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 2025  ottobre 31 Venerdì calendario

Intervista ad Alessandro Gassman

Lo hanno acclamato a Bologna, dove sta girando il film Netflix Campioni diretto da Jacopo Bonvicini, nel ruolo di un allenatore di basket. «Viene mandato ai servizi sociali dove deve allenare una squadra di ragazzi speciali, che hanno qualche difficoltà» racconta Alessandro Gassmann, «c’è un filo che mi lega a papà, era stato un bravo giocatore di pallacanestro». Stagione piena: è protagonista di Un professore 3 di Andrea Rebuzzi, su Rai 1 dal 20 novembre, lo vedremo in Natale senza Babbo di Stefano Cipani, il 28 su Prime Video, deliziosa commedia in cui è un Babbo Natale in crisi, aiutato dalla moglie (Luisa Ranieri). La prossima stagione andrà in onda su Rai 1 L’avvocato Guerrieri di Tavarelli, dai libri di Gianrico Carofiglio: «Un uomo dotato di sottilissima ironia, e un penalista che è una macchina della parola, non puoi sbagliare una virgola». 
Un Babbo Natale in fuga non si era visto: la commedia la diverte? 
«Questa, natalizia, in cui si sfidano la Befana (Caterina Murino) e Santa Lucia (Valentina Romani), mi ha divertito. Aveva un’idea forte, con scene spettacolari come l’atterraggio della 500 rossa trasformata in slitta a Piazza di Spagna: per gli effetti speciali, un anno di lavoro a Londra. È una favola diversa, nel cast ci sono Abatantuono, Angela Finocchiaro, Michela Andreozzi».
In “Un professore”, vince la gentilezza. Pensa che esistano insegnanti così empatici?
«L’avevamo colta subito con Alessandro D’Alatri e l’abbiamo sviluppata. Oggi in Dante Balestra ho ritrovato le mie fragilità. Penso che ce ne siano tanti di professori come lui: appassionati e sottopagati. Quello che fanno è doppiamente meritorio».
Nella fiction la scuola è un luogo dove si viene accolti e non giudicati. Lei l’ha vissuta così?
«Scherza? Io andavo a scuola terrorizzato dal giudizio, dal voto, anche dalla reazione dei miei genitori. Quando prendevo voti bassi mio padre non era contento. Ci vuole sempre un equilibrio, ma la scuola coercitiva vissuta dalla mia generazione ci ha rovinato».
I giovani che sono scesi in piazza l’hanno sorpresa?
«Immaginavo che ci fossero ragazzi con la testa, non che fossero così tanti. I coglioni sono sempre quei mille che minacciano in rete e vanno nelle curve degli stadi. Lo Stato dovrebbe occuparsi di loro. Quella per Gaza è stata una manifestazione bellissima, che ho spinto tanto sui social. Hanno manifestato anche in Israele contro Netanyahu: quelle sono persone coraggiose». 
Da ragazzino, ci sono errori che l’hanno segnata?
«Tantissimi. Ero aggressivo: non andavo a scuola, non aiutavo i più deboli, ero un figlio poco rassicurante. Per questo mio padre è stato severo, mi ha fatto fare il servizio militare, poi mi ha preso a teatro come attrezzista sotto il palco del Macbeth. Mi ha salvato la vita. Frequentandolo, in quei due anni, stando nella botola, zitto, ho capito quanto fosse affascinante. Ma in scena si divertivano più di me; così sono voluto uscire dalla buca». 
Che faceva nella botola?
«Curavo gli effetti speciali. Ero pratico di fumogeni allo stadio ed ero diventato il dio dei fumi delle streghe. Alla fine dello spettacolo, Macbeth viene ucciso: da morto, spariva nella botola. Un attore faceva il monologo e papà gli parlava per confonderlo: “Stasera ti porto a mangiare in un posto di merda”, “L’hai fatta peggio di ieri, non ti si può sentire”. Prendeva attori che gli erano simpatici, dopo si andava insieme a cena».

È molto attivo sui social, dice la sua: mai tentato dalla politica?
«Ci ho pensato ma cosa potrei fare di veramente utile? Una cosa è avere le idee, un’altra metterle in pratica. Quando parlo con Annalisa Corrado, eurodeputata, donna entusiasta e costruttiva – è stata sulla Flotilla – mi dice che è tutto difficile. Lei non si scoraggia ma è durissima. Come si fa a far prevalere il buon senso?».
Suo figlio Leo, cantante e attore, è una persona super equilibrata: come è stato con lui?
«Con mia moglie siamo stati attenti, ma non è tutto merito nostro: Leo è accogliente e gentile di natura. Peraltro, in un’epoca in cui chi cerca di comportarsi bene è in minoranza».
Con i 60 anni cos’è cambiato? 
«Il mal di schiena c’era già. All’età non penso. Mi piace vedere la mia faccia invecchiare, mi permetterà, spero, di interpretare personaggi più belli. Vorrei fare ancora di più il regista. A maggio al Teatro Bellini di Napoli curo la regia di Stato contro Nolan di Stefano Massini, che parla di manipolazione dell’informazione. Un testo sublime». 
Si è addolcito?
«Sì, sono molto più piagnone. Mi emozionano i giovani, mi toccano tanto. Questa generazione, così diversa dalla mia, dà risposte sorprendenti». 
È sposato con Sabrina Knaflitz da 27 anni: il segreto? 
«Tanta fortuna e un gioco di equilibri; siamo diventati simili, mantenendo intatte le idiosincrasie. Il segreto è non provare a cambiare l’altro, in alcune cose siamo anche peggiorati. Ma ridiamo tantissimo, ci piace stare insieme, non siamo mondani e amiamo la casa. Siamo accomodanti: sopportiamo bene quello che non reggiamo dell’altro».
Come andò con lei?
«Colpo di fulmine, eravamo seduti uno accanto all’altra a teatro, purtroppo a vedere Gianmarco Tognazzi. Continua a ripetere: “È tutto merito mio"».
Ha più sedotto o è stato più corteggiato?
«Ero un bel ragazzotto, mi sono sempre giocato la carta del timidone nell’angolo».