Corriere della Sera, 1 novembre 2025
Almasri, un nuovo fronte. I giudici alla Consulta: serviva il sì del ministro?
Mai più richiesta di permesso al governo per arrestare un ricercato per crimini contro l’umanità, come Osama Al Masri Nagim. Lo chiede – indirettamente – la corte d’appello di Roma, sollevando una questione di incostituzionalità sulle norme che hanno recepito nel nostro ordinamento lo Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale (Cpi) sui genocidi e sui crimini di guerra e contro l’umanità. In una ordinanza di remissione, depositata giovedì scorso dalla quarta sezione penale, i giudici investono la Corte Costituzionale del dubbio di legittimità delle norme che regolano le procedure di arresto e riconsegna dei criminali internazionali perseguiti dalla Corte dell’Aia. Chiedendo in particolare se non sia più corretto che l’interlocuzione tra la Corte penale e la Procura generale avvenga senza l’intermediazione del governo.
Il tema non è da poco. E rischia di riaprire clamorosamente il caso Almasri. Vediamo perché. Il 19 gennaio il torturatore libico viene arrestato a Torino su mandato di arresto internazionale emesso, il 18, dalla Cpi. È la prima volta che la normativa della Corte penale vede un’applicazione pratica nel nostro Paese. E non va proprio liscia. Anzi. Il generale Almasri viene portato in carcere senza il via libera preventivo del ministro della Giustizia, richiesto dalla normativa sulla Cpi. Fa ricorso. La corte d’appello di Roma, competente per gli arresti su tutto il territorio nazionale di criminali internazionali ricercati dalla Cpi, apre un procedimento e subito si trova di fronte all’«irritualità» dell’arresto senza permesso del governo, che in assenza di altra richiesta cautelare da parte del Procuratore generale la obbliga a scarcerare il detenuto. Ma il Pg per emetterla attende il via libera del ministro della Giustizia, che non arriva. Passate le 48 ore, nelle quale il ministro dichiarerà di aver riflettuto sul da farsi di fronte a una richiesta della Cpi «zeppa di errori», la corte d’appello scarcera Almasri. Che viene subito espulso dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, caricato su un Falcon di Stato e riportato in Libia «per motivi di sicurezza». Un’azione politica dettata dai timori manifestati dall’intelligence su possibili ritorsioni dei libici, ha rivendicato il governo. «In quelle ore complicate 500 italiani erano in rischio in Libia», ha detto al Corriere il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano.
La corte d’appello chiede dunque alla Corte Costituzionale cosa si deve fare nel caso in cui un altro criminale come Almasri, o magari lui stesso, venga di nuovo sorpreso in Italia. Bisognerà che il Pg attenda ancora il parere del ministro? Non sarebbe più legittima un’interlocuzione diretta?
Forza Italia
Zanettin: è giusto che
ci sia una valutazione politica su queste richieste internazionali
In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci è stato sospeso il procedimento di arresto di Almasri che, va detto, non ha nulla a che vedere con quello portato avanti dal tribunale dei ministri sui membri del governo coinvolti nella scarcerazione e nel rimpatrio di Almasri, che ha messo sotto accusa la premier Giorgia Meloni (poi archiviata), Nordio, Piantedosi e Mantovano. Ma poi la Camera ha negato l’autorizzazione a procedere e ha archiviato per tutti. Resta solo un’inchiesta bis con l’accusa di false dichiarazioni al pm mossa alla capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, che la maggioranza sembra intenzionata a proteggere sotto lo stesso ombrello di immunità.
«È necessario l’intervento del Guardasigilli sui procedimenti internazionali, è giusto che ci sia una valutazione politica», dice Pierantonio Zanettin, Forza Italia, contrario alla richiesta della corte d’appello. Se la Consulta sarà dello stesso parere il procedimento d’arresto del torturatore di Mitiga si chiuderà così. Altrimenti il caso Almasri potrebbe portare a nuove sorprese.