la Repubblica, 29 ottobre 2025
Italiani sempre meno formiche. Giù le azioni, balzo del mattone
Solo il 41% degli italiani riesce a risparmiare, 5 punti percentuali in meno rispetto all’anno scorso, la quota più bassa dal 2018. E non si tratta di una scelta: il risparmio viene ancora considerato rilevante sia come tutela per le situazioni personali meno prevedibili (57%) che per far fronte alle crisi economiche di sistema. Gli italiani risparmiano meno perché hanno entrate insufficienti: aumentano sia quanti hanno consumato tutto il reddito (37% contro il 34% nel 2024), sia chi ha dovuto attingere ai risparmi accumulati (15% contro il 12% nel 2024).
Dall’indagine Ipsos per l’Acri, presentata in apertura della 101esima Giornata Mondiale del Risparmio, emerge una congiuntura particolarmente difficile per il Paese. A essere tagliate sono anche le spese, comprese quelle per il cibo e la salute. Un quarto delle famiglie non sarebbe in grado di far fronte a spese non programmate di 1.000 euro, e solo il 36% sarebbe in grado di coprire un’emergenza da 10.000 euro.
Aumentano gli insoddisfatti della propria situazione economica: il 57% delle famiglie dichiara «un tenore di vita peggiorato, anche se c’è un 43% che ha sperimentato «miglioramenti o tranquillità». Chi riesce a risparmiare rimane ancorato alle vecchie abitudini: molta liquidità (il 64% sceglie i depositi bancari), pochi investimenti, ritorno al mattone, scelta che balza in un anno dal 26 al 34%, collocandosi quasi a pari merito accanto agli strumenti finanziari più sicuri (36%). Orientamenti che denotano cautela, ma anche una diffidenza dettata dalle scarse conoscenze economiche di base.
Il presidente dell’Acri Giovanni Azzone ha proposto infatti di investire maggiormente nella cultura finanziaria delle giovani generazioni, facendo «in modo che nell’ultimo anno delle superiori, in tutti gli istituti, la giornata mondiale del Risparmio sia dedicata a sei ore di educazione finanziaria». I costi, ha suggerito Azzone, «sotto i 10 milioni di euro», potrebbero essere sostenuti da Acri e Abi «se il ministro dell’Economia fosse d’accordo».
Le difficoltà economiche fanno scricchiolare anche la fiducia nei confronti dell’Unione Europea e dell’euro. Gli euroscettici salgono al 62%, contro il 55% del 2024. Va un po meglio tra i giovani: la metà ritiene che la Ue stia seguendo una traiettoria positiva. Nonostante tutti i dubbi, 6 italiani su 10 continuano a ritenere però che un’uscita dall’Unione Europea sarebbe un grave errore, anche se questa percentuale è in progressiva diminuzione (56% rispetto al 61% nel 2024). Solo un italiano su quattro auspica l’uscita. Si attenua l’interesse per gli interessi diretti a finanziare lo sviluppo sostenibile, o a sostenere l’economia italiana: al centro soprattutto il rendimento.