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 2025  novembre 01 Sabato calendario

La salute? una spesa necessaria

Quante volte ci siamo detti che il Servizio Sanitario Nazionale è la cosa più preziosa che abbiamo? E che l’universalità (cioè che sia per tutti) è garantita dalla Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività». Quel «fondamentale» – scusate il gioco di parole – è fondamentale. Ed è l’unico diritto definito tale in tutta la Costituzione. E vi siete mai chiesti come sono nate quelle due righe? Era il 24 aprile del ’47, di giovedì, ci si apprestava a predisporre la prima bozza della Costituzione e che ci fosse un articolo sulla salute, per quanto all’acqua di rose, fu osteggiato soprattutto dalla Democrazia Cristiana. Quando tre grandi medici di schieramenti diversi, Giuseppe Caronia, Mario Merighi e Alberto Maria Cavallotti elaborano una proposta condivisa e propongono quello che sarà poi l’articolo 32. E non basta. L’onorevole Mario Merighi, famoso per gli studi sulla tubercolosi, va anche al di là: vorrebbe un accordo sul fatto che la tutela della salute è il primo requisito per la libertà dei cittadini (proprio così «se sei malato non sei più libero»). Verso la fine del dibattito interviene Giulio Andreotti – anni 29 —, pare di vederlo con il suo garbo e già un certo carisma: «Il gruppo democristiano voterà l’emendamento proposto dall’onorevole Caronia».
Questo e tanto d’altro si trova nel libro «Pensare la sanità», tanto ben scritto quanto importante; autori sono Luca Antonini, vice presidente della Corte Costituzionale e Stefano Zamagni, professore di economia. E non è un libro come tanti altri, di quelli che parlano di sanità; qui attraverso dati e sentenze che si rincorrono si trovano le basi costituzionali della tutela alla salute e del perché deve essere per tutti, per chi ha possibilità economiche e per chi non ne ha. È un libro che interroga le nostre coscienze e chiede (quasi supplica) chi ha responsabilità di governo di custodirlo e proteggerlo il nostro Servizio Sanitario Nazionale anche se, per riuscirci davvero, ci vuole un pensiero forte. I tre grandi medici della costituente l’hanno avuto il pensiero forte, è grazie a loro che nel ’78 Tina Anselmi ha potuto dare a quelle speranze una struttura organizzativa, incardinata nella legge 833, quella del Servizio Sanitario Nazionale. Con quella legge – ispirata, financo nei dettagli, a quello inglese che però era nato 30 anni prima – l’Italia compie un atto di grande civiltà, archivia un sistema ingiusto basato sulle mutue e si porta ai vertici della classifica della buona sanità.
È stato così fino al 2009, ma da lì in poi, secondo Antonini e Zamagni, il modello va alla deriva. Di chi la colpa? Pigrizia intellettuale, almeno un po’, contenimento dei costi, e liste d’attesa. Nel frattempo cresce la spesa privata a carico delle famiglie che oggi è fuori controllo, le assicurazioni si espandono, ma gli importi assicurati secondo la Corte sono piuttosto contenuti. È la stessa Corte Costituzionale a parlare di «deriva americanizzante» e lo fa negli stessi giorni in cui il New England Journal of Medicine scrive «in America nessun settore di quelli che orbitano attorno alla salute è immune dalla smodata ricerca del profitto». La Corte Costituzionale coglie a pieno questo rischio e fa notare come già oggi i dati sulla spesa privata siano allarmanti, di questo passo finiranno per mettere a rischio la tenuta della democrazia. Come se ne esce? Una strada c’è secondo la Corte: in base a una serie di sentenze – che vanno dal 2017 al 2022 – quella per la tutela della salute va inquadrata come «una spesa costituzionalmente necessaria». Non c’è altro modo a mio parere per venire incontro alle esigenze delle fasce più deboli, che mai potranno contribuire di tasca propria ai costi delle cure e nemmeno farsi un’assicurazione.
Naturalmente, sostengono gli Autori, non è soltanto un problema di risorse. La crisi è il disvelamento di crepe che si sono formate nell’ultimo quarantennio e la scoperta che la salute di ciascuno dipende da quella di tutti comporta che essa debba essere considerata un bene comune, che come tale non può essere monopolio del pubblico né tanto meno, secondo la Corte, del privato, per questo la politica dovrebbe fare fronte comune in modo bipartisan affidando la soluzione ai migliori esperti. Le scelte finali resteranno, si capisce, di natura politica. Per arrivarci davvero, Antonini e Zamagni suggeriscono tre direttrici: portare in equilibrio medicina ospedaliera e medicina del territorio, deburocratizzare il sistema sanitario e arrestare il processo di frammentazione tra regioni dei compiti e delle modalità di intervento in ambito sanitario. In ultimo, ma non per importanza, abbracciare la rivoluzione tecnologica, in particolare quella digitale, utilizzandola però in maniera da tenere sempre la persona al centro e senza allargare il divario tra i diversi segmenti demografici e sociali della popolazione. Il tutto in un contesto bipartisan che ponga la salute e la sanità come obiettivi prioritari per lo sviluppo e la prosperità del nostro Paese.
Perché ciò avvenga, sarà necessario un profondo ripensamento culturale, capace di restituire al Servizio Sanitario Nazionale la sua funzione originaria di strumento di equità e coesione sociale. Occorre superare la logica emergenziale che da troppo tempo orienta le politiche sanitarie e investire in prevenzione, formazione e innovazione organizzativa. Solo così si potrà costruire un sistema capace di rispondere ai bisogni complessi di una popolazione che invecchia, ed è questo l’orizzonte di una nuova stagione per la sanità italiana, in cui efficacia, efficienza, giustizia e umanità tornino a camminare insieme.