repubblica.it, 31 ottobre 2025
Isabella Rossellini: “Papà diceva sempre che non c’è nulla di peggio dei ‘rosselliniani’”
Elegante e sorridente, stretta in un tubino nero con le maniche in pizzo e senza un filo di trucco Isabella Rossellini splende di felicità alla presentazione alla Festa del Cinema di Roma del documentario Roberto Rossellini – Più di una vita di Ilaria de Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti (nelle sale il 3-4-5 novembre). Il film che ha vinto il Premio del Pubblico racconta, attraverso un ricco archivio, la vita di Rossellini negli ultimi vent’anni della sua carriera quando era in crisi e affamato di vita, si reinventava e resisteva, cercando di liberarsi da quei cliché che rifuggiva, e tracciando il ritratto di un’artista rivoluzionario e contraddittorio.
“Questo documentario è un lavoro familiare – precisa Isabella Rossellini con la sua inconfondibile erre – anche per il mio coinvolgimento personale e di Alessandro Rossellini, il nipote di mio padre. E grazie a lui e a tutta la mia famiglia che si è potuto realizzare il documentario. Sono cinquant’anni che conserviamo tutte le lettere, le carte e ogni minuzia. Cose che spesso vanno perse o vendute: magari con una lettera firmata da Federico Fellini qualcuno si è pagato la bolletta del telefono. I Rossellini invece hanno conservato tutto. Spesso si parla dei miei genitori come figure di successo, ma raramente si riesce a coglierne l’essenza profonda. Questo documentario invece ci riesce”.
Suo padre non amava essere definito genio. Quando ha visto i suoi film?
“Papà diceva sempre: non c’è nulla di peggio dei ‘rosselliniani’. Odiava essere considerato un monumento del cinema, un regista da museo. Ricordo che i suoi primi film li vidi a quindici anni in un cinema a piazza Esedra, dove avevano organizzato una sua retrospettiva. Andai di nascosto perché sapevo che si sarebbe arrabbiato, avrebbe pensato che andavo lì per inorgoglirmi magari con i miei compagni. Io invece avevo un interesse sincero verso il cinema. Una sera tornai a casa molto tardi e lui mi sgridò, così confessai. Non si arrabbiò anzi si si commosse fino alle lacrime. Odiava esser chiamato anche maestro del Neorealismo. Mi disse che in lui c’era l’urgenza di raccontare ciò che avevano vissuto durante la guerra. A papà non interessava lo stile, il suo era un imperativo morale: capire l’uomo. De Sica ha spaziato di più, papà ha avuto come costante la curiosità e la ricerca dell’umanità”.
Era un uomo notoriamente ostinato.
“Tanti registi lo sono. Fellini a cena parlava sempre dei soldi che mancavano per fare il film. E dei cinque girati con mamma, nessuno ebbe successo. La stampa americana diceva che Rossellini ha rovinato la carriera della Bergman, mamma obiettava: Sono io che ho rovinato la carriera di Roberto, pur di girare con me si è adattato a storie che forse non avrebbe raccontato”.