la Repubblica, 1 novembre 2025
Tanzania, dopo il voto proteste e repressione: “Ci sono decine di morti”
Le contestatissime elezioni in Tanzania hanno scatenato una rivolta con barricate, assalti alle stazioni di polizia e un numero imprecisato di morti. I manifestanti hanno preso d’assalto anche gli aeroporti, tentando di bloccare la fuga delle élite contestate e accusate di «derubare la Tanzania della possibilità di scegliere» da chi farsi governare. L’accusa è rivolta al partito Ccm della Presidente, che ha fatto piazza pulita escludendo dalla corsa tutti i candidati temuti. Secondo le opposizioni ci sono «700 morti», ma è impossibile verificare. L’Onu parla di almeno 10 vittime, fonti diplomatiche riferiscono di «decine di morti».
A scatenare la violenza è il pugno di ferro che la presidente Samia Suluhu Hassan ha calato sulla Tanzania dopo timide aperture democratiche. Ha stravinto senza rivali, con oltre il 97 per cento di preferenze, ma rischia di perdere il Paese. I giovani non accettano più il dominio autarchico dei leader di un mondo in decadenza: come in Kenya, Mozambico e Madagascar, scendono in piazza. Secondo le opposizioni, le proteste a Dar es Salaam e ad Arusha hanno provocato centinaia di morti in ciascuna delle due città. Il ministro degli Esteri, Mahmoud Thabit Kombo, assicura che «non sono registrati decessi» e nega l’uso eccessivo della forza. Ma l’Alto commissariato Onu sui diritti umani conferma «notizie attendibili di 10 morti» e chiede «di astenersi dall’uso di armi letali contro i manifestanti».
L’onda delle proteste iniziate mercoledì è montata tra auto in fiamme, assalti e roghi ai seggi e alle stazioni di polizia. Il governo ha reagito imponendo il coprifuoco, spegnendo internet, silenziando i media e chiudendo le università. Il capo di Stato maggiore, il generale Mkunda, assicura l’aiuto dell’esercito per fermare le proteste, ma video mostrano uomini in divisa tra i manifestanti. La tensione non si è estesa al semiautonomo arcipelago di Zanzibar: lì una forte presenza armata ha protetto la proclamazione del risultato.
L’opposizione grida ai brogli, le Ong definiscono «deserti» i seggi e minima l’affluenza. Il Ccm governa dall’indipendenza del 1961, ma negli ultimi anni vinceva con difficoltà e il presidente John Magufuli aveva reagito strozzando le democrazia. Samia Hassan lo ha sostituito nel 2021 con approccio riformista, ma la speranza si è spenta rapidamente. V-Dem, coordinato dall’Università di Göteborg, classifica la Tanzania (uno dei Paesi del Piano Mattei) come “autocrazia elettorale”: elezioni formalmente multipartitiche, ma non eque né libere. Tundu Lissu, il leader del partito di opposizione Chadema, è in carcere per «tradimento»; l’unico altro rivale, Luhaga Mpina di ACT-Wazalendo, è stato escluso per cavilli. Da quando è al potere Hassan, decine di oppositori sono scomparsi, e Human Rights Watch l’accusa di repressione e poca trasparenza: ha vinto contro 16 partiti minuscoli, ma è bersaglio delle proteste. Una fonte in un ospedale a Dar es Salaam dice a Bbc di essere «sopraffatta da vittime» e di aver saputo che lo stesso vale per altri ospedali «con gli obitori pieni».