il Fatto Quotidiano, 2 novembre 2025
Porno e minori, il boom delle “scappatoie”
L’allarme è, ça va sans dire, rosso. D’altronde di luci rosse si tratta. Tra dieci giorni entra in vigore anche in Italia, come in Francia e nel Regno Unito, l’obbligo di verifica dell’età degli utenti che si collegano ai siti porno: per accedere ai contenuti vietati ai minori occorrerà dimostrare di essere maggiorenni. Dovrebbe essere lapalissiano, ma non lo è affatto. Fatta la norma, pubblicato l’elenco dei siti obbligati a rispettarla, in attesa dell’app europea che creerà token digitali da usare tramite terzi per attestare la maggiore età, c’è già chi sul web offre servizi per dribblarla. O almeno provarci.
Che i siti porno attraggano frotte di minori (ma non solo) è l’unico dato certo. Su circa 5 milioni e mezzo di italiani tra gli 8 e i 16 anni che hanno uno smartphone, solo un quarto è controllato dai genitori con il parental control che blocca i contenuti per adulti. Così rilevazioni del Cnr attestano che l’88% degli adolescenti e il 40% delle teenager guarda video porno sul web. Un gigantesco problema di educazione sessuale e di genere perché il porno veicola quasi sempre l’idea di dominio maschile. L’Italia ha varato una norma che incrocia le regole tecniche dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) che attuano il “decreto Caivano” sulla tutela dei minori online con l’articolo 28 della legge europea sui servizi digitali (Digital Services Act). A chi non si adegua l’Agcom può bloccare il sito fino all’adempimento.
Poiché l’obbligo di verifica dell’età è collegato ai siti visibili in Italia e a chi vi si connette dall’Italia, sul web spuntano le pubblicità di sistemi di anonimizzazione del proprio Ip, l’indirizzo web dei device che consente di localizzare l’utente. Sono sistemi di “onion routing”, cioé di connessione “a cipolla” tra “strati” differenti di server. Come Tor, una rete decentralizzata, gratuita e open-source che instrada il traffico su una serie di tre server gestiti da volontari in tutto il mondo, crittografando i dati a più livelli per garantire l’anonimato. O come le Virtual Private Network (Vpn) che stabiliscono connessioni private tra il dispositivo dell’utente e un server remoto, creando un “tunnel” crittografato che protegge i dati e nasconde l’indirizzo Ip reale. Quest’anno il giro d’affari mondiale delle Vpn dovrebbe arrivare a 60 miliardi, diviso a metà tra clienti privati e professionali.
Ecco perché sul web appaiono messaggi come “il modo più semplice per evitare la verifica dell’età online è usare una Vpn. In questo modo puoi far sembrare che stai navigando da un Paese in cui queste restrizioni non esistono. Scegli un servizio premium come il nostro che dispone dei server giusti e al momento offre fino al 74% di sconto. Scarica e installa l’app. Connettiti a un server negli Usa o in Canada. Accedi al sito desiderato: i blocchi o le richieste di verifica non dovrebbero più comparire”. In Francia e in altri Paesi che adottano già la verifica dell’età l’uso delle Vpn è esploso. Ma il risultato non è garantito: alcuni siti individuano Tor e Vpn e bloccano l’accesso. Vi sono poi problemi di sicurezza, perché le aziende che gestiscono le Vpn potrebbero intercettare informazioni sensibili.
Chissà cosa avrebbe pensato di queste regole un pornografo difensore delle libertà individuali come Larry Flint. Di sicuro, però, i proibizionismi non hanno mai vita facile e creano le basi per mercati paralleli fiorenti e spesso gestiti dalla criminalità.