corriere.it, 29 ottobre 2025
Compra una toppa Adidas su eBay e riceve una multa da 600 euro per merce contraffatta
Una persona ha ricevuto una multa da 600 euro per aver acquistato online su eBay  una toppa Adidas pagata quasi 9 euro (5 euro+spedizione). La piccola patch per vestiti non era infatti originale ma contraffatta e l’acquisto è stato giudicato «incauto» dalla Guardia di Finanza. La notizia è riportata da D-Day e ricorda molto quanto già capitato a Roma qualche tempo fa quando un acquirente si era visto recapitare una multa da 618 euro per aver acquistato su Temu due magliette per bambini di Monster & Co e una confezione di fermagli per capelli inspirati a Inside Out (risultati contraffatti) per un valore totale di 42,13 euro. 
Il racconto su Reddit
A raccontare su Reddit l’intera storia è stato lo stesso utente multato. «Ho ricevuto un invito a comparire in caserma dalla Finanza. Ovviamente ero in ansia, ma al telefono non potevano dirmi niente. Vado. Mi hanno dato un verbale con multa da 600 euro per aver acquistato qualche mese prima su eBay una toppa Adidas del valore di 8,49 euro (compresa spedizione) che però a quanto pare era contraffatta». 
L’acquisto è stato fatto su eBay presso un rivenditore della provincia di Teramo che nel corso degli anni avrebbe venduto oltre 17 mila patch di ogni brand. Le Forze dell’Ordine hanno verificato che il venditore, con lo smercio di toppe dai loghi più famosi di case di abbigliamento, cartoni animati, squadre di calcio e molto altro, ha violato il copyright. Il rivenditore è stato multato e ha dovuto chiudere l’attività (non compare più su eBay), ma anche i clienti che hanno effettuato gli «incauti acquisti» sono stati multati.  «Volevo solo mettere a posto una felpa Adidas...originale che già possiedo e che avevo rovinato: non volevo buttarla e fare i soliti sprechi comprandone un’altra!», scrive ancora l’utente su Reddit. 
Perché la multa ricade sul consumatore
Ma perché viene colpito l’acquirente finale? Come aveva spiegato Saverio Alloggio,  la spiegazione è giuridica e affonda le radici in una norma introdotta quasi vent’anni fa. Si tratta dell’articolo 1, comma 7-bis, del decreto legge 35/2005: «L’acquirente finale che introduce nel territorio nazionale prodotti che violano diritti di proprietà industriale o intellettuale è responsabile a tutti gli effetti come importatore». In altre parole: per la legge italiana, chi riceve il pacco a casa diventa automaticamente l’importatore della merce. Non conta che l’acquisto sia per uso personale, non conta il valore dell’ordine, non conta neppure la consapevolezza o meno della contraffazione. L’unico soggetto identificabile sul territorio italiano è il destinatario: dunque su di lui ricade la responsabilità. Le sanzioni previste oscillano da un minimo di 300 a un massimo di 7.000 euro.
Attenzione a quello che si compra
Chi compra online, di fatto, deve stare attento a quello che compra. Secondo il decreto legge che regola questo genere di commercio, chi acquista online, anche da rivenditori in regola, deve accorgersi se sta per comprare un prodotto sospetto principalmente per la qualità del prodotto o per il prezzo eccessivamente basso. La toppa Adidas, come riporta D Day, ha un prezzo congruo (5 euro), ma chi l’ha comprata avrebbe dovuto rendersi conto che è un falso perché difficilmente un marchio di abbigliamento venderebbe una patch con il suo logo: così facendo, infatti, chiunque potrebbe rendere Adidas qualunque capo di abbigliamento.
Le proposte di rivedere la normativa
Cercando online sono diversi i siti, anche molto famosi, che propongono toppe con loghi di case di abbigliamento e non solo. Di fatto, secondo la legge, è l’utente finale che deve dedurre che il prodotto acquistato è contraffatto, pena multa salatissima. La rigidità della normativa ha già creato numerose polemiche tanto che alcuni giuristi propongono di rivederla, introducendo una distinzione tra acquisti per uso personale e importazioni a fini commerciali. L’idea sarebbe di concentrare le sanzioni più pesanti sui casi in cui esiste un intento di rivendita, prevedendo invece forme più leggere di responsabilità per chi acquista singoli pezzi per sé o per la propria famiglia. Un’altra ipotesi è rafforzare gli obblighi delle piattaforme, rendendole corresponsabili della genuinità dei prodotti venduti. Una direzione che l’Unione Europea sta già percorrendo con il Digital Services Act, entrato in vigore il 17 febbraio 2024, che impone ai grandi marketplace obblighi stringenti di tracciabilità dei venditori e di rimozione tempestiva delle inserzioni illegali.