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 2025  ottobre 30 Giovedì calendario

Stati Uniti, l’ora della She-cession: le donne lasciano in massa il lavoro (pagato) per risparmiare sui costi della cura dei figli

Negli Stati Uniti le donne stanno abbandonando in massa il mondo del lavoro (retribuito). Almeno 455 mila hanno smesso di lavorare fuori casa solo tra gennaio e agosto di quest’anno, secondo i dati dell’Ufficio di statistica del lavoro americano (che attualmente non vengono più aggiornati, a causa della chiusura del governo americano). Il dato è ancora più alto nel confronto con l’anno scorso: 600 mila donne in meno che lavorano. La Cnn la chiama «She-cession», un gioco di parole tra recessione e «lei» («She», in inglese). Un rapporto della società di consulenza Kpmg parla di «Grande Uscita». Si tratta di una svolta significativa, che inverte una tendenza quasi secolare.
«Da quasi 80 anni, da quando il Bureau of Labor Statistics americano ha iniziato a suddividere i dati per genere, almeno una cosa è certa: le donne hanno guadagnato terreno rispetto agli uomini» scrive l’Economist. «Ora qualcosa è cambiato. Sebbene la partecipazione degli uomini sia stabile, le donne stanno abbandonando la forza lavoro. Da un picco post-Covid del 57,7% nell’agosto 2024, il loro tasso di partecipazione è sceso di quasi un punto percentuale, al 56,9%, il che implica che oltre 600 mila donne hanno abbandonato il lavoro».
Se i dati dei prossimi mesi confermeranno queste tendenze, si tratta di una svolta storica. Ma da cosa dipende?
L’Economist esclude che si tratti di un cambiamento nell’economia americana che abbia fatto diminuire i posti di lavoro retribuito che hanno tradizionalmente una maggiore presenza di donne. Anzi, è il contrario: i posti di lavoro statunitensi sono diminuiti in settori a maggiore presenza maschile (come l’industria manifatturiera e i trasporti) e sono aumentati in settori a maggiore presenza femminile (come l’istruzione e la sanità).
A lasciare il lavoro sono soprattutto le più istruite
Il rapporto di Kpmg indica un fattore decisivo: le difficoltà delle giovani madri a conciliare lavoro fuori casa e lavoro di cura. «Dalla fine del 2023, le donne con figli piccoli stanno abbandonando il mondo del lavoro. Quelle con un diploma universitario o superiore stanno guidando queste perdite. Nello stesso periodo, gli uomini con figli piccoli hanno aumentato la loro partecipazione alla forza lavoro», si legge nel rapporto.
«I due cali più significativi nella partecipazione alla forza lavoro si sono registrati tra le donne con una laurea o un titolo superiore o senza laurea il cui figlio più piccolo ha meno di cinque anni. Gli aumenti più significativi si sono registrati tra le donne senza laurea e senza figli, gli uomini senza laurea il cui figlio più piccolo ha tra i 5 e i 18 anni e le donne con una laurea o un titolo superiore e senza figli».
«Il tasso di partecipazione delle donne in “età lavorativa” (dai 25 ai 54 anni) con figli sotto i cinque anni è sceso dal massimo raggiunto dopo la pandemia» conferma l’Economist. 
La necessità di risparmiare sulla cura dei figli
Ma perché questa regressione? I dati parlano chiaro: la crisi del lavoro retribuito delle donne è una crisi dell’assistenza all’infanzia. In altre parole, le donne americane non hanno smesso di lavorare, ma sono passate dal lavorare fuori casa con uno stipendio a lavorare a casa senza essere pagate (per risparmiare i costi per la cura dei figli). E questo dipende principalmente da due fattori: l’assistenza all’infanzia in America è diventata molto più carala riduzione dello smart working, il lavoro remoto, ha reso per molte donne inconciliabile l’assistenza ai figli con il lavoro retribuito
I tagli ai fondi per l’assistenza all’infanzia
A ottobre 2023 (la coincidenza di date è significativa) si sono esauriti molti dei fondi stanziati negli Stati Uniti per l’assistenza all’infanzia dopo la pandemia. «L’occupazione nel settore dell’assistenza all’infanzia è rimasta stagnante dall’inizio del 2024» si legge nel rapporto di Kpmg. «Se la tendenza occupazionale pre-pandemia o dal 2021 al 2023 fosse continuata, oggi ci sarebbero più di 100 mila posti di lavoro in più nel settore. Il settore dell’assistenza all’infanzia ha affrontato a lungo una carenza dal lato dell’offerta. A livello nazionale, oltre un quarto dei bambini non ha accesso all’assistenza a una distanza ragionevole da casa. Molti genitori devono affrontare lunghe liste d’attesa».
In generale i servizi per l’infanzia negli Stati Uniti soffrono di una perenne mancanza di personale («Il turnover è elevato a causa dei bassi salari» spiega Kpmg), acuita dalle politiche dell’amministrazione Trump contro l’immigrazione, visto che secondo le stime un quinto degli operatori dell’assistenza all’infanzia sono immigrati. «L’aumento dell’inflazione è un’altra sfida, poiché aumenta i costi di gestione di un asilo nido. Molti pannolini, salviette, giocattoli, forniture e alimenti, soprattutto per i bambini piccoli, sono importati e soggetti a dazi doganali e ai cambiamenti nella politica commerciale. I costi delle utenze e delle assicurazioni sono in aumento». Questo ha portato molti centri per l’infanzia a chiudere o ad alzare le rette. «Quando i genitori sono tornati al lavoro e hanno cercato più servizi di assistenza all’infanzia, i prezzi hanno ricominciato a salire. Dall’agosto 2024, i prezzi degli asili nido e delle scuole materne sono aumentati a un ritmo doppio rispetto all’inflazione complessiva» si legge ancora nel rapporto (e l’inflazione è già di per sé molto alta).
Meno smart working
Inoltre negli ultimi due anni molte aziende americane hanno iniziato a ridurre la possibilità di lavorare in remoto introdotta con la pandemia. «L’obbligo di tornare in ufficio ha comportato che i lavoratori che in precedenza lavoravano completamente da remoto dovessero lavorare con un orario ibrido. Per i genitori con figli piccoli, il passaggio da zero giorni in ufficio a uno, due o tre giorni sconvolge gli accordi di assistenza esistenti» spiega il rapporto di Kpmg. «Di fronte a questi cambiamenti improvvisi, uno dei genitori, in modo sproporzionato la madre, riduce l’orario di lavoro o abbandona completamente la forza lavoro. Infine, i manager poco collaborativi e le culture aziendali rendono più difficile per alcune donne rimanere nel mondo del lavoro».
Il genitore che guadagna meno resta a casa
Nell’insieme tutti questi fattori hanno fatto sì che in molte famiglie al genitore che guadagna meno convenga restare a casa piuttosto che pagare qualcuno per badare ai figli in modo da poter lavorare. Quel genitore, per ragioni economiche e sociali è quasi sempre la madre. «Questo non influisce nella stessa misura sulle donne con figli più grandi o senza figli. Gli uomini con figli di età inferiore ai 5 anni, indipendentemente dal livello di istruzione, hanno aumentato la loro partecipazione al mondo del lavoro nello stesso periodo. Ciò dimostra che la crisi dell’assistenza all’infanzia continua a influenzare in modo sproporzionato le donne e i loro risultati sul mercato del lavoro» spiega ancora il rapporto.
L’ideologia dell’amministrazione Trump
La tendenza a lasciare a casa la madre è acuita ancora di più dall’ideologia dell’amministrazione Trump. Come ha scritto Jessica Grose sul New York Times, quando il governo Trump parla di lavoro, parla praticamente solo di lavoratori uomini. Non solo, l’amministrazione Trump ha tagliato i fondi del Women’s Bureau, l’agenzia del Dipartimento del Lavoro che sostiene il lavoro delle donne, definendola «un ufficio politico inefficace che è un relitto del passato».
«Gli autori del Progetto 2025 (il piano per la presa del potere della destra reazionaria, ndr) hanno accusato Women’s Bureau di perpetuare “un programma di ricerca e impegno politicizzato”» scrive Grose. La giornalista dell’American Conservative Helen Andrews, in un discorso alla National Conservatism conference diventato virale, ha persino sostenuto che l’ingresso delle donne nel lavoro in settori tradizionalmente maschili sia la vera minaccia alla civiltà occidentale e la radice di quella che la destra Maga americana ritiene l’origine di tutti i mali, la «wokeness».
«La “wokeness” non è una nuova ideologia, una conseguenza del marxismo o il risultato della disillusione post-Obama. Si tratta semplicemente di modelli di comportamento femminili applicati a istituzioni in cui fino a poco tempo fa le donne erano poche» scrive Andrews.
«Un punto di svolta molto più importante è stato raggiunto quando le facoltà di giurisprudenza sono diventate a maggioranza femminile, cosa avvenuta nel 2016, o quando gli associati degli studi legali sono diventati a maggioranza femminili, cosa avvenuta nel 2023. Quando Sandra Day O’Connor è stata nominata alla Corte Suprema, solo il 5% dei giudici era di sesso femminile. Oggi le donne rappresentano il 33% dei giudici in America e il 63% dei giudici nominati dal presidente Joe Biden» sostiene la giornalista conservatrice. «La stessa traiettoria si può osservare in molte professioni: una generazione pionieristica di donne negli anni ’60 e ’70; una crescente rappresentanza femminile negli anni ’80 e ’90; e la parità di genere finalmente raggiunta, almeno nelle coorti più giovani, negli anni 2010 o 2020. Nel 1974, solo il 10% dei giornalisti del New York Times era di sesso femminile. Il personale del New York Times è diventato a maggioranza femminile nel 2018 e oggi la percentuale di donne è del 55%. Le facoltà di medicina sono diventate a maggioranza femminile nel 2019. Le donne sono diventate la maggioranza della forza lavoro con istruzione universitaria a livello nazionale nel 2019. Le donne sono diventate la maggioranza dei docenti universitari nel 2023. Le donne non sono ancora la maggioranza dei manager in America, ma potrebbero diventarlo presto, dato che ora sono il 46%. Quindi i tempi sono giusti. Il movimento woke è nato più o meno nello stesso periodo in cui molte istituzioni importanti sono passate da una maggioranza maschile a una maggioranza femminile dal punto di vista demografico». Descritto così, l’impegno neoconservatore non è altro che il tentativo di mantenere il potere in mano maschile, nonostante i cambiamenti ormai avvenuti nella società. E il primo modo per farlo è costringere le donne a uscire dai posti di lavoro, soprattutto quelli che contano, e a tornare a casa a badare ai bambini.
Visto che l’amministrazione Trump ha fatto della guerra contro la wokeness uno dei suoi principali obiettivi, dal ragionamento di Andrews discende che è in guerra anche contro il lavoro femminile. I dati dimostrano che la sta vincendo.