Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  ottobre 29 Mercoledì calendario

Rocco Buttiglione: "La mia vita in mezzo ai Papi poi ho lasciato la politica e sono dimagrito di 11 chili"

Rocco Buttiglione ha trascorso ventiquattro anni in politica, dal Ppi all’Udc, deputato in cinque legislature e due volte ministro nei governi Berlusconi. Professore di filosofia, dal 2018 ha lasciato la politica attiva.
Cosa fa nella sua nuova vita?
«Fino a pochi mesi fa ho presieduto la Academia internacional de Líderes católicos, ora sono nel consiglio direttivo. Ahimè non mi lasciano più insegnare ai ragazzi, lo faccio coi giovani professori».
Le mancano gli studenti universitari?
«Moltissimo. Ti insegnano a vedere ogni volta le cose da capo, perché chi si accosta per la prima volta a una disciplina la vede con occhi vergini. Uno dei miei maestri, don Giussani, diceva che se non scopri quello che insegni mentre lo insegni, sei noioso».
Si dedica anche alla scrittura?
«In questi anni ho scritto due libri: “Risposte amichevoli ai critici di Amoris Laetitia” e “Itinerari verso una teologia del popolo della cultura”. Entrambi in difesa di papa Francesco, che conobbi nel 1980 in Argentina, nel periodo della dittatura».
Che incontro fu?
«Venni a contatto con alcuni perseguitati. Conobbi Bergoglio: era un matto in una gabbia di matti. E io li seguivo, accettavo di rischiare con loro. Ero come il mio eroe Zagłoba, il personaggio dei romanzi di Henryk Sienkiewicz. In un gruppo di cavalieri polacchi, Zagłoba è quello grassoccio, non tanto forte, sempre un po’ pauroso; ma amico fedele, che sta sempre con loro».
E poi risponde alle domande sul social Quora…
«Quello è un hobby… Gli utenti fanno domande e chi vuole risponde: e sì, a volte rispondo».

A che tipo di domande?
«In genere domande di carattere politico, culturale, filosofico. Non per dire cosa pensare, ma per insegnare a pensare, un metodo critico».
Mi fa un esempio?
«Ne ho qui una. La domanda era: Perché in Italia non si fanno più manifestazioni come in Francia?».
E come ha risposto?
«Nonostante tutto, gli italiani sono forse più maturi dei francesi. Quando non nascono più bambini, è inevitabile alzare l’età pensionabile o ridurre i trattamenti pensionistici. Dire non voglio non è una soluzione”. Con questa risposta ho suscitato un grande dibattito».
Risponde anche a domande più personali?
«Capita. Con il professore, gli studenti raccontano anche quando sono innamorati…».
E cosa le è capitato di dire?
«Provo a spezzare il pane della saggezza. Una cosa che dico sempre è che la prima cosa in una relazione è rassicurare sulla forza del legame. Prima si dice: “Ti voglio bene”, poi si discute. E sa chi me lo ha insegnato?».
Chi?
«Papa Wojtyla. E uno si chiederebbe: come fa uno che non è mai stato sposato a capire la coppia? Perché ha seguito l’amore e il matrimonio di molti amici, 103 coppie e nessuna ha mai divorziato: questi sono i veri miracoli! Io nel mio piccolo ho quattro figlie che ho accompagnato al matrimonio e nessuna ha divorziato».

Le manca la politica?
«Per nulla. Ho un bel ricordo delle campagne elettorali, in fondo anche in quelle occasioni facevo il professore, in un altro modo. Ma non mi manca il Palazzo, né l’amministrazione: fare il ministro è faticosissimo. La politica consuma».
Per citare i classici, a dire il vero, si dice che il potere logora chi non ce l’ha.
«Il potere esercitato bene consuma, è molto faticoso. In questi sette anni, facendo una vita più sana, ho perso 11 chili, sono rientrato nell’abito del matrimonio».
Il ricordo più luminoso di quei 24 anni di politica?
«Sono stati in buona parte anni di sconfitte. Certo, c’è stata la riunificazione della Germania, l’allargamento dell’Unione, ma noi volevamo una Unione politica europea, una Costituzione, e siamo stati sconfitti. Merkel poi ha salvato il salvabile».
Ventuno anni dopo come ricorda la bocciatura da commissario europeo?
«Come può la gente fidarsi di politici disposti a tradire le proprie convinzioni per una poltrona? Dissi che avrei difeso di diritti di tutti allo stesso modo, e l’Ue non è competente nel diritto di famiglia. Chiarito questo, dissi: fate come volete. Pensavo che la mia vita politica fosse finita, invece ricevetti anche tanto appoggio».
Non si pente di quella frase, «l’omosessualità un peccato»? La politica deve essere laica, che c’entra il peccato?
«Io dissi che si tratta oggettivamente di un peccato. Ma non era una questione di sfera pubblica: si voleva giudicare la mia coscienza».
Lei è in pace con quella vicenda?
«Alla fine è stata una fortuna. La commissione Barroso è quella che ha vissuto la sconfitta del referendum francese sulla Costituzione europea».
Qualcosa di cui si pente?
«Non ho saputo gestire il Ppi. Con più saggezza e pazienza, forse saremmo riusciti a tenerlo unito e avremmo salvato un sistema democratico italiano molto degradato».
Lei ha fatto il ministro con Giorgia Meloni: cosa pensa di lei?
«Per gran parte della sua carriera politica ha detto una montagna di sciocchezze, ma negli ultimi anni ne ha fatte molte meno di quello che temevo. C’è una poesia, epitaffio di re Giacomo II che recita: qui giace il sovrano della cui parola nessun si fida, mai detta una cosa sbagliata e mai fatta una giusta. Per lei è l’esatto contrario. Su Quora mi è capitato anche di difenderla».
Da quali critiche?
«Da chi dice che non fa quel che aveva promesso. Io rispondo che la coerenza nell’errore non è una virtù».
È andato a votare alle ultime elezioni?
«Per fortuna ero negli Stati Uniti e non ho potuto».
Perché per fortuna?
«Perché non avrei saputo chi votare».