la Repubblica, 2 novembre 2025
Amedeo Goria e il quadro sparito: “All’asta un De Chirico rubato a mio padre”
Un dipinto di De Chirico rubato nel 1969 al padre del giornalista Amedeo Goria ricompare dopo mezzo secolo di latitanza, camuffato con uno strato di vernice da chi voleva nasconderlo. L’opera è finita in mano a chi ha cercato di farla restaurare per poi chiederne l’autenticazione a Roma. Infine la vendita attraverso una casa d’aste internazionale. È la storia di Venezia, olio su tela di Giorgio de Chirico, 30 per 40 centimetri. Una vicenda che la procura vuole archiviare. Ma per la quale l’erede legittimo di quel quadro, Goria, chiede ulteriori indagini.
È stato proprio l’ex giornalista Rai, andato in pensione nel 2021, a denunciare ciò che aveva scoperto: il quadro rubato al padre è passato sotto il martello londinese della casa d’aste Christie’s, venduto per 35mila sterline nonostante valesse almeno il triplo. Gli investigatori si sono messi a lavoro e hanno ricostruito tutti gli spostamenti dell’opera.
È stato custodito per anni in maniera non consona, rovinato e modificato, poi presentato alla rinomata casa d’aste, che nel 2010 ha provato a far autenticare l’opera. Ma quando il dipinto è arrivato a Roma, la Fondazione De Chirico ha respinto la richiesta: l’opera era stata alterata per renderla irriconoscibile. Occorreva dunque ripristinarla.
È qui che compare Marco Germasi, classe 1952. È lui che ha ritirato il dipinto, lo ha fatto restaurare e nel 2013 lo ha riportato alla Fondazione. Buona la seconda: l’opera viene certificata. Così nel 2015, il quadro è finito sul mercato.
«Germasi – scrivono i carabinieri – aveva piena consapevolezza non solo del valore commerciale dell’opera, ma soprattutto della sua provenienza delittuosa. E ha atteso il crepuscolo della vita dell’originario proprietario per ripulirla, autenticarla e reimmetterla sul mercato». La perizia sui restauri certifica «interventi maldestri e clandestini, eseguiti da soggetti non qualificati, funzionali a ostacolare l’identificazione dell’opera».
I militari chiedono perquisizioni, decreti di esibizione alla sede milanese di Christie’s, chiedono una rogatoria in Inghilterra. Pensano che siano stati commessi diversi reati: ricettazione, riciclaggio, esportazione illecita. Eppure, quando il fascicolo arriva in procura, tutto si ferma. Il pm chiede l’archiviazione perché i reati di riciclaggio di beni culturali, ricettazione culturale ed esportazione d’arte sono stati introdotti nel codice penale solo nel 2022.
L’avvocato Paolo Mendolicchio, che difende Goria, non ci sta. Si oppone e scrive che questa non è solo una controversia privata tra un figlio e un collezionista ma un tema d’interesse pubblico. E soprattutto, sostiene, non è stato interrogato Germasi e non sono stati acquisiti gli atti di Christie’s. Così Goria e l’Italia rischiano di perdere l’ennesimo capolavoro. La partita è ancora aperta: il prossimo due aprile è stata fissata l’udienza.