Corriere della Sera, 1 novembre 2025
Intervista a Giuseppe Ignazio Loi
Giuseppe Ignazio Loi ha fatto il pastore in Sardegna per 70 anni. Ora ne ha 14 in più e si gode la pensione. Quanto? «720 euro». Si racconta con genuinità e l’innocenza di un bambino. Lui è, con Diego Abatantuono, Virginia Raffaele, Aldo Baglio e Geppi Cucciari, il protagonista di La vita va così. Il motore della storia è il pastore che ha la seconda elementare.
Il film di Riccardo Milani dopo una settimana ha incassato 2 milioni e 300 mila euro ed è il film più visto della nuova stagione cinematografica, che parte in agosto.
Racconta la vera storia di un pastore che non cede il suo terreno, rifiutando l’offerta di un grande immobiliarista milanese, una cifra da capogiro schizzata a 12 milioni. Voleva inglobare la casa e il terreno del pastore in un grande resort a cinque stelle. Il progetto non è più andato avanti. Ne è nata una vicenda giudiziaria che va avanti da 25 anni.
Giuseppe, che effetto le fa stare in testa agli incassi di tutti i film italiani dell’anno?
«Mah, normale, sono uno con i piedi per terra».
È cambiata la sua vita?
«Un pochettino, con i soldi che mi hanno dato ho venduto le pecore e ora posso riposarmi. Riccardo mi ha aiutato, potevano essere un po’ più generosi quelli che davano i soldi, ma non li critico».
I produttori?
«Ecco sì loro, so che non dipendeva da Riccardo, lui è un uomo buono. Com’è cambiata la mia situazione… Dunque mi fermano per strada, si fanno la foto con me. Ma qui dove vivo io, in campagna, nell’agro di Terralba, vicino a Oristano, siamo pochini».
Pochini quanto?
«Saranno cinque, sei case».
E alla Festa del cinema, dove è passato il film in anteprima, com’è andata?
«Era la prima volta che andavo a Roma. C’erano così tante persone per strada che mi sembravano delle formiche. Come si fa a vivere lì?».
E il tappeto rosso?
«Mi faceva ridere questa cosa, mai visto un tappeto così lungo, per prendermi in giro dicevo: ecco, è arrivato il Papa. Mi hanno dato un vestito elegante che poi, dopo la sfilata, si sono ripresi».
Com’era la sua vita da pastore?
«Ho fatto il servo pastore, come diciamo noi, sotto padrone, per 15 anni. Mi pagava con cinque pecore all’anno. Quando ne ho avute 75, mi sono messo in proprio. Ma per 15 anni dormivo all’aperto, sotto le stelle, sopra un fascio di ramoscelli, accanto alle pecore, col bello e col brutto tempo. Mi svegliavo alle quattro del mattino. I pasti, acqua e vino con la zucca, me lo portava il padrone, poi della zuppa con un pezzo di pane, ma anche pasta e carne. Ogni 15 giorni avevo una giornata di libertà».
Vita pazzesca.
«Dura, certo, ma il padrone era più povero di me, del suo servo».
Vita agreste
Dormivo all’aperto, adesso ho una casa e presto avrò l’elettricità per la televisione
Le è mai capitato di contare le pecore in sonno?
«C’è questa diceria che lo fanno per addormentarsi, ma io ci convivevo, che bisogno ne avevo?».
Adesso dove vive?
«Ho una casetta, con i soldi del film l’ho ampliata, mi sono fatto il bagno, la corrente elettrica ancora non c’è ma ci sarà, e mi comprerò per la prima volta la tv. Ora si può dire che ho una casa».
È mai stato al cinema?
«Sì, ma non ricordo l’ultimo film visto. Mi ricordo quelli di Totò. Il mio divertimento era di cantare in coro canti tipici sardi in dialetto, se vuole gliene faccio sentire uno».
Alla scuola andò?
«Fino alla seconda elementare. Ero vagabondo. Quando mio padre se ne accorse mi tolse dalla classe e disse che dovevo aiutarlo, lui era ortolano, mamma non era tanto d’accordo. Io so leggere e scrivere e mi basta».
Abatantuono, per sottolineare il realismo con cui lei recitava, scherzando ha detto che lei è un Robert De Niro in miniatura.
«Non so chi sia».
E Riccardo Milani l’aveva sentito nominare?
«No. Mio cugino Dino è amico di uno di Cagliari che è anche amico di Riccardo. Così è arrivato a me. Mi ha fatto recitare una scena, quella in cui dico che quella terra era di mio padre e ancora prima di mio nonno e poi di mio bisnonno. E gli sono piaciuto».
Come recitava, mandava a memoria le battute?
«Un mio amico mi leggeva quello che dovevo dire in italiano e io lo traducevo in dialetto sardo».
Se le offrissero un altro film?
«Se sono in grado vado. Non mi sento i miei 84 anni».
Senta Giuseppe, ma se fosse capitato a lei…
«Intende la storia del film? Io non la conoscevo e, non lo so, dovrei pensarci su, ma forse alla fine anch’io avrei rifiutato. Amo la Sardegna e la mia terra, mi basta quello che ho, tanto non ho moglie né figli. I miei valori sono sempre stati il lavoro per mangiare e sostenere il bestiame. I soldi mica fanno la felicità».