ilfattoquotidiano.it, 2 novembre 2025
Regione Lazio, proteste per la legge sulla famiglia che tutela il nascituro dal concepimento: “Attacco all’aborto”
È partita quasi in silenzio, ora infiamma il confronto politico e civile nella Regione Lazio. La proposta di legge 207/2025 – “Interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica” – punta a ridisegnare l’intero sistema delle politiche familiari regionali. È firmata dalla assessora Simona Baldassarre in quota Lega e vicina alle associazioni ultracattoliche CitizenGo e Family Day. Adottata a maggio dalla giunta del fratello d’Italia Francesco Rocca, è tornata in commissione dopo l’estate, prima di approdare nel Consiglio per il voto finale.
Sostegno alla famiglia, come “società naturale”
Un intervento ampio, 27 articoli, che la maggioranza descrive come un passo decisivo per “contrastare il calo demografico” e “rafforzare la famiglia come soggetto centrale della società civile”. Un testo che opposizioni e associazioni (incluse quelle femministe) definiscono “ideologico”, “pericoloso” e in “contrasto” con norme nazionali. Il documento parla di famiglia come “società naturale e pilastro fondamentale per l’accoglienza, l’assistenza e l’educazione dei figli”, valorizza “reti sociali territoriali” e “famiglie attive”, introduce il progetto “Maternità fragile” e la “Carta Famiglia del Lazio”, incentiva strumenti di conciliazione vita-lavoro, fino al sostegno ai nidi domestici, all’istruzione parentale e alla “riconciliazione familiare”. Tutti però, denunciano le associazioni, rivolti a un unico modello di famiglia. Quella tradizionale, con madre e padre uniti nel matrimonio.
Il nascituro come soggetto giuridico
La tensione si concentra soprattutto su un punto: la tutela del nascituro già nel grembo materno. Il testo recita testualmente: “Salvaguardare la gravidanza e il nascituro dal momento del concepimento al parto” e prevede “la promozione di servizi atti a soddisfare le esigenze, anche di ordine psicologico, delle donne e a migliorare le condizioni socioeconomiche delle stesse, soprattutto laddove rappresentino la causa primaria della volontà di interruzione della gravidanza”. In questo quadro, anche i nascituri entrano nel conteggio dei figli, con misure economiche e percorsi dedicati. Un’impostazione che – secondo opposizione, associazioni femministe e operatori sanitari ascoltati in audizione – rischia di confliggere con la normativa nazionale: la capacità giuridica, ricorda il codice civile, si acquisisce solo alla nascita.
Ma per i consiglieri regionali Pd Marta Bonafoni, Massimiliano Valeriani e Rodolfo Lena, il nodo è politico prima ancora che tecnico: “Si viola la legge 194 attaccando a tutto campo il diritto delle donne di autodeterminare il proprio corpo subordinandolo a quello del nascituro. E si colpiscono tutte le famiglie ‘diverse’ rispetto al modello uomo-donna”. La proposta, aggiungono, “privilegia l’associazionismo familiare, quasi in sostituzione del pubblico, sempre più esautorato”.Critiche arrivano anche dal Movimento 5 stelle. “Ho già presentato un’interpellanza parlamentare per chiedere al Governo di intervenire”, ha dichiarato la deputata Gilda Sportiello, definendo il provvedimento “in contrasto con le competenze statali sull’ordinamento civile”.
La giunta rivendica invece una visione coerente con la Costituzione: “Mettiamo al centro la famiglia e il sostegno alla natalità”, spiegano fonti della maggioranza, sottolineando che l’obiettivo è “rafforzare i servizi, non indebolirli” e “offrire nuove opportunità alle donne che scelgono di diventare madri”. Per l’esecutivo regionale, la legge “non tocca” la 194: “Si vuole solo garantire alternative e sostegni a chi è in difficoltà”.
Le associazioni: “Un attacco alla legge sull’aborto”
Sul versante delle associazioni, il fronte del dissenso è ampio. “Parlano di tutelare il nascituro dal concepimento al parto, ma il nascituro, secondo il codice civile, deve nascere per avere personalità giuridica. È un chiaro attacco alla legge 194/78” denuncia il Coordinamento delle assemblee delle donne dei consultori. Le critiche non si fermano: “Si parla di scuola parentale denigrando la scuola pubblica; si relegano le donne al ruolo di madri-incubatrici; si ignora l’esistenza di famiglie LGBTQIA+, monogenitoriali, con persone disabili”. Il gruppo Non Una di Meno, sezione di Roma, va giù ancora più dura: “Si tenta di vanificare le conquiste di 50 anni di lotte transfemministe: si considera famiglia solo quella tradizionale firmata da uomo e donna e si offrono benefit, ricattabili e strumentali, a chi non abortisce”.
Educazione affettiva solo con il consenso informato
A riaccendere lo scontro interviene anche la questione dell’educazione affettiva nelle scuole, già protagonista a livello nazionale con il ddl valditara. All’articolo 2 della proposta di legge regionale, il testo prevede di “sostenere il diritto dei genitori di scegliere i percorsi educativi ritenuti più adeguati per i propri figli, anche attraverso la prassi del consenso informato”. Per le associazioni di categoria è un possibile freno all’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Per la maggioranza, invece, è “un principio di libertà educativa”.
Oltre ai contenuti, pesa l’impostazione: i riferimenti alla “famiglia” sempre al singolare, la marginalità del concetto di genitorialità, la mediazione familiare proposta come strumento quasi universale, nonostante la Convenzione di Istanbul ne vieti l’uso nei casi di violenza domestica. Del resto, ricorda l’ufficio stampa del Consiglio regionale, “tutte le associazioni intervenute, nell’ultima audizione, hanno espresso un giudizio di netta contrarietà”, parlando di “irricevibilità”, “arretratezza” e “pericolosità” della legge.
La maggioranza però tira dritto, forte del sostegno delle associazioni Pro Vita&Famiglia e cattoliche: la discussione sul testo entrerà ora nella fase decisiva, prima di approdare in Aula. Nel frattempo, fuori dalla Pisana, monta la mobilitazione: “Scenderemo in piazza, lotteremo per i diritti già ottenuti con la lotta” promettono dal Coordinamento dei consultori.