente di eroico, solo la tenacia di chi ha visto qualcuno soffrire e ha deciso di fare qualcosa: «Spero di lavorare come ingegnere o scienziato ha confessato al momento del premio -. Voglio creare tecnologia che aiuti le persone nella vita quotidiana». Una frase semplice, che dice molto della cultura in cui è cresciuto.
Negli Stati Uniti, l’idea che la scienza serva subito, nel quotidiano, nelle case, nei problemi di tutti i giorni, è stata finora una nozione che ha attraversato generazioni. Dai piccoli chimici degli anni Cinquanta ai giovani programmatori di oggi, c’è sempre stata la convinzione che non sia indispensabile aspettare di essere adulti per provare a risolvere qualcosa, e che si possa iniziare da una cucina, da un garage, da un’aula di scuola media.