La Stampa, 2 novembre 2025
Terre rare, l’Ue respira: "La Cina ha sospeso il divieto all’export"
Enorme sospiro di sollievo per le industrie europee: la Cina ha sospeso le ultime restrizioni sull’export di terre rare. I materiali cruciali per elettronica, tecnologia green e difesa non saranno sottoposti ai controlli aggiuntivi introdotti a inizio ottobre. L’annuncio, dato dal commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic dopo un colloquio con alti funzionari del governo cinese, segna una rilevante distensione. Il passo indietro di Xi Jinping è arrivato dopo il vertice di Busan con Donald Trump, che ha portato a un’agognata tregua nella guerra commerciale tra le due prime economie mondiali. Pechino ha chiarito che la sospensione di un anno del nuovo sistema di licenze governative si applica anche ai Paesi dell’Ue, non solo agli Usa.
La misura, che si applica retroattivamente ai controlli introdotti a ottobre, è stata definita da entrambe le parti come «un passo responsabile» per garantire la stabilità dei flussi commerciali in un settore strategico per la transizione verde e la sicurezza industriale europea. Una svolta importante, vista l’enorme ansia che si era diffusa nelle scorse settimane nel tessuto industriale. L’Ue importa oltre l’85% delle sue terre rare dalla Cina, ma per alcune di queste risorse si supera abbondantemente anche il 90%. Basti pensare ai magneti permanenti, fondamentali sia per la mobilità elettrica sia per i sistemi di armamento come i jet da combattimento: il 94% proviene dalla potenza asiatica. Non solo: l’Europa dipende quasi interamente da Pechino per la raffinazione e la lavorazione dei materiali. Numeri che fanno capire la paura con cui era stato accolto l’ultimo pacchetto di restrizioni, che imponeva requisiti di licenza anche su prodotti stranieri contenenti più dello 0,1% di terre rare cinesi. Di fatto, una ricostruzione delle regole che trasforma il vantaggio delle risorse in influenza tecnologica.
Oltre alla sospensione di queste misure, Pechino e Bruxelles hanno concordato di lavorare insieme su un meccanismo di licenze semplificate, con l’obiettivo di ridurre le divergenze e garantire un flusso regolare di minerali fondamentali per la produzione di veicoli elettrici, turbine eoliche, batterie e semiconduttori.
Le ricadute positive della tregua tra Xi e Trump non si fermano qui. In cambio dello stop alle ultime restrizioni cinesi sulle terre rare, Washington ha infatti rinviato di un anno il pacchetto di restrizioni sull’export (in particolare di software tecnologici) annunciato lo scorso 29 settembre, che prevedeva un ampliamento delle misure contro le affiliate delle aziende cinesi sotto sanzioni. Con effetti rilevanti sulle catene di approvvigionamento delle Big Tech cinesi. Proprio a causa di quella norma, il governo olandese ha commissariato la società di chip Nexperia (controllata dal gruppo cinese Wingtech Technology), assumendone il controllo diretto per ragioni di «sicurezza nazionale». Pechino ha risposto imponendo un blocco alle esportazioni di componenti e chip prodotti negli stabilimenti cinesi dell’azienda, con ripercussioni immediate sulle catene produttive europee, in particolare sull’automotive. Da settimane, le case automobilistiche europee – tra cui Volkswagen, Bmw e Volvo – paventano possibili stop alla produzione. Ma ora, congelate le restrizioni americane alla radice della crisi, il ministero del Commercio cinese ha annunciato di valutare esenzioni al divieto di esportazione verso alcune imprese «in difficoltà», compresa Nexperia. «Un segnale molto positivo», dice la Germania, anche se dai Paesi Bassi si chiarisce che sono ancora in corso colloqui per trovare «una soluzione che ristabilisca la catena di approvvigionamento dei chip».
A ogni modo, Bruxelles sta cercando di ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi, diversificando le fonti attraverso nuove partnership con Australia, Canada e Groenlandia. Con l’obiettivo di trovare un
equilibrio per non perdere competitività globale.