Corriere della Sera, 31 ottobre 2025
«Ero tentato di smettere»
Caparezza lo ripete più volte: «Il disco è positivo, solare». Parla di «Orbit orbit», lavoro immaginifico che viaggia in parallelo a un fumetto di cui ha scritto la sceneggiatura, «il concept più concept che ho fatto», oltre che il progetto più sfaccettato della sua carriera. «È un disco felice, i tempi negativi sono andati», ribadisce prima di illustrare le 14 tracce.
La precisazione si spiega con i problemi di salute che hanno preceduto questo suo ritorno (che sarà anche live, da giugno dell’anno prossimo), complicando il suo rapporto con la musica, fino al punto da fargli pensare di smettere, portandogli «pensieri macabri», del tenore di «nel letto immagino una corda sul ramo più alto», come scrive in uno dei testi. Quel che è successo, racconta Michele Salvemini, 52 anni, è che «dopo il problema dell’acufene, che ho ancora, ormai compagno di vita», di cui aveva parlato qualche anno fa, «si è aggiunta l’ipoacusia, una nuova rottura di palle, molto frequente per i musicisti, anche se non se ne parla quasi mai», spiega. «Dopo aver cominciato un po’ troppe volte a dire “scusa non ho capito”, il mio otorino mi ha detto che stavo perdendo l’udito».
Ne è seguito un periodo «di stop» che l’artista di Molfetta descrive come «un bel po’ negativo», in cui fare musica, visto lo scotto da pagare, «non mi rendeva più felice» e in cui si è sentito «letteralmente perso». A venirgli in soccorso è arrivata quindi l’altra grande passione della sua vita, quella per il fumetto, che, come elenca nel brano «A comic book saved my life», gli ha lanciato un salvagente in tre momenti della vita, l’ultimo dei quali è stato proprio questo periodo buio: «Il fumetto è riuscito a farmi tornare la mentalità positiva che avevo perso, quindi ho studiato e ho scritto la mia prima sceneggiatura». Ne è venuto fuori un fumetto di 250 pagine che inizialmente non prevedeva un disco, «ma poi mi è scappata la mano. Così dal pensare che non avrei fatto più nulla, è venuto fuori il lavoro più complesso mai fatto».
Caparezza dice di sentirsi oggi «pacificato», anche nei confronti dell’ipoacusia: «Ho gli apparecchietti acustici, è il primo disco che voi sentirete meglio di me. Ma ci convivo e li consiglierei a chiunque fa musica. Non volevo ammettere di avere questo problema, ma mi hanno fatto notare che chi non vede bene, porta gli occhiali e chi non sente bene, ha gli apparecchi. È la stessa cosa, anche se non ugualmente accettata».
Di «Orbit orbit», titolo che rappresenta l’onomatopea con cui identifica l’immaginazione, Caparezza dice che è un album che parla di libertà: «Per me l’unica vera libertà che nessuno può toglierti, è quella dell’immaginazione». E così, da un brano all’altro, come da un capitolo all’altro del fumetto, inizia una missione nello Spazio che, tra metafore e riferimenti fantascientifici, lo porta a scongiurare il rischio di trasformarsi in una persona negativa e a recuperare l’empatia.
Sul lato musicale i suoni guardano all’elettronica dei gruppi space di fine anni 70 e inizio anni 80, mentre sul piano narrativo c’è tantissima fantasia «che contiene però molta realtà». Fra un campionamento di Gianni Morandi, un sample dei Rockets, la sua prima cover ufficiale, «di Enzo Del Re, fatta con sole onomatopee del fumetto» e un finale corale con un’orchestra da 76 elementi, Capa analizza anche il presente: «Vivo come un incubo il ritrovarmi in un mondo che è l’esatto opposto di quel che speravo quando avevo 20 anni – dice —. Mi ritrovo guerre dietro casa, genocidio, colonialismo. Cose che inaspriscono l’essere umano e innestano dei paraocchi per cui ci si abitua persino a delle truppe che ridono e fanno balletti mentre commettono atrocità. Se ci abituiamo anche a questo, creiamo un nuovo standard».
La sua penna, sempre lucida e intelligente, si sofferma anche sul senso di fare rap alla sua età: «Non voglio fare il giovanilista, ho cercato di fare un disco onesto che aderisca alla mia età. Così come trovo normale che uno di 50 anni non comprenda il linguaggio di un artista molto giovane. E quindi a loro dico “ti auguro San Siro, ma la tua roba non la capisco”. Sono contento di diventare vecchio, il segreto della vita sta nella pacificazione con la nostra età».