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 2025  ottobre 31 Venerdì calendario

Così è nato Tuttolibri

Sabato primo novembre 1975 Pier Paolo Pasolini telefonò a La Stampa e chiese della redazione di Tuttolibri. Verso le 11, trovato all’edicola il primo numero del settimanale, disse di averlo molto apprezzato poi: «Vi confermo che oggi pomeriggio incontrerò Furio Colombo per l’intervista che vi avevo promesso». Si videro a casa del poeta regista scrittore giornalista, che in quei giorni stava rivedendo per Garzanti le bozze di Scritti corsari, antologia degli articoli pubblicati sul settimanale Il Tempo e sul Corriere della Sera. Erano amici, dialogarono a lungo. Al commiato l’intervistatore gli chiese un’idea per il titolo. «Ci penseranno i redattori», rispose Pier Paolo. Ma quando Colombo fu sulla soglia gli suggerì: «Siamo tutti in pericolo». Qualche ora dopo Pasolini giaceva assassinato sulla sabbia del Lido di Ostia. E quel titolo sarebbe apparso il sabato successivo sulla copertina di Tuttolibri, che entrava per questo scoop nella storia del giornalismo e della letteratura.
Del primo numero si erano vendute 133 mila copie. Del secondo si superarono le 177 mila. Gli acquirenti non cercavano retroscena del delitto, volevano conoscere gli estremi pensieri dell’intellettuale. E finalmente avevano trovato qualcosa che mancava. Uno strumento per orientarsi nel mercato dei libri, che dava le dodici recensioni offerte in media dai maggiori quotidiani, recensiva in maniera succinta ma esauriente altri quaranta titoli e offriva la bibliografia di tutti i libri appena usciti, fossero di piccoli o di grandi editori, di destra o di sinistra, da Ciarrapico, che rivedeva edulcorata la storia del fascismo, a Feltrinelli e agli editori sbocciati nel Sessantotto: Marsilio, Mazzotta, Guaraldi, Bertani, Rubbettino.
Quello strumento fu subito adottato dai 15mila librai e cartolibrai allora attivi in Italia. Non era allegato al quotidiano. Andava in edicola da solo. Piacque ai lettori che, oltre alle recensioni, venivano a conoscere in profondità il mondo dell’editoria, i suoi protagonisti: imprenditori, strateghi, direttori di collana. Venivano a sapere quali fossero le novità – romanzi e saggi – in arrivo dagli Stati Uniti, dalla Francia, dall’Inghilterra, dalla Spagna, dalla Germania, dai Paesi baltici, dall’Africa, dal Giappone.
Fummo i primi a rendere giustizia ai traduttori, scrivendo i loro nomi a corredo di ogni recensione. Fummo i primi a dare metodico spazio ai saggi d’arte, di scienza, di architettura, sulla fede, sulla musica, sull’ambiente. I primi a offrire una classifica dei libri più venduti nel nostro Paese grazie ai sondaggi settimanali della Demoskopea, allora all’avanguardia nelle ricerche sociali, di marketing, delle variazioni dell’opinione pubblica.
Eravamo soltanto in tre redattori: con me, distaccato dalla redazione politica, nocchiero dell’impresa essendo cresciuto nei settimanali Mondadori, erano Vittorio Messori che veniva dalla Cronaca di Stampa Sera e Mario Varca che veniva dalla Cronaca della Stampa. Messori, laureato in storia del Risorgimento con Galante Garrone (tra i maestri pure Bobbio e Firpo), poco dopo sarebbe diventato famoso con Ipotesi su Gesù, edito dalla Sei e subito bestseller mondiale, che lo portò a dialogare con due Papi. Varca, seri studi a Parigi, lunghi viaggi nel mondo, sarebbe ritornato alla Stampa come capo del servizio Esteri e purtroppo non c’è più. Dalla redazione sportiva saliva spesso a trovarci Giovanni Arpino, prodigo di suggerimenti. Incessante il pellegrinaggio degli scrittori di passaggio a Torino, per raccomandarci il nuovo libro e anticiparci il prossimo.
Assestata la rivista sulle 100 mila copie, ci fu accordato il quarto uomo: Osvaldo Guerrieri, critico di teatro, poco dopo sbocciato come romanziere. Completavano l’equipaggio il redattore capo Mario Bonini, già direttore dell’Enciclopedia Garzanti e Annalisa Gersoni, segretaria lettone poliglotta e colta. La crescita di Tuttolibri indusse l’editrice a dargli un assetto più adeguato: prima con un nuovo redattore capo, Giorgio Calcagno, allora caposervizio Spettacoli, poi con un direttore, Lorenzo Mondo, critico letterario e caposervizio della Terza pagina, che andavo a sostituire.
Finiva qui la storia della fondazione del primo settimanale italiano tutto dedicato ai libri. Sembra che a suggerirlo fosse stato Gianni Agnelli, editore della Stampa che non perdeva la presentazione di un libro di Moravia o di Eco a Torino; che poco prima aveva acquistato Fratelli Fabbri Editori, Bompiani, Sonzogno, Etas Libri creando un nuovo gruppo editoriale; che era diventato azionista del Corriere della Sera in soccorso di Giulia Maria Crespi per evitare l’arrembaggio di Eugenio Cefis. Comunque Tuttolibri ebbe tre padri certi: il direttore della Stampa Arrigo Levi, più avanti consigliere di due presidenti della Repubblica, Ciampi e Napolitano; il vicedirettore Carlo Casalegno, che morì nel novembre 1977, primo giornalista assassinato dalle Brigate rosse; l’amministratore delegato Giovanni Giovannini, presidente degli editori di giornali italiani ed europei. Li univa una certa idea dell’Italia, dell’Europa, maturata durante la guerra: Levi fuggiasco dal fascismo in Argentina poi voce di Radio Londra; Casalegno partigiano di Giustizia e Libertà; Giovannini internato militare in un Lager tedesco. Tre protagonisti di un giornalismo vissuto con passione come servizio civile: colto, responsabile, morale.