Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 30 Giovedì calendario

Dopo la sala da ballo, l’arco di trionfo Donald il demolitore elimina gli «ostacoli»

Donald Trump procede speditamente nella costruzione di una sala da ballo più grande dell’intera Casa Bianca, è sempre più deciso a far sorgere a Washington anche un arco di trionfo simile a quello di Parigi e toglie di mezzo i possibili vincoli storico-urbanistici, cercando al tempo stesso di assicurarsi nulla osta postumi: sta azzerando, o alterando profondamente, le commissioni competenti per le modifiche di edifici pubblici o di particolare valore architettonico.
Accusato di avere sfigurato la più celebre residenza del mondo abbattendo all’improvviso e senza alcuna autorizzazione una sua ala, la East Wing, da sostituire con una ballroom di 8.400 metri quadri dove mettere a tavola mille ospiti, il presidente si è trovato davanti un muro di critiche di architetti, storici, uomini di cultura ed anche giuristi che considerano illegittime queste sue iniziative edilizie. Contraria al progetto, secondo il Wall Street Journal, anche la first lady Melania che avrebbe detto ai suoi collaboratori: «Non è stata una mia idea».
Il caso ha anche indotto alcuni cittadini a ricorrere in tribunale contro Trump. Sull’onda di queste cause sono arrivate anche le accuse politiche, a cominciare da quella di Hillary Clinton: «Non puoi demolire a tuo piacimento, non è casa tua, è la casa di tutti i cittadini».
Lo sberleffo
A caldo Trump ha reagito da Trump: ha fatto inserire nel sito ufficiale della presidenza una sezione nella quale vengono descritte le modifiche che sono state apportate all’edificio presidenziale in varie fasi storiche. Aggiungendo poi lo sberleffo di una foto di Bill Clinton nello Studio Ovale insieme a Monica Lewinsky. Dopo aver risposto all’obiezione col fango di un vecchio scandalo, però, Trump si è anche preoccupato di liberare la strada della sua grandeur monumentale da ogni possibile ostacolo amministrativo ottenendo, anzi, anche timbri di legittimità architettonica.
Così due giorni fa ha azzerato la Commissione per le Belle arti, un’agenzia federale indipendente istituita un secolo fa dal Congresso che fornisce al governo e al Parlamento pareri sulle modifiche di edifici pubblici e storici che impattano sul profilo architettonico della capitale o che toccano il suo retaggio storico. I sei membri dell’organismo sono stati licenziati con effetto immediato senza alcuna spiegazione con una email inviata da un funzionario dell’ufficio del personale della Casa Bianca. A luglio il presidente era già intervenuto sull’altra, ancor più importante, commissione che ha voce in capitolo sull’alterazione degli edifici della capitale: la National Capital Planning Commission. In questo caso non aveva smantellato tutto ma aveva «dimissionato» un membro dell’organismo in modo da avere una maggioranza a lui fedele. Per sicurezza aveva messo alla guida del comitato Will Scharf, il suo staff secretary alla Casa Bianca.
Precedenti pericolosi
Nulla di illegale: si tratta di organismi di nomina presidenziale, tenuti a comportarsi, poi, come autorità indipendenti. Licenziare quelli in carica e sostituirli con propri fedelissimi è inopportuno ma non vietato. Si potrebbe dire che nessun altro presidente nella storia aveva mai osato tanto se non fosse che quattro anni fa Joe Biden aveva fatto la stessa cosa mettendo alla porta i commissari trumpiani: cosa che deve far riflettere su quanto saranno gravi, per il futuro dell’America, tutti i precedenti che Trump sta creando in tutti i campi con le sue mosse autoritarie e in violazione di leggi e consuetudini.
La ballroom – disegnata nello stile rococò della residenza trumpiana di Mar-a-Lago e destinata a essere completata, nel migliore dei casi, a fine 2028 – è uno degli elementi che fanno dubitare della effettiva volontà di The Donald di lasciare la Casa Bianca al termine del suo mandato.
L’Independence Arch
Quanto all’Independence Arch, l’area scelta da Trump è un grande incrocio sulla riva del fiume Potomac, proprio di fronte al Lincoln Memorial. Ma è terreno pubblico vincolato: più difficile per lui intervenire, in assenza delle esenzioni di cui gode per la Casa Bianca. La gente lo chiama già l’«Arco di Trump». Monumento autocelebrativo? Il presidente dice che celebrerà i 250 anni dell’indipendenza americana e promette una costruzione rapidissima. Ma l’anniversario cade nel 2026. Anche se Trump fa miracoli, visto che dice di aver portato la pace in sette conflitti nel mondo in poche settimane, stavolta l’impresa appare proibitiva.
D’altra parte, si sa, lui non va mai preso alla lettera: a luglio aveva assicurato una ballroom senza toccare gli edifici esistenti. Poi sono arrivate le ruspe e in tre giorni la East Wing è stata rasa al suolo. Il suo braccio destro, Stephen Miller, giustifica l’abuso edilizio: «Non era la vera Casa Bianca, solo un’aggiunta postuma di scarso valore». Che sia postuma è vero: l’hanno costruita i due presidenti Roosevelt nella prima metà del Novecento. Ma aveva anche valore, luogo di molti eventi storici.