il Fatto Quotidiano, 31 ottobre 2025
Che cosa separano
Oggi il Fatto riprende la battaglia in difesa della Costituzione contro l’ennesima schiforma che la stravolge in peggio: la separazione delle carriere e dei Csm fra giudici e pm e l’esproprio del potere disciplinare affidato a una ridicola Alta Corte (unica per giudici e pm). È una battaglia, quella per il No al referendum, cruciale e sacrosanta, che va combattuta a prescindere dalle chance di vittoria. Peraltro anche il No alla schiforma B.-Calderoli del 2006 e alla Renzi-Boschi-Verdini del 2016 era dato perdente in partenza, e poi stravinse. Speriamo di portare fortuna anche contro la Gelli-Craxi-B.-Nordio-Meloni.
Oggi, grazie ai Padri Costituenti (quelli veri del 1946), l’assetto costituzionale della magistratura è un modello per il mondo intero. Pm e giudice fanno parte della stessa carriera, con la stessa formazione e lo stesso concorso, perché devono perseguire entrambi la verità processuale: il pm la cerca, il giudice la accerta. Perciò devono essere entrambi imparziali e quindi indipendenti da ogni altro potere. Il pm non è l’accusatore, cioè l’avvocato delle forze di polizia: ricevuta una denuncia o una notizia di reato, è obbligato a esaminarla per accertare se ha ragione l’indiziato o il denunciante. Deve cercare tutti gli indizi senza nasconderne nessuno, altrimenti commette reato (rifiuto di atti d’ufficio) e illecito disciplinare. Nulla a che vedere con l’avvocato, che tira l’acqua al mulino del cliente che lo sceglie e lo paga: il difensore deve far assolvere il cliente e mai gli verrà in mente di rivelare fatti a suo carico, altrimenti commette reato (infedele patrocinio) e illecito disciplinare. Il pm persegue la verità per conto della collettività, il difensore l’interesse del suo assistito. Due figure fondamentali in uno Stato di diritto, ma impossibili da paragonare. Perciò il Consiglio d’Europa dal 2000 raccomanda agli Stati di “consentire a una stessa persona di svolgere successivamente le funzioni di pubblico ministero e quelle di giudice”: è il modello italiano che l’Italia getta a mare. È ovvio a tutti che un pm e un giudice con la stesa cultura della verità e dell’imparzialità sono la miglior garanzia per tutti: sia per le vittime dei reati sia per gli indagati. Purtroppo quel passaggio è già oggi ostacolato dalle leggi Castelli-Mastella del 2006 e Cartabia del 2021: infatti ogni anno solo lo 0,2% dei magistrati cambia funzione. Quindi non è per questo scopo inutile che le destre investono tante energie. Né per lasciare indipendente una casta di 2.250 pm sganciati dalla cultura del giudice, cioè di accusatori assatanati e “giustizialisti”. È per poterli mettere al guinzaglio del governo. Che deciderà contro chi scatenarli e chi salvare. Le vittime della schiforma non saranno i magistrati, ma noi cittadini.