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 2025  novembre 02 Domenica calendario

Due italiani su tre bocciano la finanziaria. D’accordo solo il 20%: elettori della Lega delusi

Ogni autunno, puntuale come le foglie che cadono, arriva la manovra economica e, ogni volta altrettanto puntuale, si ripete la stessa scena: il governo la presenta come “equilibrata”, “responsabile”, “utile per la crescita”, mentre la maggioranza degli italiani la accoglie con un misto di diffidenza e rassegnazione. Dietro le cifre e i tecnicismi, la percezione comune è sempre la stessa: la paura di non ricevere nulla, di non vedere cambiamenti reali nella propria vita quotidiana. È come se si fosse sedimentata nel Paese una certezza amara: al di là dei proclami e degli slogan, poco o nulla cambierà o, forse, ci sarà l’aumento del costo delle sigarette e delle accise dei carburanti –sponsorizzate dietro il richiamo alla salute-.
Da anni le principali priorità dei cittadini restano le stesse: il carovita, il potere d’acquisto eroso, salari non adeguati, una sanità pubblica sempre più lenta, segnata da liste d’attesa interminabili e il tema sempre vivo del lavoro con tutte le sue declinazioni… è proprio su questi temi che il cittadino desidera delle risposte e, anche quest’anno come molti in precedenza, molti hanno la sensazione che le risposte non siano all’altezza. Secondo un sondaggio di Only Numbers, il 66,9% degli italiani ritiene che le misure previste nella nuova manovra non siano adeguate a contrastare questi problemi strutturali e andrebbero potenziate. È un giudizio trasversale: lo afferma il 74,2% degli elettori delle opposizioni, ma anche il 54,7% di quelli che sostengono la maggioranza. Colpisce, in particolare, il dato relativo agli elettori della Lega, tra i quali quasi sette su dieci (68,2%) si dicono insoddisfatti.
Soltanto il 17% degli intervistati giudica le misure della manovra adeguate, una percentuale che sale quasi al 40% tra gli elettori di Forza Italia e Fratelli d’Italia, mentre più tiepido l’entusiasmo tra i sostenitori della Lega, dove appena il 20,5% ritiene la manovra realmente allineata ai bisogni del Paese. Tra aspettative e realtà, la distanza percepita cresce. Nelle previsioni degli italiani, infatti, prevale il pessimismo: il 42,1% ritiene che la manovra avrà un impatto negativo o nullo sulla propria vita quotidiana.
Più ottimisti appaiono, come prevedibile, gli elettori di Forza Italia (60,7%) e di Fratelli d’Italia (68,5%), che esprimono un giudizio positivo sulle misure adottate. Più incerti, invece, gli elettori della Lega, dove il quadro si frammenta: poco più di un quarto valuta positivamente la manovra (27,2%), ancora uno su quattro la boccia apertamente (25), mentre il 47,8% preferisce non esprimere un giudizio, oscillando tra cautela e incertezza.

Ciò che emerge dalle dichiarazioni dei cittadini intervistati è che ci si abitua ad aspettare: una visita medica, una busta paga “adeguata”, una promessa politica che si traduca in realtà… L’attesa è diventata la condizione ordinaria di un Paese che da anni vive in sospensione. È vero, la manovra vale 18 miliardi di euro e rispetta i paletti europei: i conti, come si dice, sono in ordine; tuttavia, per i cittadini questo equilibrio non basta più. Quando il salario non regge il passo del costo della vita e ogni spesa quotidiana diventa un calcolo, la contabilità corretta non riesce a tradursi in fiducia. Ogni manovra, prima ancora di essere economica, è un test di fiducia, tuttavia in un Paese dove la fiducia è stata logorata da anni di promesse mancate, anche le misure più razionali rischiano di cadere nel vuoto.
Da troppi anni le manovre italiane sembrano scritte per arrivare a fine anno, non per disegnare il prossimo decennio. Si rinviano le riforme strutturali su lavoro, produttività, formazione… Così il Paese resta inchiodato al presente, incapace di immaginare un futuro diverso. Non è un caso che la parola manovra derivi dal latino medievale manuopera, “lavoro fatto con la mano”. Un richiamo alla concretezza, al fare, al costruire. Oggi, però, quella dimensione si è persa: la manovra non è più un lavoro che lascia un segno tangibile, ma appare come un esercizio di equilibrio tra numeri e vincoli.
Forse proprio qui sta il punto: l’Italia non ha bisogno solo di conti in ordine, ma di scelte che tornino a “mettere le mani” nella realtà: sul lavoro, sui servizi, sulle vite delle persone…, perché alla fine, una manovra economica non si giudica dalle cifre che contiene, ma dai cambiamenti che produce. La verità è che gli italiani non chiedono miracoli, ma segnali concreti.
In un momento in cui i salari reali restano inchiodati e il costo della vita continua a correre, l’impressione diffusa è che la politica -tutta- parli un linguaggio diverso da quello delle famiglie e dei lavoratori. Forse è proprio questa la distanza più difficile da colmare: quella tra la fiducia promessa e quella perduta, perché una manovra può essere tecnicamente impeccabile, ma se non riesce a restituire speranza e prospettiva, rischia di restare solo un esercizio contabile.