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 2025  ottobre 29 Mercoledì calendario

Spuntano altre celle segrete Assad nel mirino di Parigi

La divisione per i crimini contro l’umanità del Tribunale di Parigi, ha emesso un terzo mandato di arresto internazionale contro Bashar al-Assad, ora privo dell’immunità presidenziale, per complicità in crimini contro l’umanità e crimini di guerra legati agli attacchi chimici del 2013. Due precedenti ordini di cattura contro Assad erano già stati firmati dai giudici istruttori francesi nel 2025, il primo lo scorso 20 gennaio, per il bombardamento di un’area residenziale a Daraa nel 2017, e il secondo il 19 agosto per l’attacco del 2012 al Media Center di Homs, in cui morirono, tra gli altri, i giornalisti Marie Colvin e Rémi Ochlik. Oltre a Bashar al-Assad, sono stati spiccati mandati anche per il fratello Maher, comandante de facto della quarta divisione corazzata dell’e, e altri membri dell’entourage del regime, Talal Shiafiq Makhlouf, cugino di Bashar al-Assad, comandante della Guardia repubblicana, Ghassan Abbas, generale di Brigata Ghassan Abbas – allora capo della Sezione 450 del Ssrc – Centro siriano di studi scientifici e ricerche e Bassam al-Hassan, maggiore generale, allora consigliere presidenziale per gli affari strategici e collegamento tra il Palazzo Presidenziale e l’Ssrc, tutti accusati di aver avuto un ruolo nella pianificazione e nell’esecuzione degli attacchi chimici. Le prove raccolte presentate dall’accusa includono testimonianze di vittime, familiari, testimoni oculari, perizie e centinaia di documenti. Gli ordini sono stati diffusi tramite Interpol ed Europol.
Le avvocatesse per i diritti umani Jeanne Sulzer e Clémence Witt, in rappresentanza di una coalizione di Organizzazioni non governative coinvolte nel caso, Scm – Syrian center for media and freedom of expression, Phr – Physicians for human rights, Osji – Open society justice initiative, mnemonic, Crd – Center for research and documentation of human rights violations e wnd – Women now for development, hanno accolto con favore il nuovo mandato d’arresto, insieme a diverse vittime. «Vogliamo che sia fatta giustizia, abbiamo atteso per anni e anni. Ora Assad deve essere estradato e portato in carcere, questo suo esilio è una fuga dalle sue colpe e responsabilità, è inaccettabile. La Russia è complice anche in questo», afferma Um Yaser, una donna che ha perso i familiari nei bombardamenti su Daraa. Lo scorso 15 ottobre il nuovo (autoproclamato) presidente siriano Ahmad al-Sharaa ha visitato Mosca, incontrando ufficialmente l’omologo Vladimir Putin, in un confronto sui temi delle geopolitica e dell’economia in cui al-Sharaa ha anche presentato la richiesta di estradizione per Bashar al-Assad. A distanza di oltre dieci mesi dalla fuga in Russia degli esponenti del regime di Damasco, nel Paese martoriato da oltre quattordici anni di guerra e ancora attraversato da tensioni e fatti di sangue, continuano a emergere prove dei crimini commessi in passato. Lo scorso 21 ottobre a nord del villaggio di Buwaydat al-Salamiyah, nella regione di al-Mukharram, a est della città di Homs è stata scoperta l’ennesima prigione segreta. Secondo Omar al-Mousa, vicedirettore della regione di al-Mukharram, era un luogo di tortura e detenzione arbitraria. Con l’apertura delle carceri governative all’indomani dell’8 dicembre 2024, quando le forse governative si sono ritirate favorendo l’avanzata dei ribelli, sono emerse prove di crimini atroci commessi contro detenute e detenuti, anche minorenni, trattenuti il più delle volte senza processo. Da lì è iniziata la caccia ai torturatori, in particolare quelli della famigerata prigione di Sednaya. L’ultimo in ordine di tempo ad essere trovato e arrestato dalla sezione antiterrorismo di Damasco lo scorso 22 ottobre è Akram Salloum al-Abdullah, supervisore della famigerata prigione definita “La macelleria umana di Assad”, accusato di esecuzioni extragiudiziali, torture sistematiche e crimini contro l’umanità.
Un evento significativo chiarisce invece le posizioni di Baghdad sulla nuova Siria. Un tribunale iracheno ha condannato a morte a Najaf un blogger siriano di 22 anni che sul proprio profilo Facebook aveva postato foto dell’attuale presidente del governo siriano di transizione Ahmed al-Sharaa, comprese immagini di quando quest’ultimo era un militante di gruppi islamisti radicali. La notizia è stata riferita da alcuni media siriani ed stata ripresa da media turchi. Diversi giornalisti siriani hanno diffuso in rete la foto del documento che contiene la sentenza, anche se non ne è stata confermata l’autenticità e il governo iracheno non ha preso posizione. La famiglia ha confermato che l’arresto è avvenuto lo scorso marzo. E il ministero degli Esteri siriano ha scritto su X che il caso è finito sul tavolo del governo di Damasco, mentre da Baghdad non trapela alcun commento. Mentre l’attacco contro un pullman, con l’uccisione di tre passeggeri drusi, rischia di riaprire il conflitto mai sopito che ha visto anche l’intervento di Israele. Il bus era partito da Damasco ed era diretto verso la roccaforte drusa di Sweida, nel sud.